martedì 27 maggio 2025
Chi gioca con la storia del Memorandum sui possibili, futuri accordi di pace russo-ucraini, in cui dovrebbero essere individuati i principi da soddisfare per un possibile cessate il fuoco temporaneo? Ovviamente, chi l’ha proposto (Vladimir Putin) al presidente Donald Trump e, per tramite suo, a Volodymyr Zelensky. Un vero e proprio espediente cervellotico e perditempo, questo del fantomatico Memorandum, dato che nessuno sa bene di che cosa si tratti, né quali siano le ragioni che lo spirano e perché sia così importante! Quindi, per tirarla alle lunghe, arte di cui sono esperti e maestri i diplomatici ex-sovietici quando non intendono concludere i colloqui con un vero accordo, i russi manterranno i tavoli delle rappresentanze di terz’ordine (in cui nessuno ha un mandato vero per sottoscrivere accordi), con scambio copioso di documentazione inconcludente e fumistica, in modo da non far mai cessare i combattimenti. Perché, poi, Putin è convinto che chi la dura la vince e i primi a stancarsi dell’Ucraina saranno, in ordine di tempo, gli americani e poi gli europei. Del resto, dalla guerra dei 20 anni con la Svezia (1700-1721), passando per Napoleone e Adolf Hitler, le cose sono sempre andate nel verso giusto per i russi, che hanno tempo a disposizione (fino a che l’autocrazia putiniana starà in piedi) e immense risorse da investire in un’economia di guerra.
E ha ragione da vendere, Vladimir Putin, nel deludere le aspettative di Donald Trump, tenendolo però stretto a sé con la promessa di grandi affari e di spartirsi il mondo a tre. Così, il presidente Usa, anziché inasprire le sanzioni americane contro la Russia sui trasporti-ombra di petrolio siberiano di contrabbando, ha lasciato il compito a J.D. Vance di chiamarsi fuori da quella che “non è la nostra guerra: noi ci abbiamo provato a mediare, ora vedetevela tra di voi. Perché questa è una questione tutta europea e l’America non intende entrarci”. Nessuno, cioè (né repubblicani, né democratici americani) ha voglia di rischiare i famosi “boots-on-the-ground” a seguito di un intervento della Nato in sostegno a Kiev. A parziale giustificazione di Trump, c’è di vero che i due contendenti hanno provato in tutti i modi a tirarlo dalla loro parte accusandosi l’un l’altro, il che lo avrebbe messo in seria difficoltà come mediatore credibile super partes, giustificando così il suo attuale passo indietro. Quindi, la sua mossa di costringere entrambi a colloqui diretti rappresenterebbe l’unico modo per far progredire le cose, verso un possibile accordo a due russo-ucraino. Al punto in cui stanno le cose, Trump preferisce giocare una partita (d’affari) tutta sua, normalizzando le relazioni con Putin, sempre nell’ottica geostrategica di non consegnare mani e piedi la Russia all’avversario cinese.
Del resto, come si può intuire dalle tattiche dilatorie di Putin (che, però, ha usato ogni accortezza per non irritare Trump), la Russia punta a un progresso significativo sul campo che salvi la faccia a Putin stesso, lascia dogli il tempo di occupare per intero gli oblast ucraini già dichiarati come annessi, ma conquistati solo parzialmente. I segni premonitori, in tal senso, ci sono tutti, dato l’intensificarsi dei combattimenti nella città strategica di Pokrovsk, nell’est Ucraina, e a Toretsk nel nord del Paese. Nel frattempo, la spinta russa sta mettendo in seria difficoltà l’Ucraina ai confini amministrativi del Donetsk, un’area strategica per le sue risorse minerarie, annessa dalla Russia nel 2022 ma non ancora interamente conquistata. L’unica cosa, risultata molto chiara dai recenti colloqui in Turchia, è che la Russia condiziona qualsiasi ipotesi di cessate-il-fuoco al ritiro di Kiev dalle quattro regioni del Donbass. E tutto lascia pensare che il conflitto non sia destinato a finire tanto presto, visto che Mosca avanza sulla linea del fronte ed è pronta a reclutare altre decine di migliaia di soldati per sostenere la sua attuale offensiva. Quindi, a questo punto all’Europa dei volenterosi deve dimostrare a Putin che perderà, se persiste nell’atteggiamento di voler annientare l’Ucraina. Del resto, Mosca non ha più giustificazioni di sorta, dato che Volodymyr Zelensky si è detto disposto a trattare, solo che esista una minima possibilità per mettere fine a questa guerra al massacro, evitando però un necessario mea culpa per aver illuso i suoi cittadini e gli alleati sulla possibilità di vincere questa guerra.
Va detto, in verità, che nel 2019 Zelensky aveva fatto molti gesti di buona volontà nei confronti dello scomodo vicino ex-sovietico, ordinando il disingaggio delle truppe ucraine attestate in alcune località del Donbass, negli oblast di Donetsk e Lugansk, e lo sminamento del Mare di Azov nei pressi della Crimea. Sempre in quel periodo, il presidente ucraino aveva accettato sia di sottoscrivere la formula Steinmeier, un accordo che prevedeva di concedere una maggiore autonomia alle regioni sotto controllo russo; sia di recarsi successivamente, nel dicembre 2019, al vertice a Quattro (definito “Formato Normandia”) con Francia, Germania e Russia, in cui però all’epoca non si è deciso un bel nulla, essendo stata a suo tempo congelata, causa pandemia, la riunione programmata per marzo 2020. Anche lì: poiché risultava chiarissimo fin da allora che il solo partner riconosciuto da Putin era il presidente degli Stati Uniti, bisognava di conseguenza coinvolgere da subito la Casa Bianca, prima con Trump e poi con Joe Biden, per una mediazione efficace e risolutiva.
Ovvero, fin dal 2014, tutti, ma proprio tutti (Germania e Francia, in particolare) dovevano prioritariamente mettere sul tavolo, coinvolgendo l’America, la questione di un nuovo Trattato sulla sicurezza tra la Russia, da un lato, e l’Occidente dall’altro, coinvolgendo soprattutto i Paesi non Ue con migliaia di chilometri di confine con la Repubblica di Russia, Ucraina in testa. Partendo, per intenderci, dal principio della loro neutralità sostanziale, in modo da realizzare quel che avrebbe dovuto assolutamente essere fatto già nel 1992, quando con l’Urss si dissolse anche il Patto di Varsavia. Invece, asimmetricamente, l’Occidente decise all’epoca di tenersi ben stretto il “suo” Patto atlantico, per non meglio precisati motivi di sicurezza, malgrado che questo atteggiamento fosse incompatibile e anacronistico data la letterale “scomparsa” del suo nemico giurato. Con il senno di poi, andava sciolta contestualmente in quel 1992 anche la Nato, come geostrategicamente sarebbe stato consigliabile, individuando per l’appunto, un nuovo “Trattato comune sulla sicurezza in Europa”, garantito dagli Stati Uniti. Aspettiamo, allora, il dopo-Putin, per capire se l’Occidente farà ancora in tempo a recuperare la Santa Madre Russia!
di Maurizio Guaitoli