sabato 28 giugno 2025
Che cosa ci fa nel Nuovo Ordine Mondiale (fortissimamente voluto da Russia, Cina, Brics e Global South) la Corte Europea per i Diritti Umani (Cedu, o Echr in inglese), diretta emanazione della omonima Convenzione di Strasburgo firmata 75 anni fa da 46 Paesi, che statuisce sui casi individuali?
Convenzione e Cedu sono ormai divenuti, come quella di Ginevra sui rifugiati, degli autentici grimaldelli giuridici per aprire le porte dell’Europa e dell’Occidente alle migrazioni incontrollate, oggetto di un netto rifiuto politico da parte delle opinioni pubbliche dei Paesi democratici coinvolti. Il segnale sempre più forte, in tal senso, è stata la forte crescita elettorale delle formazioni di ultradestra, favorevoli alla remigration e all’espulsione di massa di tutti gli immigrati entrati illegalmente nel territorio nazionale. Addirittura, l’Inghilterra del laburista Keit Starmer sta seriamente pensando di uscire dalla Convenzione di Strasburgo (nel seguito, semplicemente Convenzione), mentre Italia, Danimarca e altri 7 Stati membri (Austria, Belgio, Repubblica Ceca, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia) fanno lobby sul Consiglio d’Europa (CoE) per la modifica della Convenzione stessa. A tal fine, i nove Paesi firmatari hanno inviato di recente una lettera aperta al Segretario Generale della CoE, Alain Berset, già Presidente della Svizzera, in cui si richiede più sovranità a proposito della gestione dell’immigrazione illegale e dell’espulsione di stranieri responsabili di crimini.
Tutti gli Stati interessati, infatti, chiedono di porre limiti alla sempre più ampia estensione interpretativa dei diritti tutelati dalla Convenzione da parte della Corte di Strasburgo, chiamata a giudicare su 30.000 casi ogni anno, che vengono decisi o con l’inammissibilità, ovvero accolti perché in violazione del diritto al giusto processo in tempi ragionevoli. La critica è semplice e quanto mai fondata, dato che di fatto i giudici di Strasburgo si atteggiano con le loro decisioni a svolgere un ruolo guida e di condizionamento nei confronti delle legislazioni nazionali che regolano l’immigrazione e i controlli alle frontiere.
Scrive in proposito il Times di Londra: “Non è più tollerabile che l’attivismo della Corte (che non deve rispondere a nessuno delle proprie decisioni) annulli provvedimenti legittimi degli Stati, in merito all’espulsione di stranieri responsabili di crimini. La Convenzione e la Corte vennero create all’epoca in cui la priorità era di prevenire la rinascita dei fascismi, senza quindi alcun nesso con l’interventismo odierno dei suoi giudici in materia di migrazioni di massa per motivi economici”.
Istituita poco dopo la fine della Seconda guerra mondiale, sotto il patrocinio di Churchill e caldeggiata anche da altri leader europei, la Convenzione e la sua Corte erano viste come efficaci strumenti giuridici internazionali per obbligare i governi al rispetto dello stato di diritto. Oggi, tuttavia, una decina di Paesi europei chiedono a ragion veduta la riforma della Convenzione, con particolare riguardo alla modifica dell’articolo 3 sui trattamenti umanamente degradanti e dell’articolo 8 sui ricongiungimenti familiari.
Per capire a quale livello di assurdità si sia giunti nel richiedere il giudizio della Cedu, Times cita il caso di un uomo separato dalla sorella fin dalla nascita che, però, ha avuto ben quattro figli da lei e ha promosso causa presso la Corte per il riconoscimento del “diritto di incesto” che, per fortuna, gli è stato negato!
Paradossalmente, oggi è proprio l’invadenza a tutto campo dei giudici Cedu in materia di immigrazione ad avere favorito la forte crescita elettorale dei Partiti di estrema destra in Europa! E questo perché, in base ai dati ufficiali, il 70 per cento dei provvedimenti di espulsione dai Paesi Ue non vengono eseguiti, inclusi quelli che riguardano persone che hanno commesso crimini o sono sospettate di terrorismo.
Tra il 2018 e il 2024, in territorio Ue sono stati adottati 3 milioni di provvedimenti di espulsione di coloro che non avevano diritto all’asilo, e soltanto nel 28 per cento dei casi hanno avuto esito positivo, pari a 826mila espulsi che hanno effettivamente lasciato il territorio comunitario.
Anche Francia e Germania si sono mostrati critici verso la Convenzione, ormai del tutto inadeguata per la gestione delle migrazioni di massa post-2020, anche se l’Echr è stata già modificata 16 volte dal 1950. Attualmente, a essere particolarmente in difficoltà è la Germania del nuovo Cancelliere Friedrich Merz, a causa della forte crescita elettorale dell’estrema destra di Alternative für Deutschland¸ anti-immigrazionista e xenofoba, per il cui contenimento il governo di Berlino necessita politicamente di un più ampio margine di manovra in materia di asilo e di immigrazione. Di recente, persino Thorsten Frei, presidente del gruppo parlamentare della Cdu, il Partito di Merz, ha suggerito in alcune sue dichiarazioni che la Germania potrebbe recedere dalla Convenzione, qualora non vengano introdotte riforme sostanziali in materia di immigrazione. Alcuni Stati membri vogliono impedire alla Corte di Strasburgo di interferire sull’espulsione dei profughi economici verso i Paesi d’origine, costringendo questi ultimi a riprendersi i propri cittadini facendo leva sulla revisione a loro danno delle agevolazioni commerciali e delle politiche dei visti di cui beneficiano in ambito Ue.
Su questo aspetto, tuttavia, Merz è destinato a scontrarsi con il suo principale alleato socialdemocratico (Spd), che considera intoccabili la Convenzione e la Corte stessa, così come ha dichiarato il ministro Spd, Natalie Pawlik, commissario federale per l’immigrazione e l’integrazione, secondo la quale la Convenzione “è uno strumento fondamentale per proteggere i diritti umani e, come tale, non può essere piegato alle logiche della convenienza politica”. Il che, in tutta evidenza, rappresenta l’ennesimo, clamoroso regalo elettorale all’Afd.
Sostanzialmente, in campo rimangono le tre seguenti opzioni per la riforma della Convenzione: uscire dalla stessa, cosa che ne provocherebbe la fine prematura. Oppure, limitare il potere dei giudici (come vorrebbero Italia, Danimarca e altri Stati membri) su determinate questioni, come le espulsioni di immigrati illegali responsabili di crimini e il respingimento ai confini, laddove si sia in presenza di un uso politico dell’immigrazione illegale di massa, come accade con la Bielorussia ai danni della Polonia.
La terza via, preferita dallo stesso segretario generale, Berset, consiste in una riscrittura radicale della Convenzione stessa. Ma, quest’ultima opzione è un modo per allungare i tempi all’infinito, dato che non esiste una posizione comune da parte dei 46 Paesi sottoscrittori, mentre la crescita dei sovranismi e dell’estrema destra anti-immigrazionista esige risposte rapide e urgenti al problema dell’immigrazione illegale di massa. Si direbbe che, come per Ginevra, anche Strasburgo sia divenuto un luogo istituzionale del multilateralismo al quale dire al più presto “addio”!
di Maurizio Guaitoli