lunedì 26 maggio 2025
Ogni volta che facciamo riferimento ai nostri principi costituzionali di libertà e uguaglianza e solidarietà dovremmo informarci su ciò che è realmente accaduto storicamente. Quando, come cittadini europei, facciamo riferimento alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, dovremmo conoscere la realtà dei fatti storici accaduti ad Haiti. La Francia che si vanta di essere la culla dei tre principi di Libertà, Uguaglianza e Fratellanza, sanciti con la redazione della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino con la Rivoluzione francese, dovrebbe avere almeno il decoro umanitario di prendersi le sue responsabilità storiche. Nel rispetto dei parametri sul debito pubblico imposto dall’Unione europea, bisognerebbe tener conto di quanto la ricchezza francese sia stata prodotta dallo sfruttamento delle sue ex colonie e quanto questo suo sfruttamento non sia stato mai interrotto. Come non ricordare la politica di strozzinaggio tuttora in atto nei confronti dei Paesi africani sub sahariani dove il franco nero (stampato in Francia) è lo strumento pecuniario francese per sfruttare le risorse presenti in quelle zone. La Francia, addirittura, impedisce l’emancipazione agricola ed economica dei suddetti Paesi africani, vendendogli quei prodotti agroalimentari che essi stessi potrebbero produrre autonomamente, con condizioni geoclimatiche anche più indicate e quindi migliori. Nonostante ciò, i transalpini si permettono di rivendicare un debito pubblico più basso e perciò più virtuoso di altri Paesi membri dell’Ue, alzando la voce, omettendo di dire che il debito pubblico sarebbe molto più alto se non continuassero a sfruttare le loro ex colonie e le risarcissero per tutti i danni economici causati. Invero, la vergognosa arroganza francese va oltre ogni immaginazione, visto che si permette anche di non rispettare il rapporto deficit-Pil stabilito dall’Ue.
Le responsabilità storiche della Francia non finiscono qua, dal momento che Haiti è ancora una ferita aperta nel cuore delle Americhe e non solo per i terremoti, la miseria cronica o la violenza endemica. Haiti è la prova vivente di un’ingiustizia storica mai riparata, di una colpa della Francia che ancora oggi resta senza espiazione. Infatti, essa rappresenta il simbolo di una punizione esemplare inflitta a chi, due secoli fa, osò spezzare le catene della schiavitù e proclamarsi libero. Invero, era il 1804 quando l’isola di Saint-Domingue, colonia francese tra le più ricche dell’impero napoleonico, si ribellava e conquistava l’indipendenza. Una rivoluzione straordinaria, condotta dagli schiavi stessi sotto la guida di Toussaint Louverture e Jean-Jacques Dessalines. La nascita della Prima Repubblica nera del mondo, fondata da ex schiavi, fu un evento che l’Europa non seppe — o non volle — accettare. Nel 1825, la risposta francese arriva sotto forma di cannoni: una flotta di guerra di re Carlo X si presenta davanti a Port-au-Prince con un ultimatum. O Haiti paga 150 milioni di franchi d’oro, come “risarcimento” per i coloni francesi che avevano perso schiavi, terre e profitti, oppure subirà una nuova invasione. Un ricatto legalizzato. Un’estorsione imperiale. Così, per pagare, Haiti fu costretta ad accendere prestiti con le stesse banche francesi. Tassi usurari, interessi capestro. Anche quando il debito viene ridotto a 90 milioni nel 1838, il danno era ormai fatto: per oltre un secolo, l’80 per cento del bilancio statale finirà a Parigi. Nessun investimento in scuole, ospedali o infrastrutture. Solo un lento strangolamento economico che ha compromesso il futuro del Paese. Quel debito, ribattezzato “il doppio debito” per le cifre versate sia alla Francia sia agli istituti di credito, sarà estinto solo nel 1947. Ma il costo, in termini di sviluppo, è incalcolabile. Secondo il New York Times, Haiti ha perso tra i 21 e i 115 miliardi di dollari in opportunità mancate. Un’erosione sistematica della sua sovranità, camuffata da ordine finanziario. Nel frattempo, i porti francesi di Nantes e Bordeaux prosperavano grazie alla tratta, al rum e allo zucchero haitiani. La Banque de France, oggi simbolo della stabilità monetaria europea, nacque anche grazie a quei flussi. Le ricchezze della metropoli si accumulavano mentre la ex colonia affondava sotto il peso di un debito ingiusto.
Eppure, in Francia, il silenzio persiste. Nei libri di scuola, la storia di Haiti è una nota a piè di pagina. Le istituzioni finanziare si sottraggono a qualsiasi confronto. La legge del 2001, che definisce la schiavitù un crimine contro l’umanità, è rimasta priva di conseguenze concrete. Ogni 10 maggio, la Giornata della Memoria viene celebrata con solenni dichiarazioni, ma senza politiche di riparazione. Nel 2003, l’allora presidente haitiano Jean-Bertrand Aristide osò chiedere ufficialmente alla Francia un risarcimento di 21 miliardi di dollari. Non per vendetta, ma per finanziare sanità, educazione, rinascita. L’anno successivo, Aristide fu deposto in circostanze controverse. E la comunità internazionale, compresa Parigi, voltò lo sguardo altrove. Anche economisti come Thomas Piketty hanno tentato di riaccendere la discussione, stimando in almeno 30 miliardi di euro il debito storico che la Francia dovrebbe riconoscere. Ma nei palazzi del potere, ogni appello rischia di aprire un vaso di Pandora che metterebbe in discussione secoli di dominio coloniale. Haiti non chiede solo denaro. Chiede memoria, giustizia, restituzione. Chiede di rompere quel silenzio che pesa quanto una condanna. Perché la povertà haitiana non è una colpa, né una fatalità. È il risultato di una punizione storica inflitta per aver osato troppo. Per aver dimostrato che un popolo schiavo poteva essere sovrano. Finché quella verità non sarà riconosciuta, finché quella catena invisibile non sarà spezzata, ogni discorso su sviluppo o cooperazione resterà vuoto. Haiti non è povera per caso. Pertanto, Haiti è stata impoverita scientemente e ora, giustamente, chiede ciò che ogni nazione libera merita: dignità, rispetto, giustizia. Al postutto, quando i sedicenti democratici si riempiono la bocca di valori imprescindibili come quello della libertà, quando si preoccupano di denunciare l’aumento dei dazi di Donald Trump per fronteggiare i dazi applicati da parte dell’Ue nei confronti degli Usa, dovrebbero preoccuparsi in modo prioritario del fatto che Haiti è ancora affamata dallo sfruttamento della Francia, in quanto non ha mai risarcito Haiti per tutti quei miliardi di euro estorti impunemente durante il suo colonialismo.
di Fabrizio Valerio Bonanni Saraceno