giovedì 19 giugno 2025
Siamo sicuri che quanto stia succedendo nel conflitto tra Israele e l’Iran sia legato alla immediata esigenza dello Stato ebraico di distruggere le infrastrutture iraniane per l’arricchimento dell’uranio, funzionali non per dotarsi di energia nucleare per scopi “civili” bensì funzionali a costruire le bombe atomiche con l’obiettivo previsto dalla Costituzione della teocrazia iraniana di annientare “l’entità sionista”? È possibile che un’azione militare preventiva dell’Idf così rilevante per la geopolitica del Medio Oriente abbia reso silente gli Stati arabo-sunniti? Mi sono fatta un’idea che desidero condividere con i nostri lettori. Gli interrogativi che si pongono gli analisti di strategia militare su quali sono state le reali motivazioni che hanno indotto Benjamin Netanyahu a sferrare il micidiale attacco preventivo sui siti che sviluppano il nucleare, sulle installazioni militari e sulla nomenklatura che opprime da quasi 50 anni la popolazione iraniana sono ancora da sviscerare. Non sono un esperto di strategie belliche né tantomeno ho informazioni particolari rispetto a quelle che ci vengono riferiti dai media nazionali e internazionali. I fatti ci dicono che l’obiettivo di indebolire, non solo militarmente, il regime teocratico pare sia stato raggiunto dalla aviazione israeliana.
L’operazione militare è anch’essa un successo anche dal punto di vista politico in quanto la decapitazione di molti personaggi apicali della dittatura islamica comincia a far scricchiolare il potere dei turbanti neri che sembrava inattaccabile nonostante un crescente dissenso interno nel Paese. La strategia attuata da Israele con la forza militare, ha seguito delle fasi che parrebbero funzionali all’obiettivo finale, che a mio avviso è stata quella di risolvere alla radice la fonte principale dei problemi di sopravvivenza dello Stato ebraico: il cambio di regime di Teheran. Dopo la cacciata dello scià di Persia Reza Ciro Pahlavi e l’insediamento dello Stato islamico, gli ayatollah, non potendo aggredire direttamente Israele, del quale non riconosce l’esistenza, aveva l’esigenza di creare le condizioni di una guerra perenne contro “entità sionista”. La strategia adottata dai teocrati è stata quella di utilizzare i cosiddetti proxy ovvero: Hamas in Cisgiordania, gli Hezbollah in Libano e gli Houti in Yemen sfruttando mediaticamente la “questione palestinese”.
Per perseguire l’obiettivo di annientare “entità sionista” l’Iran ha arruolato, addestrato, finanziato e armato fino ai denti Hamas e Hezbollah che dovevano essere la prima linea del fronte contro Israele con continue azioni terroristiche contro gli ebrei. Azioni devastanti che sono culminati con l’eccidio del 7 ottobre 2023. Non avevano evidentemente fatto i conti con un popolo che dalla fondazione dello Stato d’Israele deve lottare per la propria sopravvivenza. La risposta di Netanyahu è stata prima quella di distruggere Hamas, subito dopo indebolire gli Hetzbollah in Libano e poi quello di estirpare alla radice il nemico numero uno il regime teocratico iraniano. Se il popolo, oppresso dalla dittatura medievale degli ayatollah, dovesse sollevarsi per cacciare i loro carnefici, il primo ministro, più odiato in oriente e occidente, Benjamin Netanyahu passerà alla storia, non come un “criminale di guerra” ma come lo statista che ha posto le basi di un nuovo equilibrio in Medio Oriente. Gli stessi palestinesi, liberi dal giogo di Teheran, potranno dotarsi di una nuova leadership in grado di negoziare con Israele una pace duratura.
di Antonio Giuseppe Di Natale