venerdì 1 agosto 2025
Il confine tra Thailandia e Cambogia si estende per circa 820 chilometri, qui sono diverse le zone contese ricche di templi sui quali entrambi rivendicano la sovranità.
La Thailandia ha deciso di chiudere l’intero confine con la Cambogia dopo aver intimato a tutti i suoi cittadini di andarsene, inoltre avrebbe espulso l’ambasciatore cambogiano dal suo territorio e richiamato il proprio ambasciatore presente in Cambogia.
I due Stati si sono reciprocamente accusati di aver aperto il fuoco per primi. I primi scontri si sono verificati nella provincia di Surin in Thailandia e nella provincia di Oddar Meanchey in Cambogia.
I due regni del Sudest asiatico sono da tempo in conflitto sulla demarcazione del confine comune, ma l’attuale crisi è la più grave degli ultimi quindici anni.
Dopo cinque giorni di violenti scontri armati lungo il confine tra Cambogia e Thailandia, i rispettivi primi ministri dei due Paesi hanno concordato, lunedì 28 luglio, a Kuala Lumpur in Malesia, di osservare un “cessate il fuoco” a partire da mezzanotte. L’incontro si è tenuto con il sostegno del Primo Ministro malese Anwar Ibrahim, il cui Paese detiene la presidenza dell’Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico (Asean).
Anwar Ibrahim, ha annunciato che Bangkok e Phnom Penh avrebbero raggiunto “un accordo congiunto che prevede un cessate il fuoco immediato e incondizionato” a partire dalla mezzanotte di martedì. Nonostante ciò, la Thailandia, appena entrato in vigore del “cessate il fuoco”, avrebbe rilevato attacchi armati in diverse aree del territorio da parte delle milizie cambogiane.
Il giorno seguente, infatti, avrebbero accusato la Cambogia di aver violato il “cessate il fuoco”, entrato in vigore poche ore prima sotto l’egida della Malesia, che avrebbe dovuto interrompere i sanguinosi combattimenti che da una settimana si verificavano al confine tra i due Paesi. Al contempo la Cambogia ha chiesto alla Thailandia di restituire 20 soldati, accusandoli di averli catturati martedì mattina, circa otto ore dopo l’entrata in vigore della tregua.
Mercoledì il governo thailandese ha dichiarato che i soldati detenuti sono stati trattati in conformità con il diritto umanitario internazionale, gli standard militari, e che saranno rimpatriati non appena la situazione al confine si sarà stabilizzata.
La portavoce cambogiana del Ministero della Difesa Maly Socheata ha affermato che non si sono verificati “scontri armati in nessuna regione”. Lo stesso primo ministro cambogiano Hun Manet ha confermato attraverso Facebook: “Il fronte si è calmato da quando è entrato in vigore il cessate il fuoco”.
Le continue accuse e smentite pervenute da entrambe le nazioni saranno argomento e confronto degli incontri che avverranno nei prossimi giorni tra i comandanti militari locali, i quali si trovano lungo il confine. Inoltre, è prevista una riunione del comitato transfrontaliero in Cambogia il 4 agosto.
Dall’inizio degli scontri si sono registrati complessivamente 300mila sfollati da entrambi i paesi e quasi una cinquantina di morti.
Le due nazioni del Sud-est asiatico sono in conflitto da decenni sulla delimitazione del confine comune; confine demarcato ai tempi dell’Indocina: la prima divisione infatti risale al 1907 quando la Francia, che occupava la Cambogia, traccia un confine mai accettato da parte thailandese.
La questione dei confini, tracciati dall’Occidente, è una questione annosa, infatti si tratta di una delle problematiche più complesse della geopolitica attuale. L’attuale demarcazione, risalente alla fine della Prima Guerra Mondiale con il trattato segreto Sykes-Picot del 1916 reso poi noto nel 1919, riguarda “limiti” tracciati su “strategie” senza tenere conto delle etnie e delle realtà sociali ed ha influenzato quelle che sono, oggi, le dinamiche politiche del Medio Oriente.
di Domiziana Fabbri