mercoledì 18 giugno 2025
E, in tutto ciò, il Parlamento che fine fa? À pas feutrés, le Sénat s’en va, titola la Rtbf (Radio-Télévision Belge de la Communauté Française). Il fiamminghissimo Bart de Wever è riuscito a mettere d’accordo tutti i partiti (N-Va, Mr, Les Engagés, Vooruit e Cd&V) della sua maggioranza catto-liberal-socialdemocratica sulla necessità di un atto ormai dovuto: l’abolizione del Senato. Il governo, dunque, si appresta a privarsi di quella che era l’istituzione privilegiata nella rappresentanza delle entità federate del Paese, e cioè regioni e comunità. Il Belgio avrà una sola assemblea federale. Al netto delle sue dimensioni territoriali, 30.688 chilometri quadrati per 11,8 milioni di abitanti, poco più di quanti ne vivono nella (più) piccola Lombardia, esso potrebbe ancora una volta fare da laboratorio, politico e sociale, a chi ritiene superato, nella forma e nella sostanza, il bicameralismo, perfetto o imperfetto che sia.
Le Senat de Belqique fu creato in seguito alla rivoluzione del 1830, che portò all’indipendenza dai Paesi Bassi. La Costituzione del 1831 istituì un sistema parlamentare bicamerale, allo scopo di moderare l’azione legislativa, di rappresentare sia la popolazione (Camera bassa) che, negli Stati federali, le entità federate (Camera alta, il Senato appunto). All’epoca, il Senato rappresentava principalmente i grandi proprietari terrieri e aveva il compito di moderare le decisioni a volte impulsive della Camera, rassicurando al contempo le potenze straniere sulla stabilità del nuovo regime. Il colore rosso del Senato e il verde della Camera sono direttamente ispirati alla tradizione parlamentare d’oltremanica. Nel Parlamento britannico, infatti, la Camera dei Comuni è rivestita di verde, mentre la Camera dei Lord è rossa. La distinzione risale ad antiche tradizioni: il verde della Camera dei Comuni si riferisce alla pratica medievale di approvare le leggi in un prato, da cui il colore verde, simbolo della natura e del popolo. Il colore rosso, associato alla nobiltà e alla regalità, è stato adottato per la Camera dei Lord. Con l’introduzione del suffragio universale nel 1921, nuove “categorie” di senatori si presero la scena, che fossero eletti direttamente, eletti dai consigli provinciali o cooptati. Il Senato divenne quindi più rappresentativo della società belga e iniziò a svolgere un ruolo più distinto, in particolare come camera di riflessione sulle principali questioni sociali.
Con la graduale federalizzazione del Belgio a partire dagli anni Settanta, il Senato si evolse per rappresentare meglio regioni e communautés. La riforma del 1993 segnò una svolta fondamentale: il Senato divenne una camera specializzata, concentrata sulle questioni istituzionali e come sede di dialogo e confronto tra le entità federate. In questi anni, il Senato è stato inesorabilmente privato delle sue funzioni originarie, mantenendo unicamente, o quasi, un ruolo attivo nelle revisioni costituzionali. Di fatto, però, si rileva con una certa amarezza, è diventato più un think tank che un’assemblea con poteri legislativi e di controllo del governo. Composto da 60 membri, dal 25 maggio 2014 in seguito alla sesta grande riforma dello Stato, il Senato, denominato anche assemblea delle Regioni, è diventato un’assemblea “non permanente”. I senatori non sono eletti direttamente e non ci sono più senatori di diritto. Le sue 3 prerogative principali, come si accennava (partecipazione alla redazione delle leggi federali, in particolare quelle relative all’organizzazione dello Stato; redazione di relazioni informative su questioni in cui le competenze federali e statali si sovrappongono; mediazione in caso di conflitti tra i diversi parlamenti belgi) ha perso vigore. Per il via libera definitivo alla sua abolizione, alla Camera serve una maggioranza favorevole dei due terzi.
Secondo gli osservatori “non sarà una passeggiata di salute” convincere i partiti d’opposizione e soffocare qualche malumore nella maggioranza. Stando, però, alle prime dichiarazioni sembra che anche nella minoranza non si abbia troppa voglia di complicare la vita al governo. Liberali fiamminghi e Verdi, infatti, non hanno esitato un attimo a dare il loro sostegno all’abolizione del Senato. Che, a sentire Stefaan Van Hecke, leader del gruppo Ecolo-Groen, “nella sua forma attuale, non ha più alcun valore aggiunto”. La liberale Stéphanie D’Hose, già presidente proprio del Senato, ha dichiarato sui social media che il suo gruppo “sosterrà pienamente l’abolizione dall’opposizione e voterà per una maggioranza di due terzi”. E c’è chi vuole andare già oltre l’abolizione del Senat. I verdi valloni (Ecolo) si lamentano delle “troppe istituzioni” e chiedono anche l’abolizione delle Province e la creazione di assemblee cittadine. L’imperativo è “razionalizzare il numero delle strutture” istituzionali. Occhio, però, alla possibile grana della comunità germanofona, il cui unico rappresentante siede dal 1995 in Senato, che ora vuole una rappresentanza garantita alla Camera. Nei prossimi mesi, chiedono i parlamentari germanofoni, “si dovrà fare tutto il possibile, in tutti i gruppi politici, per raggiungere il duplice obiettivo di una rappresentanza garantita e adeguata alla Camera dei Rappresentanti e di una circoscrizione elettorale separata per le elezioni federali. Soddisfare questi due requisiti sarà fondamentale per la futura organizzazione dell’autonomia della nostra comunità”.
di Pierpaolo Arzilla