Hamas libererà un ostaggio (senza cerimonia)

lunedì 12 maggio 2025


Hamas tenta di avvicinarsi alla tregua. E Donald Trump vorrebbe annunciare il cessate il fuoco prima del suo arrivo in Medio Oriente. I terroristi stanno per rilasciare Idan Alexander, ostaggio con doppia cittadinanza israelo-americana, mentre si moltiplicano le manovre diplomatiche in vista dell’imminente viaggio del tycoon ospite da vari Paesi arabi. “Questa mossa dovrebbe aprire la strada a negoziati per la liberazione degli ostaggi secondo il piano originale di (Steve) Witkoff, già accettato da Israele”, ha annunciato l’ufficio di Benjamin Netanyahu nel primo pomeriggio. Secondo quanto riferito da fonti interne al movimento palestinese al quotidiano saudita Asharq al-Awsat, il rilascio dell’ostaggio avverrà “senza una cerimonia pubblica”, su precisa richiesta statunitense. Le brigate al-Qassam, ala militare di Hamas, filmeranno il momento, ma la decisione finale sulla diffusione del video sarà rimessa alla dirigenza, in coordinamento con il braccio politico, per evitare qualsiasi problema che possa turbare l’amministrazione americana.

“Idan Alexander, l’ostaggio americano ritenuto morto, sarà rilasciato da Hamas. Ottima notizia”, ha scritto il presidente Usa su Truth, preannunciando un’operazione che le Forze di difesa israeliane ritengono avverrà nel nord della Striscia. Idan, prigioniero da 584 giorni, sarà consegnato alla Croce Rossa, poi trasferito in elicottero in una struttura ospedaliera in Israele, dopo i controlli medici delle forze armate. Tuttavia, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu avrebbe raffreddato le aspettative: il rilascio di un ostaggio non cambierà la postura militare di Israele. In un comunicato diffuso dal suo ufficio, ha ribadito che i negoziati per la liberazione degli ostaggi proseguiranno “sotto il fuoco nemico”, mentre Tel Aviv prepara da giorni “un’intensificazione dei combattimenti”.

IL VIAGGIO DI TRUMP IN MEDIO ORIENTE

Sono ore di attivismo tra le cancellerie arabe e la Casa Bianca, alla vigilia del viaggio di Donald Trump nella penisola arabica. Il presidente vorrebbe – in un mondo perfetto – annunciare la tregua, la liberazione di ostaggi e l’invio di aiuti umanitari a Gaza direttamente dal territorio del Golfo, rispondendo così al pressing delle monarchie della regione che gli chiedono una dichiarazione ufficiale durante la missione. Steve Witkoff, inviato speciale della Casa Bianca e già protagonista del recente colloquio con lIran sul nucleare, guida i contatti con le controparti di Israele, Egitto, Qatar e Hamas. Secondo un alto funzionario gazawi citato da Reuters, sono in corso trattative dirette tra Hamas e gli Stati Uniti per definire una tregua temporanea e un nuovo canale umanitario. L’ultima proposta di Washington prevederebbe il rilascio di dieci ostaggi in cambio di un cessate il fuoco di 70 giorni – Israele ne chiede 45 – con l’obiettivo di giungere, in quella finestra, a un’intesa politica di più ampio respiro. Witkoff ha fatto sapere ai mediatori che Washington sarebbe disposta ad accettare la presenza di Hamas in un futuro governo locale – in cambio della fine della guerra – a condizione che “abbandoni il terrorismo, deponga le armi e accetti l’apertura di un percorso politico”.

Da Gaza è giunta una corposa controproposta, che rilancia su tutti i fronti: cessate il fuoco permanente, ritiro totale dell’Idf, scambio simultaneo di tutti gli ostaggi con detenuti palestinesi, e l’istituzione di un’amministrazione indipendente dotata di pieni poteri. Secondo fonti arabe, Hamas si direbbe disponibile ad accettare “dispositivi di sicurezza” non meglio precisati per garantire stabilità, interrompere la produzione militare, fermare gli scavi dei tunnel e bloccare il contrabbando, sottoponendo la gestione delle armi a supervisione esterna. Il Cairo, nel frattempo, ha inviato un chiaro segnale di disapprovazione a Netanyahu dopo il via libera di Gerusalemme a una nuova vasta offensiva su Gaza: non nominerà un nuovo ambasciatore a Tel Aviv e congelerà le credenziali dell’ambasciatore israeliano al Cairo. Una scelta che rafforza la posizione delle cancellerie arabe contro quella che, sembrerebbe anche a detta di Trump, appare come “uno sforzo sprecato”, in contrasto con il piano di stabilizzazione e ricostruzione dell’area.

Dal canto suo, The Donald ha minimizzato le notizie di frizioni sul fronte Usa-Israele. “Non ci sono disaccordi”, ha aggiunto il premier israeliano davanti alla Commissione esteri, confermando che “i contatti con l’amico Trump sono costanti”. Ma l’agenda mediorientale del presidente Usa va oltre Gaza. A Riad, martedì, parteciperanno anche Abu Mazen (Anp), Joseph Aoun (Libano) e Ahmed al-Sharaa (Siria), invitati dal principe ereditario saudita Mohammed bin Salman, che intende spingere per la creazione di uno Stato palestinese, anche come forma di contenimento delle spinte più radicali interne al regno. La missione presidenziale sarà accompagnata da una delegazione che testimonia la portata economica e strategica del viaggio: Mark Zuckerberg, Elon Musk, Sam Altman (OpenAI), e Larry Fink (BlackRock) sono attesi in Arabia Saudita per discutere progetti di investimento transcontinentali tra Atlantico e Oceano Indiano. Tra i dossier più pesanti, un possibile contratto da 100 miliardi di dollari per la fornitura di armamenti.

Infine, il commander-in-chief non farà tappa in Israele, ma manterrà un canale attivo con Netanyahu. Solo cinque giorni fa Ron Dermer, uno dei più stretti collaboratori del premier – nonché ministro degli Affari strategici di Israele – è stato ricevuto alla Casa Bianca per colloqui su Gaza e sul nucleare iraniano.


di Zaccaria Trevi