Tripolitania: il problema non sono le milizie

giovedì 22 maggio 2025


Dopo la deposizione nel 2011 del presidente di tutta la Libia Muammar Gheddafi, operazione geostrategica nefasta e opportunistica voluta da una buona parte della Nato, Francia in testa, lo Stato nordafricano soffre di una cronica, ma differenziata, instabilità.

Brevemente, nel 2014 il Paese si è diviso tra un governo favorito dall’Onu a Tripoli, e quindi con un riconoscimento internazionale, mentre in Cirenaica il maresciallo Khalifa Haftar (febbraio 2015), dopo articolate manovre politico-militari, ha assunto il potere, riconosciuto dal popolo, quindi non creato, ponendosi a capo dell’autoproclamato Esercito nazionale libico. La terza regione, il Fezzan, è tradizionalmente ordinata con la presenza di un centinaio di gruppi tribali che controllano settori geografici specifici e non ostili al governo di Haftar. Tuttavia, il Governo di Tripoli galleggia in una instabilità politica persistente e fino ad ora è sopravvissuto grazie alla forza economica di accordi commerciali con quell’Occidente che lo ha creato. Ma in questi contesti le criticità quando emergono sono deflagranti. Infatti, Tripoli è regolarmente scossa da tensioni e ultimamente anche da scontri armati che hanno causato vittime. Tali ondate di violenza non si riscontravano dall’estate 2023.

Come accade in contesti di guerriglia urbana, dove gruppi di milizie si scontrano con l’esercito governativo, chi soffre è la popolazione che si trova intrappolata in battaglie urbane. Alcuni video presenti sui social hanno rivelato la criticità del momento, esplosa soprattutto in questi ultimi 10 giorni: scene notturne dove spari e colonne di fumo tratteggiano il pericolo che esiste anche in quartieri residenziali. Qui si vedono veicoli blindati e uomini armati che pattugliano strade e sovente si scontrano con milizie chiaramente antigovernative. Ma le violenze esplose a Tripoli negli ultimi giorni non possono essere motivate solo dal malcontento dei tripolini, ma soprattutto dalla scarsa capacità del creato Governo di Unità nazionalenon troppo chiara quale unità – che non ha avuto la capacità di controllare i gruppi di potere delle milizie nati e sviluppati all’interno della Tripolitania, non della Libia.

Quindi, gli scontri che si stanno celebrando a Tripoli sono causati dal contrasto tra i gruppi miliziani, che nati per supportare il governo, ora, assaporato il potere, tentano di allargare i propri ambiti di controllo e gestione. Insomma una parcellizzazione del potere centrale, in un primo momento funzionale alla gestione di alcuni settori del Paese, che ora sta sgretolando quella parvenza di “unità nazionale” rappresentata dal governo della Tripolitania. In pratica si riflette, con modalità meno definita, ciò che sta accadendo in Sudan dove le milizie Rsf, Gruppo di supporto rapido, nate per appoggiare le forze governative, da circa due anni combattono per subentrare all’esercito nazionale, quindi al governo del Paese.

Nel caso della Tripolitania, ribadisco non della Libia, gli scontri sono anche tra la milizia Ssa, Stability support apparatus, di matrice governativa e l’esercito regolare fedele all’attuale capo del governo Abdel Hamid Dbeibah. Operazioni militari e di intelligence, hanno portato all’eliminazione da parte governativa di Abdel Ghani el-Kikli, conosciuto come Gheniwa, avvenuta il 12 maggio scorso. L’uccisione del capo della Ssa non ha risolto né la questione dell’influenza sulla Tripolitania di questo gruppo, né tantomeno ha placato le criticità presenti nella regione. La milizia Ssa ha assunto un enorme potere all’interno della Tripolitania, al punto di controllare buona parte del panorama politico, sociale, economico e finanziario, comprese sei banche della Regione. Inoltre la poco credibile Cpi, Corte penale internazionale, ha affermato che il nipote di Gheniwa, membro influente della milizia Ssa, insieme ad alcuni suoi scagnozzi, si sono macchiati di Crimini contro l’umanità uccidendo una decina di civili tripolini.

Ma tra i gruppi armati che parcellizzano il potere del Governo di Tripoli vi è anche la potente Forza al-Rada, Forze speciali per il contrasto al terrorismo e al crimine organizzato, che controlla la parte orientale di Tripoli e l’aeroporto. Milizia nella quale riveste un ruolo di vertice il noto Ousama Al Masri Nejim, già con mandato di arresto internazionale emesso dalla Cpi ad ottobre 2024. Ma anche lo scioglimento dichiarato dal governo – in pratica inefficace – di queste milizie organizzate militarmente come l’esercito regolare, avvenuto a seguito di questi tumulti, non ha portato che a conflitti armati localizzati. Al momento, vige una apparente tregua tra i potenti gruppi miliziani e il Governo, supportato anche dalla Brigata 444, altra milizia per ora filogovernativa, anche se un comunicato ufficiale della milizia Ssa ha dichiarato che la morte del loro leader non fa che rafforzare la loro determinazione a perseguire senza sosta i responsabili – i governativi – lasciando intendere che la questione non è conclusa.

Ora Dbeibah sta tentando di riprendere il controllo dei numerosi gruppi armati che condividono la gestione delle istituzioni chiavi di Tripoli e della Tripolitania. Un’operazione complessa vista la scarsa credibilità che il Governo imposto dall’Occidente suscita su un popolo che agogna a un leader diverso. Quindi la problematica non è tanto sulla protesta dei cittadini, ma sullo sbilanciamento dei poteri che si è creato all’interno del sistema di forze della Tripolitania.

E anche se a livello politico la questione resta fluida, la certezza va vista a Oriente, dove a Bengasi, capitale della Cirenaica, siede un militare, Haftar, con caratteristiche simili a Gheddafi, non imposto dall’esterno e dotato di peculiarità che garantiscono stabilità alla regione e fiducia a livello internazionale, in particolare alla Russia. Quindi, il problema della Libia nel suo complesso è la Tripolitania, dove l’Occidente ha creato un governo che non riesce a governare nemmeno Tripoli.


di Fabio Marco Fabbri