Russia-Mali: il vassallaggio nel Sahel

sabato 28 giugno 2025


Il legame della Russia con i Paesi del Sahel è consolidato da tempo, in particolare grazie ai servizi svolti dalla compagnia privata dei mercenari russi Wagner da poco meno di un decennio presenti nella regione sub sahariana. In particolare in Mali, uno stato decisamente vicino a Mosca, dove i Wagner dal 2021operano contro le milizie jihadiste della zona con lo scopo di riconquistare territori e agglomerati urbani sotto il giogo degli estremisti islamici.   

Il 6 giugno il rapporto tra Mosca e Bamako, capitale del Mali, si è ulteriormente rafforzato a causa del passaggio ufficiale di testimone tra i Wagner e l’Africa Corps, compagnia militare russa sotto il controllo diretto del Ministero della Difesa russo. Ora gli interessi russi nel Paese sono rappresentati da questa organizzazione, un passaggio di ruoli resosi necessario e graduale, scaturito dopo l’oscura scomparsa del potente capo dei Wagner Yevgeny Prigozhin; tolto dalla scena perché aveva osato sfidare il potere del più potente presidente Vladimir Putin.

I Wagner hanno lasciato il Mali comunicando sul proprio canale Telegram il successo della missione e che il compito principale era stato risolto, ovvero il ritorno di tutti i capoluoghi regionali sotto il controllo delle autorità maliane. Tuttavia dopo l’arrivo dei mercenari in Mali, computabili intorno alle tremila unità, vaste aree del territorio rimangono sotto il controllo di gruppi jihadisti i quali fanno capo allo Stato islamico dell’Africa occidentale, anche se alcune unità di estremisti hanno modalità operative anarchiche.  

I Wagner furono ingaggiati dalla giunta golpista guidata dal generale Assimi Goïta, presidente ad interim del Paese a seguito del secondo colpo di stato del maggio 2021; il golpe precedente, dove anche in quel caso Goïta è stato artefice, era dell’agosto 2020.

Dopo il passaggio delle funzioni dai Wagner all’Africa Corps, il Presidente Goïta ha suggellato questo nuovo corso delle strategiche relazioni con Putin, in un incontro realizzatosi al Cremlino il 23 giugno. Il vertice tra i due leader ha avuto la durata di quattro giorni, un incontro che ha visto relazioni bilaterali e dirette, e dove il capo della giunta maliana risulta sia stato accolto con un protocollo formale e degno del ruolo di un “capo di stato”, anche se golpista, ma per Putin è più un pregio il raggiungimento del potere con queste modalità piuttosto che una anomalia politica.

Un precedente incontro tra i due presidenti si era verificato a luglio 2023, nel secondo vertice Russia-Africa svoltosi a San Pietroburgo, ma in quella occasione anche la presenza di numerosi capi di stato africani non aveva permesso ai due leader di confrontarsi nei dettagli delle loro relazioni, ovvero i tempi non erano maturi. Adesso con il passaggio del potere all’Africa Corps, sotto controllo statale, la questione è più sorvegliabile, anche se ritenere gestibile un tale rapporto in un complesso socio-politico articolato ed instabile è sempre macchinoso. Goita intanto ha prolungato il suo mandato di capo di Stato per altri cinque anni evitando elezioni, modalità collaudata ed efficace soprattutto in Africa, oltre che essere condivisa da Putin. Giunto a Mosca domenica 22 tramite un aereo offerto dal Cremlino, azione che rientra nei protocolli di sicurezza, dopo avere onorato il Monumento del Milite ignoto nella capitale russa, ha incontrato lo “Zar Putin”. L’incontro è stato favorevole e ricco di prospettive commerciali nell’ambito delle risorse naturali, cooperazione militare, nonché logistica. Una visita corredata da ostentata positività, ma dalla quale il presidente maliano cerca soprattutto garanzie per la lotta contro il jihadismo che destabilizza il Paese e che in verità i Wagner non sono riusciti a debellare, nonostante i proclami.

La realtà è che i mercenari russi se non hanno fallito, sicuramente non sono riusciti nella loro missione antijihadista; i media russi hanno ostentato il ruolo determinante dei Wagner in Mali già dal 2021, ma fino a metà 2024 il governo golpista di Bamako non aveva riconosciuto pubblicamente la presenza del gruppo nel Paese. La propaganda moscovita, prima del 2021, diffondeva narrazioni manipolatorie simili a quelle utilizzate nella Repubblica Centrafricana, presentando i mercenari come “istruttori russi” che avrebbero annichilito il terrorismo islamico e creato stabilità e pace nel Paese. Ma i fatti rivelano una realtà diversa. I Wagner non sono riusciti a contrastare in modo efficace gli attacchi e le azioni dei terroristi islamici né in Mali né nella regione; fonti delle Nazioni Unite hanno riferito che i mercenari Wagner, che operano anche in Sudan, non hanno impedito ai terroristi di avanzare su questi territori, tanto è che i miliziani del Daesh nel Sahel hanno quasi raddoppiato i territori sotto il loro controllo. Quindi il sistema della disinformazione della Russia ha presentato una zavorra come una salvezza, un’immagine distorta dei Wagner che come è noto si sono macchiati di crimini atroci: rapimenti, stupri uccisioni sistematiche, come quando hanno tentato di prendere il controllo di un’importante area mineraria vicino alla città di Bambari, nella Repubblica Centrafricana. In quella occasione il profilo di questi massacratori era ben definito, secondo le numerose testimonianze, uomini bianchi con lunghe barbe e senza baffi, caratteristiche, in questo caso, che incardinano questi mercenari nei “tratti” dei musulmani salafiti ceceni. Figure notoriamente presenti nei Wagner ma anche sul fronte ucraino.

Ora Vladimir Putin anche a valle dell’incontro appena concluso al Cremlino con Assimi Goita, tramite i militari dell’Africa Corps, cercherà di dare una svolta alla presenza russa nel Paese africano. Il disegno di creare una serie di stati vassalli in Africa da dove attingere risorse minerarie e soprattutto l’oro, oltre ad essere un vecchio piano, è anche necessario al presidente russo per alimentare il suo progetto imperialista, in cambio della sicurezza finora assolutamente non garantita contro le ambizioni espansionistiche dei jihadisti localizzati specialmente sul confine occidentale del Paese e nell’area dei tre confini: Mali, Burkina Faso e Niger. Considerando anche che la Russia di Putin da tempo affronta la radicata e rancorosa (Francia) concorrenza internazionale, un fronte di battaglia non basato sull’uso delle armi ma sulla subdola propaganda, non meno impegnativo della linea del fuoco jihadista.  


di Fabio Marco Fabbri