lunedì 23 giugno 2025
Libia e Sudan rappresentano, nella loro non eccessiva diversità, due aspetti di come i colpi di Stato anche diversamente organizzati, tendono a creare le stesse criticità politiche e le medesime attrazioni da parte di attori terzi. In Sudan, a seguito del colpo di Stato militare del 2019 che ha deposto il presidente Omar al-Bashir da 30 anni al potere, si era insediato a capo del governo di transizione, cosiddetta “democratica”, Abdalla Hamdok, rimasto in carica fino al 25 ottobre 2021, quando fu tratto in arresto dalle forze militari sudanesi. Il 15 aprile 2023 è esplosa una guerra civile tra le Forze armate sudanesi (Saf) del generale Abdel Fattah al-Burhan e le Rapid support forces (Rsf), guidate dal generale Mohamed Hamdan Dagalo, detto “Hemetti”.
La Libia dopo la deposizione voluta dall’Occidente del Presidente Muhammar Gheddafi nel 2011, si è gradualmente divisa sulla base delle sue tre macro regioni, ovvero: Tripolitania con un governo retto e riconosciuto dall’Occidente, Cirenaica guidata dal maresciallo Khalifa Haftar – ex agente Cia – con una leadership riconosciuta dal popolo, che controlla anche parte del Fezzan diviso tra un centinaio di tribù che dominano rispettivamente porzioni di questa regione. Una vicinanza quella di Haftar con “Hemetti” che li sta vedendo cooperare in aree di confine per il controllo di posizioni geograficamente strategiche. Inoltre i due eserciti che rispondono ad Haftar ed Hemetti, godono anche del supporto logistico degli Emirati Arabi Uniti, la potente monarchia petrolifera del Golfo, che fornisce ad ambo le parti arsenale militare vario, come armi leggere e pesanti, droni nonché assistenza logistica. Tuttavia Abu Dhabi nega qualsiasi coinvolgimento nella guerra civile sudanese, ma è appurato che l’oro delle miniere del Sudan gestite dai paramilitari, come quelle del Darfur, serve per acquistare dagli Emirati attrezzature militari per proseguire la guerra contro l’esercito regolare sudanese delle Fas.
La settimana scorsa l’esercito del maresciallo cirenaico Haftar ha supportato militarmente le Fsr di Hemetti per il dominio della catena montuosa di Jebel Uweinat, o Gebel Auenat, posizionata al confine tra Egitto, Libia (Fezzan), e Sudan, sull’altopiano del Gilf Kebir. Il controllo del promontorio è strategico perché permette di sfruttare le enormi risorse minerarie della regione ed anche di gestire alcune trafficate rotte transahariane, che costituiscono tracciati dove si incrociano consistenti scambi commerciali con molteplici tipologie di “merce”: da quella degli esseri umani, al carburante, alle armi, ma anche metalli preziosi e principalmente oro.
A seguito degli scontri, il 12 giugno le Fsr hanno annunciato di aver conquistato il promontorio di Gebel Auenat dopo una battaglia contro un gruppo armato denominato Forze congiunte, che rappresenta una alleanza di milizie locali affiliate all’esercito sudanese guidato da al-Burhan. Questa battaglia è stata preceduta circa 48 ore prima, da un pesante combattimento tra i miliziani delle Forze congiunte, contro i componenti della Brigata Subul Al-Salam, al comando dell’Esercito nazionale libico di Khalifa Haftar. In pratica in circa quattro giorni questa area di confine e strategica è stata conquistata ed ora è sotto controllo dei paramilitari sudanesi di Hemetti e dell’esercito cirenaico, che insieme hanno sconfitto e cacciato i militari del generale al-Burhan e suoi alleati locali, dall’area del Gebel Auenat. Che cosa significa dal punto di vista geostrategico questa coalizione tra Haftar e Hemetti? La Libia, finché non troverà un leader carismatico riconosciuto da tutto il popolo resterà divisa tra i due governi di Bengasi e Tripoli, con una tendenza della capitale cirenaica a controllare anche il frastagliato, ma regolato, Fezzan; i paramilitari del generale Mohammed Hamdan Dagalo, dopo l’acquisizione territoriale della regione strategica del Gebel Auenat, potrebbero tentare una divisone del Paese.
Infatti le Fsr di Dagalo, dopo avere subito una serie di sconfitte militari da parte dell’esercito regolare di al-Burhan, sono state costrette a lasciare la zona della capitale Khartoum, da quel momento si sono concentrate sul controllo territoriale nell’area occidentale del Sudan, nel Kordofan e nel Darfur. In questa regione il capo delle Fsr ha già espresso la volontà di organizzare una propria amministrazione. Già il mese scorso, Dagalo aveva annunciato la nascita di un governo parallelo a quello del generale al-Burhan. È verosimile che il controllo di una via sicura per approvvigionamenti e commercio è funzionale alla strategia di Dagalo di istituire una propria amministrazione nella sua roccaforte nel Darfur.
Quello che si sta delineando in questa parte dell’Africa nord orientale potrebbe configurarsi come un ulteriore riassetto geografico, in quanto l’alleanza tra la Cirenaica e il Sudan sotto controllo di Hemetti, lega queste due realtà ad una serie di alleanze internazionali che coinvolgono, tra queste, oltre che gli Emirati Arabi Uniti che supportano ambo le parti, anche i “mercenari statali” russi dell’Africa Corps, ex Wagner, ma ora sotto completo controllo di Mosca, alleati anch’essi sia con Haftar che Hemetti. Una netta demarcazione geostrategica che potrebbe favorire le aspirazioni del leader delle Fsr di dividere anche il Sudan in due realtà statali, e il controllo del confine tra Sudan e Libia come corridoio per fornitura e scambio anche di armi e mercenari, rafforza la consistenza delle prospettive delle milizie Fsr.
Ma va anche considerato che l’oro del Sudan in generale, è appetito da numerose Nazioni. Così anche al-Burhan ha il sostegno dell’Egitto, il quale ha un storico legame con il Sudan. Ma anche l’Iran era legato al regime del deposto presidente al-Bashir. un’alleanza che, anche se interrotta nel 2015 quando il Sudan ha affiancato l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti in una coalizione anti-Houthi yemeniti, è stata ristabilita da al-Burhan dopo la sua ascesa al potere nel 2021. Anche se oggi le problematiche iraniane consiglierebbero al generale di prendere tempo.
di Fabio Marco Fabbri