Iran-nucleare: uno sguardo a est

lunedì 1 settembre 2025


A cosa è servita “la guerra dei 12 giorni” tra Israele e Iran iniziata il 13 giugno e interrotta prematuramente da Donald Trump? La domanda si pone a seguito di quanto sta non accadendo in Iran, ovvero la mancanza di garanzie da parte del Governo degli ayatollah di non proseguire nell’utilizzo delle “centrifughe nucleari” per l’arricchimento dell’uranio. Così, difronte allo stallo dei negoziati con Teheran circa il programma nucleare, Londra, Berlino e Parigi, il 28 agosto hanno avviato la procedura presso le Nazioni unite per ripristinare le sanzioni internazionali contro l’Iran. Infatti, ad oggi l’unico risultato ottenuto dall’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), è stato che i suoi ispettori da pochi giorni sono potuti rientrare in Iran per controllare, non è stabilito quando, ciò che è rimasto nel Paese dei siti dove si arricchiva l’uranio e che sono stati bombardati da Israele e Usa. L’attacco dello Stato ebraico è stato motivato anche dalla convinzione che Teheran fosse in procinto di realizzare armi nucleari la cui destinazione primaria sarebbe stata Israele. Infatti, come pronunciò la guida suprema Ruhollah Khomeini nel 1979, dopo essere rientrato in Iran con volo Air France, a seguito della cacciata dello scià Reza Pahlavi, “Israele è il cancro occidentale su terra musulmana e va eliminato”. Dopo questa affermazione ribadita in ogni occasione da Ali Khamenei, attuale guida suprema, ogni reazione di Israele è finalizzata alla sua sopravvivenza.

Tel Aviv colpì i siti iraniani ad iniziare dal 13 giugno. Una settimana dopo, il 21 e 22 giugno, l’aviazione statunitense bombardò i tre principali siti nucleari iraniani. Teheran ha reagito a questi attacchi con missili e droni lanciati verso Israele, la maggior parte intercettati. Lo scenario attuale vede il direttore generale dell’Aiea, Rafael Grossi, annunciare “l’evento” del rientro in Iran dei suoi addetti come un successo, sorvolando sul fatto che la “guerra dei 12 giorni” è anche il frutto marcio dei pessimi rapporti dell’Agenzia con l’Iran, nonostante che Teheran aderisca al Trattato di non proliferazione nucleare (Tnp), e che ha sempre boicottato i rapporti con l’Aiea. Ricordo che l’Iran è un membro del Tnp, di conseguenza dovrebbe essere obbligato a fare accedere ai siti nucleari membri Aiea per le ispezioni. Grossi ha anche sottolineato che in Iran alcune strutture sono state distrutte, ma altre non sono state danneggiate. Aggiungerei che altre non sono state trovate. In realtà, i colloqui con la controparte iraniana sono incentrati su quale genere di convenzioni pratiche si possono basare i nuovi accordi che dovrebbero fare riavviare la ripresa del lavoro degli ispettori. Il Governo degli ayatollah non ha mai nascosto di ritenere che l’Aiea ha avuto una responsabilità oggettiva negli attacchi di giugno dell’aviazione israeliana e statunitense ai siti nucleari iraniani, così uno degli effetti del breve conflitto è stata la sospensione a luglio di ogni cooperazione con l’Agenzia, e il conseguente rientro a Vienna, sede dell’Aiea, degli ispettori.

Ma come è stato annunciato da Abbas Araghchi, ministro degli Esteri iraniano, il ritorno dei funzionari Aiea non segna una piena ripresa della cooperazione con Teheran. Infatti, nessun protocollo d’intesa è stato sottoscritto dalle parti. Ribadendo che l'Iran nega di voler sviluppare una bomba atomica, ma difende il suo diritto ad arricchire l’uranio per scopi civili. Pertanto Londra, Berlino e Parigi, che sono denominati E3, hanno deciso di notificare al Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite – sulla base dei dati in loro possesso – che l’Iran è assolutamente inadempiente rispetto ai propri obblighi ai sensi dell’accordo nucleare del 2015, il Pacg, ovvero, Piano d’azione congiunto globale, invocando quindi il meccanismo conosciuto come “snapback" regolato dalla risoluzione Onu numero 2.231. Tale “sistema” da avvio ad un processo lungo 30 giorni che consente di reimporre tutta una serie di sanzioni sospese 10 anni fa. Il Pacg fu sottoscritto, oltre che da E3, anche da Stati Uniti, Cina, Russia e ovviamente Iran, e sospese diverse sanzioni economiche internazionali imposte dall’Onu a Teheran.

La realtà è che il Governo degli ayatollah non ha mai smesso di cercare di ottenere tramite il suo programma nucleare segreto l’ordigno nucleare, ed è anche accusato di voler acquistare armi nucleari. Accuse ovviamente sempre respinte da Teheran. Donald Trump, nel 2018, anche su sollecito israeliano, è uscito dall’accordo sul nucleare iraniano ripristinando le proprie sanzioni. Quindi, un quadro generale legato a numerosi vincoli e trasversalità, dove Marco Rubio, a capo della diplomazia statunitense, dichiara di essere aperto a colloquidiretti” con Teheran. Israele ha già espresso la sua preoccupazione per le intenzioni espresse dagli ayatollah, in quanto il governo iraniano continua a ignorare la comunità internazionale, specificatamente di “impronta occidentale”, e a violare ripetutamente i suoi impegni.

L’incontro in atto (31 agosto-3 settembre) in Cina, nell’ambito del 25° vertice dello Sco, Shanghai cooperation organization – il Consiglio dei capi di Stato dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai – che si tiene nella città di Tianj, è uno dei più importanti appuntamenti tra capi di Stato e di governo euroasiatici. Sono presenti oltre 20 Paesi, tra cui l’Iran, rappresentato dal suo presidente Masoud Pezeshkian, e una decina di organizzazioni internazionali. Un vertice teso a rappresentare lo spostamento del potere mondiale verso est, in contrapposizione a quello occidentale, sempre meno tollerato a livello globale. È a questo nuovo equilibrio geopolitico che gli ayatollah si appoggiano, in particolare  per le loro attuali strategie politico-economiche, compreso nucleare, e geostrategie.


di Fabio Marco Fabbri