Il peccato originale di Biden (e del suo cerchio magico)

mercoledì 21 maggio 2025


Joe Biden sapeva. Di essere in cattiva salute e di non essere dunque in grado di ricandidarsi alla Presidenza degli Stati Uniti. Sapeva, ma ha voluto riprovarci ugualmente. Sperando, forse, che la macchina del fango avviata dal suo partito contro Donald Trump gli avrebbe reso più semplice una campagna elettorale a rischio. E invece è arrivato il 28 giugno. Confronto con il tycoon alla Cnn. Il presidente uscente appare in evidente confusione: discorsi sballati, vuoti di memorie, pause inquietanti, numeri dati a caso e sguardo perso nel vuoto. Il giorno dopo il disastro la Casa Bianca opta per la modalità Jurij Andropov: il presidente è stanco, ammettono, e ha pure il raffreddore (proprio come disse il Cremlino poche ore prima della morte del segretario del Pcus; Giorgio Forattini reagì con la solita vignetta geniale: sullo sfondo la Cattedrale di San Basilio, in primo piano una bara e la scritta “Etcì!!!”. Numero uno). Poi in un comizio in North Carolina il vecchio leone prova a ruggire. Sarà l’ultima volta. “So che non sono più giovane, non cammino o non parlo più come prima, ma so quello che faccio, so come dire la verità, so distinguere il bene dal male, so come si fa questo lavoro, E so, come milioni di americani, che quando sei a terra ti rialzi!”.

Non si rialzerà. Tre settimane dopo arriva l’annuncio del ritiro dalla corsa per la Casa Bianca, con il testimone preso in corsa da Kamala Harris. Una decisione che in molti cittadini ha fatto balenare dubbi legittimi sulla capacità di Biden di potersi candidare a governare gli Stati Uniti per altri 4 anni. Se lo sono chiesto anche i giornalisti della Cnn e di Axios, Jake Tapper e Alex Thompson, autori di Original Sin. President Biden’s decline, its cover-up, and his disastrous choice to run again (Il peccato originale. Il declino del presidente Biden, i suoi insabbiamenti e la sua scelta disastrosa di ricandidarsi), uscito il 20 maggio, pochissime ore dopo l’annuncio dello stesso Biden di essere affetto da un cancro alla prostata. La tesi (e l’accusa) degli autori è che il presidente uscente sapeva di essere in cattiva salute e quindi inadeguato (unfit, come titolò l’Economist su Silvio Berlusconi“Unfit to run Italy”) alla gestione del potere, e dunque lo ha nascosto agli Usa e al mondo. È quanto emerge da quanto dichiarato dalle 200 persone da loro intervistate dopo le elezioni del 5 novembre scorso, tra cui consiglieri della Casa Bianca, membri del Congresso e membri o donatori del Partito democratico. Le cui testimonianza sembrano lasciare pochi dubbi. Si racconta, infatti, di tanti, troppi momenti di confusione: dimenticanza di nomi e volti, difficoltà nello svolgimento di determinati compiti, linguaggio incoerente, perdita del filo del discorso, difficoltà di movimento e aspetto disorientato. Situazioni preoccupanti che sono emerse nella seconda metà del suo mandato, e dunque nel biennio 2023-2024. Come in una delle tante serate di raccolta fondi, presentata in quella occasione da George Clooney, che Biden non riconobbe, nonostante lo conoscesse personalmente da 15 anni. Malgrado ciò, il cerchio magico di Biden, contro cui gli autori puntano legittimamente il dito, ha pensato bene di sostenere la candidatura per il secondo mandato, pensando di poter riuscire a nascondere il declino cognitivo e fisico di un signore di 80 anni in un momento cruciale per la democrazia americana.

I veri “colpevoli”, dunque, sono chi ha mentito per mesi non solo alla stampa, ma al popolo americano, ai membri del suo stesso gabinetto Biden, allo staff della Casa Bianca, ai membri democratici del Congresso e ai donatori tutti, sulla gravità della situazione. Secondo gli autori i segretari di gabinetto non informavano più direttamente il presidente regolarmente, ma i collaboratori più importanti della Casa Bianca, che a loro volta informavano Biden. A Washington l’imperativo era fare in modo che Biden incontrasse il minor numero possibile di persone e limitasse gli orari di lavoro. Ma una presidenza americana che si rispetti, si fa notare, deve fare affidamento su una persona che possa essere svegliato alle 2 del mattino, in caso di emergenza. La realtà emersa dal libro, invece, è che dal 2024 non si poteva più fare affidamento sulla lucidità di Joe Biden. E qui, naturalmente, si moltiplicano dubbi e perplessità (un po’ come accade in Vaticano con i papi malati e il vuoto di potere che si crea di conseguenza negli ultimi mesi-settimane prima del decesso, è accaduto con Jorge Mario Bergoglio e ancora più con Giovanni Paolo II) su chi prendeva realmente le decisioni al 1600 di Pennsylvania Avenue.

Negli ultimi mesi, sostengono gli autori, i collaboratori più stretti di Biden hanno scelto la strategia della protezione: niente cattive notizie, “volevano sempre che fosse felice”, proprio come un bambino. È su questo castello di omertà e bugie (il peccato originale, appunto) che l’elezione di Donald Trump affonda le sue radici. Nella buona tradizione americana, ma pur senza formulare ipotesi mediche, i due giornalisti si chiedono quando sia stata fatta davvero la diagnosi di cancro alla prostata, se questo sia sufficiente a spiegare l’entità dei sintomi percepiti negli ultimi due anni e sulle conseguenze che l’occultamento delle condizioni di Joe Biden potrebbe aver avuto. Il peccato originale, insomma, ha indebolito la campagna elettorale dei democratici e ha aperto un’autostrada a otto corsie per il ritorno di The Donald.


di Pierpaolo Arzilla