giovedì 7 agosto 2025
Le fotografie che da settimane circolano da Gaza mostrano realmente la sofferenza dei civili o si tratta, almeno in parte, di una costruzione mediatica funzionale alla propaganda di Hamas? Il quesito, emerso con crescente insistenza nel dibattito internazionale, è stato posto con forza dal quotidiano tedesco Bild, che ha puntato il dito contro la presunta strumentalizzazione di alcuni scatti, giudicando che “la fame è (quasi sempre) vera mentre le foto di solito no”. Nel mirino del giornale è finito in particolare Anas Zayed Fteiha, fotoreporter di Gaza, al quale la Bild attribuisce un intento esplicitamente politico, sintetizzato nello slogan “free Palestine”. Uno degli esempi citati è una fotografia in cui alcuni bambini agitano pentole vuote per strada. L’immagine, secondo il quotidiano, sarebbe stata preparata ad arte per trasmettere un messaggio emotivo e distorto.
Più prudente e analitico l’approccio della Süddeutsche Zeitung, che ha approfondito il tema con l’ausilio di esperti e analisti. Il quotidiano riconosce che Hamas ha un interesse strategico a diffondere determinate immagini, e invita a mantenere alta l’attenzione sui possibili tentativi di manipolazione finalizzati a orientare l’opinione pubblica internazionale. “Le immagini trasmettono informazioni ed evocano emozioni, possono scuotere le persone e rendere un fatto inequivocabilmente chiaro o dimostrare qualcosa in modo inequivocabile. Ma possono anche semplificare e fuorviare”. La testata osserva che “nemmeno la circostanza che un fotografo istruisca le persone su come presentarsi è di per sé un falso, finché la foto descriva con precisione la realtà dei fatti”. Secondo l’analisi della Süddeutsche Zeitung, molte delle immagini che hanno raggiunto l’Occidente mostrano esattamente ciò che Hamas vuole che il mondo veda: civili affamati, disperati, sotto assedio. Ma la testata tedesca sottolinea che “almeno alcune delle immagini sono state presentate in un contesto falso o fuorviante”.
Una riflessione ampia sul tema è stata offerta anche da David Puente, esperto di disinformazione, che all’agenzia Adnkronos ha descritto la nuova frontiera della “guerra ibrida delle immagini”, amplificata dall’utilizzo dell’Intelligenza artificiale. In questo scenario, anche l’Associazione dei giornalisti tedeschi (Djv) ha emesso un avvertimento rivolto ai media locali, mettendoli in guardia rispetto ai “tentativi di manipolazione tramite fotografie giornalistiche prodotte professionalmente”. Il presidente del Djv, Mika Beuster, ha dichiarato: “Tutte le parti coinvolte in questa guerra, compresi i media e le agenzie di intelligence locali e internazionali, stanno usando il potere delle immagini come mai prima d’ora per plasmare la percezione pubblica”. Un esperto di fotografia, citato nello stesso approfondimento, ha dichiarato che “molte immagini di bambini affamati o malati sono probabilmente messe in scena o decontestualizzate. Non sono false, ma i soggetti sono posizionati in un certo modo o abbinati a didascalie fuorvianti che attingono alla nostra memoria visiva e alle nostre emozioni”. Per determinare l’autenticità di una fotografia – ha spiegato – è necessario considerare molteplici elementi, dall’illuminazione al contesto: “I soggetti stanno guardando una fila di fotografi o un punto di distribuzione di cibo?” L’esperto ha poi accusato Hamas di essere “un maestro nel mettere in scena le immagini”, sottolineando che la narrazione visiva attuale avrebbe anche l’obiettivo di “sovrascrivere le immagini brutali dell’attacco del 7 ottobre 2023. Molte persone non ricordano nemmeno più quelle immagini”.
Anche la Bild ha citato casi concreti per sostenere la propria tesi. In particolare, il quotidiano ha accusato Fteiha, fotografo freelance per l’agenzia statale turca Anadolu, di aver inscenato “la sofferenza palestinese al servizio di Hamas e della sua propaganda”. Secondo il giornale, il fotoreporter, spesso ripreso come fonte attendibile da testate internazionali, avrebbe costruito alcune scene per ottenere immagini fortemente evocative, poi condivise anche con slogan come “Palestina libera” e F**k Israel. Le fotografie in questione non sono rimaste confinate alla stampa locale. Alcuni degli scatti più discussi sono apparsi anche su piattaforme internazionali come Bbc, Cnn, New York Magazine e altre, confermando l’eco globale di una narrazione visiva che è stata in parte pilotata. “Volevano rappresentare caos, distruzione e fame”, si legge nel reportage del quotidiano tedesco.
di Eugenio Vittorio