lunedì 9 giugno 2025
L’Iran offre prezzi dell’energia elettrica tra i più bassi al mondo. Negli Stati Uniti, il costo medio dell’elettricità è di 0,181 dollari per kilowattora.
In Iran è di 0,004 $/kWh.
Un Paese in cui l’elettricità è molto più economica che in America non cerca di ridurre i propri costi di produzione.
L’Iran fa parte del club dei Paesi ricchi di petrolio (Libia, Kuwait, Iraq, Oman, Qatar etc.), dove i prezzi dell’elettricità sono tra i più bassi al mondo. Le nazioni con vaste riserve e capacità di produzione energetica non hanno bisogno dell’energia nucleare, come ad esempio, la Germania o la Francia, che dipendono dalle importazioni.
L’Arabia Saudita, con un costo dell’energia elettrica di 0,053 dollari/kWh, non ha avviato un programma nucleare perché aveva bisogno di ridurre i costi energetici. Nemmeno gli Emirati Arabi Uniti lo hanno fatto. Sauditi ed emiratini hanno iniziato a interessarsi allo sviluppo di un programma nucleare per scopi “civili” solo con il decollo del programma nucleare iraniano.
Se l’Iran avesse sviluppato un programma nucleare per ridurre i costi energetici, lo avrebbe abbandonato da tempo, dopo che le sanzioni sono costate alla sua economia circa mille miliardi di dollari. Perdere un trilione di dollari per ridurre di qualche frazione di centesimo il costo medio di un kilowattora non ha senso.
Teheran non è interessata alle applicazioni pacifiche dell’energia nucleare, ma alle armi nucleari. Per questo è disposta a perdere mille miliardi di dollari e a entrare in guerra per proteggere il suo programma nucleare.
Nonostante questi fatti evidenti, l’amministrazione Obama e alcuni funzionari dell’attuale amministrazione hanno continuato a fingere che è possibile raggiungere un accordo per mantenere pacifico il programma nucleare iraniano. Questa idea è sbagliata nel 2025 come lo era nel 2015, quando il presidente Barack Obama propose il suo accordo con l’Iran partendo dal presupposto che uno Stato terroristico islamico ricco di petrolio sarebbe stato disposto a perdere mille miliardi di dollari e ad arrivare a un passo dalla guerra per abbassare i costi dell’elettricità da 0,004 a 0,003 dollari/kWh.
Si pensi alla centrale nucleare iraniana di Bushehr. In costruzione dagli anni Novanta, la sua capacità di produzione di energia elettrica di 1.000 megawatt è una goccia nell’oceano rispetto ai miliardi di dollari spesi per la sua costruzione. (L’Iran ha affermato in più occasioni di aver speso per l’impianto 1,7 oppure 4 miliardi di dollari.)
Uno dei maggiori produttori di energia al mondo non andrebbe in guerra per aumentare la produzione di 1.000 megawatt di elettricità.
Nonostante Bushehr e il resto dell’infrastruttura nucleare iraniana siano estesi e in crescita, Teheran ricava solo l’1 per cento della sua elettricità dall’energia nucleare. La maggior parte dell’elettricità prodotta (86 per cento) proviene dal gas naturale, il cui costo per i cittadini è di 0,001 dollari/kWh (rispetto a una media globale di 0,081 dollari.
Con 1.183 trilioni di piedi cubi di riserve di gas naturale, tra le più grandi al mondo, l’Iran ha tutta l’energia di cui ha bisogno. Anche senza considerare i costi delle sanzioni pari a mille miliardi di dollari, utilizzare le centrali nucleari per generare energia elettrica per abitazioni e aziende non ha senso dal punto di vista economico.
Oltre il 95 per cento delle famiglie iraniane dipende dal gas. E l’Iran produce così tanta energia da esportarla nel vicino Iraq. Sebbene Teheran si avvalga della crisi energetica per giustificare il suo programma nucleare, lo fa non perché non abbia abbastanza gas, ma perché dà priorità alle esportazioni rispetto al mercato interno e utilizza i proventi per il terrorismo internazionale.
L’Iran è il terzo produttore mondiale di gas naturale, dopo America e Russia. Dove vanno a finire quei soldi? Di certo, non alla popolazione iraniana, che ha ben poco o nessun potere decisionale.
I trilioni di metri cubi di gas naturale prodotti ogni anno dall’Iran contribuiscono anche a finanziare il suo costosissimo e devastante programma nucleare. Teheran sta pianificando di spendere altri 20 miliardi di dollari per costruire centrali nucleari (in un’economia con un Pil di soli 404 miliardi di dollari) perché vuole garantire alla sua popolazione civile e alle sue aziende tutto ciò di cui hanno bisogno?
Se il governo iraniano avesse davvero a cuore il benessere e la prosperità della sua popolazione civile, avrebbe interrotto il suo programma nucleare e posto fine alle sanzioni internazionali impostegli. Tali sanzioni hanno colpito più duramente le esportazioni e le importazioni dei suoi beni di consumo e delle sue aziende, mentre hanno avuto un impatto minore sulle sue principali esportazioni di energia e il settore edile da cui il regime trae gran parte della propria ricchezza.
Quando il presidente Donald Trump ha reintrodotto le sanzioni all’Iran per il suo programma nucleare, i missili balistici e il terrorismo, la crescita del Pil del Paese è scesa dall’8,8 per cento al 2,4 per cento, dopo l’accordo nucleare di Obama del 2015.
Valeva la pena aggiungere qualche megawatt alla rete elettrica di un Paese alimentato dalle sue riserve di gas?
L’Iran non porta avanti un programma nucleare perché (1) ha bisogno di energia elettrica, (2) perché ha senso dal punto di vista economico, o (3) perché ha a cuore la sua popolazione civile.
In Medio Oriente, nessun Paese costruisce centrali nucleari perché desidera un’industria nucleare per scopi civili. E ancora meno quei Paesi che possono ricavare tutta l’energia di cui hanno bisogno semplicemente trivellando.
Chi si oppone a qualsiasi giro di vite nei confronti del programma nucleare iraniano dovrebbe essere onesto e dirlo, anziché promuovere la finzione di Obama secondo cui uno dei maggiori produttori di energia al mondo, con elettricità a basso costo, ha perso mille miliardi di dollari per riuscire ad aumentare leggermente la propria capacità di produzione di energia elettrica.
L’Iran non sta costruendo il suo complesso di arricchimento dell’uranio di Natanz, così in profondità da renderlo inaccessibile agli attacchi statunitensi, perché vuole dotarsi di un programma nucleare a uso civile. E questo è chiaro a tutti. Ma c’è chi insiste ancora su una separazione immaginaria tra Bushehr e Natanz, tra il presunto programma nucleare per scopi civili e quello militare dell’Iran, per gettare le basi per un accordo che limiti la capacità nucleare iraniana a scopi civili.
Ma tutto ciò si basa sul presupposto che l’Iran stia portando avanti un programma nucleare a uso civile e che pertanto accetterà e rispetterà un accordo che escluderebbe la possibilità di sviluppare armi. Ma questa supposizione, accettata e venduta da Obama ai Democratici del Congresso, è rapidamente crollata, solo Witkoff e altri esponenti dell’amministrazione Trump hanno tentato di rilanciarla.
L’Iran non intende sostituire un programma atomico militare con un programma a uso civile. Sta facendo ciò che ha sempre fatto, ovvero camuffare il suo programma militare da programma civile. Obama, come numerose altre figure della politica e dell’intelligence, lo sapeva e ha preferito fingere il contrario. È a causa loro che nel corso degli anni l’Iran è diventato una minaccia sempre più grande.
I sostenitori del rilancio dell’accordo sul nucleare iraniano, il Joint Comprehensive Plan of Action (Jcpoa), siglato da Obama nel 2015, ora etichettano i critici come “globalisti” e sostengono che ripristinare la vecchia politica di Obama significherebbe adottare un approccio “America First”. Essere realisti riguardo al programma nucleare iraniano sarebbe, secondo loro, una cospirazione del complesso militare-industriale e della Cia.
Ma furono la Cia e la “comunità dell’intelligence” a salvare l’Iran durante l’amministrazione di George W. Bush, dichiarando falsamente nel National Intelligence Estimate del 2007 che “riteniamo con alto grado di fiducia che Teheran ha interrotto il suo programma nucleare militare nell’autunno 2003”.
L’amministrazione Trump può fare ciò che vuole riguardo al programma nucleare iraniano. Può mantenere le sanzioni, smantellare il programma o non fare assolutamente nulla. Ma dovrebbe avere le idee chiare su cosa sia il programma nucleare iraniano e a cosa serva. Accordi con terroristi e Stati considerati sponsor del terrorismo sono inutili. Qualsiasi accordo con l’Iran può concludersi in un solo modo, ovvero con uno Stato terrorista il cui slogan è “Morte all’America” che acquisisce la capacità di mettere in atto quella minaccia contro di noi.
Il programma nucleare civile iraniano è una copertura tanto quanto una catena di pizzerie della Mafia. Negoziare con i terroristi islamici è uno spreco di potere e credibilità da parte dell’America. E ciò induce coloro che negoziano con i terroristi a credere che un accordo sia possibile, a prescindere da quanto siano elevati i segnali d’allarme.
Gli Stati Uniti possono scegliere di ignorare l’Iran, ma dovrebbero smettere di umiliarsi negoziando con uno Stato terrorista che ha torturato e assassinato americani e ora ci tratta come degli idioti.
(*) Tratto dal Gatestone Institute
(**) Traduzione a cura di Angelita La Spada
di Daniel Greenfield (*)