Iran-Israele: nessun vincitore

lunedì 30 giugno 2025


Chi ha vinto la “guerra dei 12 giorni” – misura temporale cara alla memoria di Israele, anche se due volte più lunga – tra Israele e Stati Uniti contro l’Iran?

Già il fatto che la questione venga posta denota che qualcosa in questo conflitto non è stata conclusa. Ci sono delle guerre che terminano tramite trattati di pace, determinando magari un perdente, o tramite esaurimento delle forze, inoltre ci sono dei conflitti che necessitano obbligatoriamente che un Paese o “sistema” sia sconfitto, più alcune altre varianti dai risvolti che si dipanano in meandri temporali dove le strategie, le sofferenze e la diplomazia si esercitano in acrobatiche evoluzioni.

Nel caso della guerra tra Iran ed Israele, non c’è un trattato di pace, si è interrotta non per “stanchezza”, non c’è stato un perdente dichiarato, probabilmente non sono stati eliminati i rischi della costruzione dell’arma nucleare da parte dell’Iran, solo una operazione deterrente da parte degli Stati Uniti, che in queste ore è messa anche in discussione, che con i suoi sedicenti super missili penetranti dovrebbe avere sfondato la crosta di cemento e forse intercettato le basi sotterranee dove le “centrifughe” arricchiscono l’uranio, ma anche su questo ci sono ormai più dubbi che certezze. Israele ha dimostrato per l’ennesima volta grande capacità di intelligence e militare; le forze armate israeliane godevano di un vantaggio rilevante: diversi agenti "segreti", sono stati reclutati direttamente in Iran. Questo ha permesso di eliminare figure di spicco della Repubblica islamica, in particolare attraverso attacchi con droni lanciati dall'interno del Paese. Gli obiettivi principali del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu sull’Iran erano tre: distruggere il suo programma nucleare, annientare il suo arsenale balistico e rovesciare il regime iraniano. Tre obiettivi che al momento non sono stati raggiunti.

Sicuramente alcune decine di capi delle Guardie Rivoluzionarie, e oltre una dozzina di figure strategiche del programma nucleare iraniano sono state annichilite nel giro di poche ore dalle forze israeliane. Anche basi militari sono state distrutte o danneggiate, così come i siti dove si operava per il nucleare. L’attacco ha dato eccellenti risultati iniziali perché l’esercito iraniano ha impiegato diverse ore per reagire all’offensiva a sorpresa. Gli israeliani sono riusciti a sabotare i radar e a rendere inutilizzabili le difese aeree dell’Iran per diverse ore.

Così alcune ore dopo l’entrata in vigore del cessate il fuoco Netanyahu, in un discorso televisivo, ha dichiarato che la guerra è stata vinta, affermando di aver devastato il sistema missilistico iraniano in generale, ovvero anche l’industria missilistica. Il premier israeliano ha anche assicurato di tornare in guerra contro ogni tentativo iraniano teso a rilanciare le ambizioni nucleari.

Ma anche la guida suprema Ali Khamenei, dopo essersi nascosto accuratamente per dodici giorni, il 26 giugno, tramite un video registrato non è noto dove, ha pronunciato la sua terza orazione dall’inizio della guerra, dove si è congratulato con Teheran per la vittoria ottenuta su Israele e Stati Uniti, e per omaggiare la coesione del popolo iraniano in una prova così difficile. Ha affermato che le ambizioni del regime sionista - definizione iraniana di Israele - sono state schiacciate sotto i colpi della Repubblica Islamica.

Khamenei non ha fatto mancare nemmeno accuse al presidente Donald Trump, a mio avviso autore del “dilemma sul perdente”, di sopravalutazione circa gli effetti dell’azione statunitense contro i tre impianti nucleari iraniani, Natanz, Isfahan e Arak, bombardati nella notte tra il 21 e il 22 giugno, demoliti completamente secondo Trump. Una posizione, quella americana, che secondo la guida suprema è stata assunta per nascondere il fallimento dell’operazione statunitense. Concludendo che l’Iran non ha nessuna intenzione di arrendersi. Comunque un discorso vago sugli effetti della guerra, soprattutto per ciò che riguarda le vittime. La certezza è che a tregua iniziata sono cominciate le condanne all’impiccagione per coloro che sono sospettati di collaborare con Israele. Trump da parte sua, con il suo lessico raffinato ha detto di Ali Khamenei che è stato preso “a calci in culo”.

La realtà è che il cambio di regime non è all’orizzonte, l’Iran ha certamente subito un colpo clamoroso, mostrando enormi debolezze nella sicurezza dei suoi leader, ma in particolare ha palesato carenze enormi nel controspionaggio. Tuttavia, questa importante operazione israeliana non sembra che abbia raggiunto gli scopi prefissati, probabilmente a causa della sottovalutazione della tenacia a restare in piedi del regime iraniano, ma anche alla durata insufficiente del conflitto, oppure il tutto va letto con una chiave propagandistica lontana dalla verità dell’operazione stessa. In pratica i generali eliminati furono sostituiti poche ore dopo il loro annichilimento, e il popolo iraniano non ha mostrato di potersi ribellare al regime, ma la massa, magari non convinta, lo ha sostenuto partecipando a grandi manifestazioni in tutto il Paese; come durante i funerali di Stato celebrati alcuni giorni fa che hanno osannato i “martiri” della rivoluzione. Inoltre, un fattore da non sottovalutare è che la guerra dei 12 giorni ha spostato una fetta del potere dagli ayatollah verso la parte operativa, ovvero i Guardiani della rivoluzione islamica o Pasdaran, probabilmente accentuando, se possibile, il volto più cinico e violento del potere. 

Infine l’Aiea, Agenzia internazionale per l’energia atomica, diretta da Rafael Grossi, secondo quanto comunicato dal vicepresidente del parlamento di Teheran, non avrà più accesso ai siti nucleari iraniani. Decisione più simbolica che concreta in quanto il peso dell’Aiea era poco rilevante anche prima della guerra.

Al momento è troppo presto per valutare le conseguenze di questo conflitto, come è prematuro sapere il livello di fragilità del cessate il fuoco.

Tuttavia, il confronto tra Israele e l’Iran è ben lungi dall’essere concluso, sia perché la Repubblica islamica non ha perso la guerra, sia perché la devastante guerra a Gaza, che è la causa principale del conflitto, non fa scorgere alcuna luce alla fine del tunnel.


di Fabio Marco Fabbri