Trump tende la mano a Zelensky

mercoledì 9 luglio 2025


Kiev avrà le sue armi. Parola di Donald Trump. La parziale marcia indietro del commander-in-chief sul possibile stop alle forniture militari statunitensi all’Ucraina è arrivata ieri in serata. La posizione del presidente degli Stati Uniti è chiarissima: gli ucraini hanno il diritto e il dovere di difendersi, e possono farlo solamente con l’aiuto dell’alleato a stelle e strisce. Il ragionamento, è stato accompagnato da un attacco frontale al presidente del Cremlino. Vladimir Putin “dice un sacco di stronzate, sta uccidendo troppe persone”, ha accusato il tycoon, che ha rilanciato anche la minaccia di nuove sanzioni contro la Russia. La forte presa di posizione della Casa Bianca non è passata inosservata a Mosca, dove ha suscitato irritazione. Tuttavia, nonostante il segnale distensivo, a Kiev permane un clima di incertezza riguardo all’effettiva entità del supporto che arriverà da Washington: le scorte di sistemi Patriot disponibili per il Pentagono risultano ridotte al minimo storico. Anche per via degli ultimi attacchi dell’armata russa.

Già durante l’ultima telefonata con Volodymyr Zelensky, Trump aveva in parte rassicurato il presidente ucraino, precisando che non era stato lui a ordinare la sospensione degli aiuti. La conferma ufficiale è poi arrivata pubblicamente, in occasione della visita del premier israeliano Benjamin Netanyahu. “Invieremo altre armi. Dobbiamo farlo. Devono essere in grado di difendersi. Ora vengono colpiti molto duramente”, ha ribadito Trump, puntando direttamente il dito contro Putin: “Non sono affatto contento. Sono deluso, francamente, che non si sia fermato”. Il tono si è ulteriormente inasprito, con il poco diplomatico riferimento alle – per usare un termine diverso – stupidaggini pronunciate dal presidente russo nelle loro conversazioni private, segno di una (forse) rottura irreversibile nel dialogo tra i due omologhi. Il Cremlino non intende seriamente negoziare la pace, come dimostrano i bombardamenti costanti su tutto il territorio ucraino e l’intensificarsi delle operazioni di terra.

Lo stop temporaneo alle forniture a Kiev, che rientrava nel pacchetto approvato in precedenza, era stato deciso dal capo del Pentagono Pete Hegseth – senza informare il presidente – nell’ambito di una revisione delle riserve militari dopo i raid contro i siti nucleari iraniani. Da quanto trapela, oggi gli Stati Uniti dispongono solo del 25 per cento dei Patriot necessari a coprire i loro piani globali, un dato che solleva interrogativi su quanti di questi sistemi avanzati potranno effettivamente essere inviati in Ucraina. Secondo quanto riportato da Axios, Trump avrebbe promesso a Zelensky la consegna immediata di dieci intercettori, mentre proseguono i colloqui con Berlino, interessata all’acquisto di ulteriori Patriot. Tuttavia, le consegne originariamente previste per Kiev ammontavano a 30 unità. In questo quadro incerto, Kiev ha chiesto chiarezza a Washington, definendo “di fondamentale importanza” garantire “stabilità, continuità e prevedibilità” nella fornitura di armi. Zelensky ha reso noto di aver incaricato il ministro della Difesa e il capo di Stato maggiore generale “di intensificare tutti i contatti con la parte americana”. Perché, ha sottolineato, “le dichiarazioni e le decisioni politiche ora devono essere attuate il prima possibile per proteggere il nostro popolo e le nostre posizioni”. Un’esigenza che riguarda, in particolare, la difesa aerea.

A Mosca, la prospettiva di nuove armi a Kiev è stata accolta con freddezza. “Non in linea con i tentativi di promuovere una soluzione pacifica” e anzi “favorisce in tutti i modi la prosecuzione delle ostilità”, ha dichiarato il megafono di Putin Dmitry Peskov. Il portavoce del Cremlino ha tuttavia evitato di attaccare direttamente Trump, riconoscendo i suoi “sforzi per avviare un negoziato diretto tra Russia e Ucraina”. Secondo la narrazione russa, infatti, il riarmo di Kiev sarebbe frutto di una “linea scelta dagli europei”.

OGGI ZELENSKY DA MATTARELLA

Il presidente ucraino è atteso oggi a Roma, dove verrà ricevuto dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Il viaggio nella capitale segna l’avvio di un tour europeo decisivo per assicurare sostegno politico ed economico alla ricostruzione del Paese. Giovedì e venerdì, nella cornice della Nuvola allEur, si terrà la Ukraine recovery conference (Urc 2025), il principale appuntamento internazionale dell’anno dedicato alla ripresa, ricostruzione e modernizzazione dell’Ucraina. La conferenza, co-organizzata dai governi italiano e ucraino, punta a catalizzare nuovi impegni finanziari e accordi, andando oltre i risultati ottenuti nell’edizione di Berlino dello scorso anno, quando furono mobilitati 16,5 miliardi di euro tra fondi, intese e iniziative.

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni aprirà i lavori insieme a Volodymyr Zelensky, che atterrerà nella Capitale oggi pomeriggio. Tra i partecipanti figurano la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, il cancelliere tedesco Friedrich Merz, il premier polacco Donald Tusk, il primo ministro greco Kyriakos Mītsotakīs e il premier albanese Edi Rama. La Santa Sede sarà rappresentata dal segretario di Stato Paul Richard Gallagher, mentre sono attesi anche delegati di Paesi donatori come Svizzera, Norvegia e Corea del Sud, oltre a vertici di banche di sviluppo e organismi internazionali. L’obiettivo dichiarato resta quello di attrarre investimenti privati indispensabili per affrontare una ricostruzione dal costo stimato, secondo la Banca Mondiale, in circa 500 miliardi di euro.


di Eugenio Vittorio