venerdì 5 settembre 2025
I Volenterosi provano a trovare una “quadra” comunitaria per il sostegno a Kiev. Dal vertice di Parigi emerge per la prima volta una cifra precisa: 26. Tanti sarebbero i Paesi pronti a partecipare al sistema di garanzie di sicurezza per l’Ucraina, eventualmente anche con l’invio di contingenti militari. A rivelarlo è stato Emmanuel Macron, anfitrione del summit, con una puntualizzazione: ciascuna capitale avrà la libertà di decidere tempi e modalità del proprio contributo, tenendo conto delle differenti sensibilità interne. Roma, Berlino e Varsavia, ad esempio, hanno già escluso lo scenario di “boots-on-ground”. Con una sfumatura: la Germania appare più aperta, ma attende di conoscere le mosse degli Stati Uniti. Macron, in ogni caso, assicura che Washington non mancherà all’appuntamento. Resta però da capire come e con quali strumenti.
Volodymyr Zelensky porta così a casa un risultato importante, ben oltre le promesse “teoriche” che lui stesso aveva criticato nei giorni scorsi. “Abbiamo concordato che ci sarà una presenza di truppe. Non sono ancora pronto a rivelare il numero esatto, anche se, a dire il vero, lo stiamo già condividendo tra noi. E la presenza è diversa, sia in cielo, in mare e sulla terraferma”, ha dichiarato in conferenza stampa, sottolineando la rilevanza della copertura su tutti i domini operativi. Una posizione confermata anche dal capo dell’Eliseo: “Ognuno farà le sue scelte, alcuni inviando soldati, altri mettendo a disposizione le loro basi Nato o rigenerando le forze ucraine: non voglio dare dettagli ma tutti e tre i Paesi sono contributori importanti a queste garanzie”, ha precisato il presidente francese, riferendosi a Italia, Germania e Polonia. Da Palazzo Chigi, Giorgia Meloni, collegata in videoconferenza, ha ribadito la proposta di “un meccanismo difensivo collettivo ispirato all’articolo 5” della Nato, confermando tuttavia “l’indisponibilità” a inviare truppe e aprendo invece alla possibilità di “sostenere un eventuale cessate il fuoco” tramite iniziative “di monitoraggio e formazione al di fuori dei confini ucraini”. Tuttavia, la menzione all’articolo 5 sembra progressivamente scivolare fuori dal dibattito, mentre il fulcro resta concentrato sulle operazioni in aria, mare e terra guidate dal “più belligerante” Macron.
“L’Ucraina ha proposto un formato per la protezione dei nostri cieli che gli Stati Uniti dovranno valutare”, ha rimarcato Zelensky, citando la conversazione avuta dai Volenterosi con Donald Trump. Il tema centrale resta comunque la pressione da esercitare su Mosca con nuove sanzioni. Sarà inevitabile, qualora Vladimir Putin continuasse a sottrarsi al negoziato. Proprio su questo punto, Trump avrebbe criticato l’Europa, accusandola di acquistare ancora “petrolio russo”. In realtà, solo Ungheria e Slovacchia mantengono legami commerciali di questo tipo, con Bratislava che ha persino assicurato a Putin la propria opposizione al piano europeo di eliminare l’import di gas russo entro il 2028. “Sono curioso di vedere come reagirà Trump quando lo comprenderà in pieno”, ha commentato un diplomatico europeo. Il tycoon americano continua a lasciare aperti molti interrogativi: “Putin e Zelensky non sono ancora pronti ma qualcosa accadrà, ce la faremo”, aveva dichiarato alla vigilia dell’incontro. Una linea che conferma quanto sottolineato dal cancelliere tedesco Frederich Merz: l’intero processo dipenderà dall’approccio di Washington e dal tipo di impegno che gli Stati Uniti decideranno di assumere. Intanto, secondo il Financial Times, l’amministrazione americana starebbe valutando di ridurre i fondi “di addestramento ed equipaggiamento” delle forze baltiche, spingendo così l’Europa a farsi maggiormente carico della propria sicurezza.
Da Mosca è arrivata la risposta immediata: “Le garanzie di sicurezza richieste dall’Ucraina rappresentano una minaccia per il continente europeo e sono assolutamente inaccettabili”, ha dichiarato la portavoce del Ministero degli Esteri, Maria Zakharova. Una posizione liquidata dal segretario generale della Nato, Mark Rutte, con un secco richiamo: “non è la Russia a decidere”. Macron ha rincarato, definendo “un’idea immorale, illegale ed impossibile” la pretesa del Cremlino di subordinare la pace al ritiro ucraino dai territori ancora contesi. Il vertice parigino segna dunque un avanzamento, ma resta privo di un punto di caduta definitivo. La condizione preliminare rimane il raggiungimento di una tregua, come ha riassunto Zelensky con una battuta che fotografa lo stallo: “Se Putin m’invita a Mosca l’incontro non lo vuole”. Per ora, il rischio è che il negoziato continui a girare a vuoto. E le bombe sull’Ucraina a cadere.
di Zaccaria Trevi