“Città intelligenti” per gente presumibilmente stupida

lunedì 12 maggio 2025


L’Occidente è riuscito a sfuggire al controllo totalitario globale del World Economic Forum?

C’è stato un tempo in cui l’Occidente, ben prima dei lockdown dovuti al Covid-19, fingeva di preoccuparsi di questioni come la libertà, il diritto alla privacy e i pericoli della sorveglianza e della raccolta di dati sui propri cittadini. Lo stato di sorveglianza cinese veniva, almeno pubblicamente, descritto per lo più come un fenomeno abominevole che minacciava i diritti umani, non come un esempio da emulare.

Purtroppo, non sembra più essere così. Da anni, in nome della sostenibilità ambientale, dell’efficienza energetica, della sicurezza e della convenienza, le Nazioni Unite e il World Economic Forum (Wef), il Forum economico mondiale, guidato da Klaus Schwab, promuovono la sorveglianza globale sotto forma delle cosiddette città “intelligenti” (smart city). In Cina, già nel 2018, esistevano più di 500 città intelligenti.

Durante il Covid-19, le Nazioni Unite e il Wef hanno coniato lo slogan: “Build Back Better” (“ricostruire meglio”), ripreso dall’allora presidente degli Stati Uniti Joe Biden. Innumerevoli leader nazionali, come piccoli robot programmati dall’Onu e dal Wef, hanno ripetuto all’infinito lo slogan, mentre la maggior parte degli ignari cittadini non aveva idea del suo significato. I leader nazionali hanno iniziato a ringraziare la pandemia di Covid-19 per aver offerto un’opportunità unica di “ricostruire meglio” dopo la distruzione che le loro stesse misure anti-Covid, in particolare i lockdown, avevano provocato. Biden ha presentato un piano da mille miliardi di dollari per “ricostruire meglio”, che ha tra le sue massime priorità, “la lotta al cambiamento climatico” attraverso la costruzione di “infrastrutture intelligenti”.

Il Wef, ben lungi dal nascondere le sue aspirazioni comuniste, ha sostenuto in un documento che il capitalismo stesso dovrebbe essere “reinventato”. Come è noto, Schwab sembra essere un grande ammiratore dello Stato comunista cinese, che nel 2022 ha elogiato come “modello” da emulare. “Penso che dovremmo essere molto cauti nell’imporre sistemi. Ma il modello cinese è certamente un modello molto attraente per un certo numero di Paesi”, ha dichiarato Schwab alla televisione di Stato cinese.

Secondo l’Onu e il Wef, il modo per “ricostruire meglio” è quello di creare “città smart”: “Più del 90 per cento dei casi di Covid-19 si è verificato nelle aree urbane, che sono diventate l’epicentro della pandemia. (...) Ora abbiamo la possibilità di riprenderci meglio, costruendo città più resilienti, inclusive e sostenibili. Innovazioni e tecnologie come l’Internet delle cose (IoT) o l’Intelligenza artificiale (Ia) offrono l’opportunità di migliorare i servizi urbani e di raggiungere una maggiore efficienza amministrativa. Il concetto di ‘città intelligenti’, che può contribuire a stimolare la crescita inclusiva, promuovere l’inclusione sociale, ridurre la congestione del traffico, combattere la criminalità, migliorare la resilienza durante i disastri naturali e ridurre le emissioni di gas serra, ha il potenziale per risolvere i problemi urbani sia nei Paesi in via di sviluppo che in quelli sviluppati”.

Schwab ha paragonato il “cambiamento climatico” al Covid-19, definendolo perfino un “virus”, nel dicembre 2024: “È quindi ormai diffusa la consapevolezza, generalmente accettata, che il cambiamento climatico, se non lo affrontiamo, potrebbe essere il prossimo grande, per così dire, ‘virus’, con conseguenze molto più devastanti e a lungo termine, rispetto al Covid-19”.

Sulla carta, la città intelligente viene in genere presentata come una benedizione tecno-utopica. Il National Geographic, in un testo per bambini, la definisce così: “Una smart city è quindi una città in cui un sistema di sensori (spesso centinaia o migliaia) viene utilizzato per raccogliere dati elettronici da e su persone e infrastrutture con l’obiettivo di migliorare l’efficienza e la qualità della vita. Residenti e dipendenti comunali, a loro volta, possono disporre di app che consentono loro di accedere ai servizi cittadini, di ricevere e segnalare interruzioni, incidenti e crimini, di pagare tasse, pedaggi e così via. Nelle città intelligenti, l’efficienza energetica e la sostenibilità sono aspetti prioritari”.

In realtà, lo scopo della smart city, come si evince dalla sua diffusione in Cina, ha ben poco a che fare con il miglioramento della qualità della vita. Si tratta piuttosto in gran parte di un sistema di sorveglianza e controllo assoluto dei cittadini da parte dello Stato, a cui si aggiunge l’estrazione sistematica dei dati di ogni persona per alimentare un sistema di crediti sociali. Secondo la Mit Technology Review: “Il governo sembra credere che tutti questi problemi siano vagamente legati alla mancanza di fiducia e che per ripristinare la fiducia sia necessaria una soluzione unica. Pertanto, proprio come il ‘punteggio’ di credito finanziario aiuta a valutare l’affidabilità creditizia di una persona, si ritiene che alcune forme di ‘credito sociale’ possono aiutare le persone a valutare l’affidabilità altrui sotto altri aspetti”.

La propaganda del National Geographic sui vantaggi delle città intelligenti ricorda in modo inquietante il modo in cui i comunisti cinesi promuovevano la smart city quando era ancora ai suoi albori. Il sindaco Chen Xinfa di Karamay, una città dello Xinjiangha dichiarato nel 2012: “La tecnologia dell’informazione non riguarda solo la tecnologia. Dovrebbe essere integrata in tutti gli aspetti della vita urbana e rendere la vita delle persone più comoda. La ‘città intelligente’ potrebbe anche allertare i leader cittadini come me sulle azioni urgenti da intraprendere nella gestione urbana o in situazioni di emergenza. Per Karamay, non stiamo parlando del futuro, ma del presente”.

Lo Xinjiang è una “regione autonoma” della Cina, dove gli uiguri sono stati tra i primi nel Paese a essere monitorati 24 ore su 24, 7 giorni su 7, tramite tecnologie di sorveglianza e riconoscimento facciale.

Le città intelligenti, infatti, sono un’idea del Partito comunista cinese, consolidata dal governo cinese nel suo 12° Piano quinquennale, emesso nel 2011.

In Cina, le smart city sono state deliberatamente trasformate in terrificanti incubi tirannici. In molte città, tra cui Shanghai e Hangzhou, ogni distretto ha un data-hub, chiamato “City Brain”, che monitora e archivia incredibili quantità di informazioni su tutti i cittadini. Questi dati vengono raccolti da milioni e milioni di telecamere di sorveglianza dotate di software di riconoscimento facciale, supportate dall’Intelligenza artificiale. Registrano tutto, dall’operaio edile che indossa il casco durante il lavoro allo smaltimento improprio dei rifiuti e altri reati minori. Le pattuglie di polizia accedono ai sistemi di sorveglianza tramite un’applicazione mobile, consentendo loro di intervenire immediatamente in caso di violazioni.

Questo sistema “intelligente” si sta progressivamente estendendo in tutta la Cina. Secondo la Deutsche Welle, “i media statali cinesi si vantano del fatto che la polizia possa identificare ogni singola persona per strada in un solo secondo”. I cittadini cinesi sono monitorati in ogni momento della loro vita quotidiana, anche quando entrano nel proprio condominio: durante il lockdown, la polizia poteva intervenire immediatamente contro chiunque osasse infrangere il divieto di uscire di casa.

Ogni infrazione o reato commesso abbassa il punteggio di credito sociale, il che può portare all’inserimento nella lista nera per viaggiare su aerei e treni ad alta velocità, al divieto di lasciare il Paese, al rifiuto di accedere ai servizi e persino al divieto di affittare un appartamento. Questo è il sistema cinese che Schwab ammira così apertamente.

Questi aspetti totalitari e terrificanti delle smart city, che Schwab e i globalisti del Wef ammirano tanto, così come la loro origine, vengono raramente, se non mai, menzionati nelle descrizioni del concetto da parte dei media mainstream. Secondo un articolo del 2024 della World Population Review: Di fronte alla crescita della popolazione urbana mondiale, le città intelligenti e la loro tecnologia consentono ai governi di monitorare e migliorare gli aspetti finanziari, sociali e ambientali della vita di residenti e visitatori, rendendola più piacevole, efficiente e sostenibile. Aziende pubbliche e private ed autorità federali, statali e comunali collaborano per rendere possibili le smart city. “Le città intelligenti sono nate in Europa e Barcellona e Amsterdam sono state tra le prime ad adottarle. (...) Negli Stati Uniti, San Francisco, Atlanta, New York City, Miami, Denver, Boston, Columbus, Chicago e Kansas City sono state tra le prime città intelligenti americane”.

Non una parola sulla Cina e sulle sue oltre 500 smart city, perché questo potrebbe far sorgere dubbi sul piano. Meglio fingere che si tratti di un concetto europeo.

Nel 2023, Mobile Magazine ha affermato falsamente che “le prime 10 città intelligenti che stabiliscono il ritmo dell’innovazione globale” si trovano in Europa, seguite dalle città degli Stati Uniti, e che “attualmente ci sono più di 140 città intelligenti in tutto il mondo”, omettendo completamente qualsiasi riferimento alla Cina e alle sue oltre 500 città intelligenti.

Già nel 2014, quando il dibattito pubblico sulla questione era ancora caratterizzato da critiche alle smart city cinesi, l’Us-China Business Council scriveva: “Ancora più preoccupante è il fatto che questi sistemi offrono un livello di sorveglianza e controllo degli spazi pubblici senza precedenti, data l’enorme quantità di dati personali che consentono di raccogliere. In tutto il mondo, le città sono ancora nelle fasi iniziali di comprensione e gestione delle capacità che questi sistemi possono offrire, e le aziende tecnologiche per le smart city non si sono dimostrate così proattive come avrebbero dovuto sulle questioni relative alla privacy e alla sicurezza dei dati. In Cina, non c’è stato alcun dibattito su questo aspetto della visione delle smart city, e alcune aziende internazionali, come Cisco, sono state criticate nei loro mercati nazionali per aver fornito tecnologie di sorveglianza alla Cina”.

Oggi, a quanto pare, nessuno sembra più preoccuparsi delle tecnologie di sorveglianza. Fa tutto parte della “nuova normalità” o, per usare le parole del Wef, del “Grande Reset”.

“La crisi del Covid-19 ci ha dimostrato che i nostri vecchi sistemi non sono più adatti al XXI secolo”, ha affermato Schwab nel 2020. “In breve, abbiamo bisogno di un grande ripristino”.

Secondo il Wef (curiosamente il miliardario Re Carlo era il partner del Wef nel lancio di questa iniziativa) abbiamo bisogno di una “forma migliore di capitalismo” e per questo il World Economic Forum sta riunendo “le menti migliori del mondo per cercare di creare un pianeta migliore, più equo, più verde e più sano mentre ci ricostruiamo dopo la pandemia”.

Il ruolo del Wef nello sviluppo delle città intelligenti a livello globale è fondamentale. Il Wef, ad esempio, pur non essendo eletto da nessuno guida l’iniziativa del G-20 sulle città intelligenti del 2022, che descrive come segue: “Guidata dal World Economic Forum, la G20 Global Smart Cities Alliance on Technology Governance è la più grande iniziativa globale volta a garantire un utilizzo responsabile ed etico delle tecnologie delle città intelligenti. Sviluppa, testa e implementa standard e politiche globali per garantire che i dati raccolti in luoghi pubblici siano utilizzati in modo sicuro ed etico, per attenuare i potenziali rischi e promuovere la fiducia del pubblico”.

Ma chi sorveglia i guardiani? L’intero concetto si basa sulla volpe che sorveglia il pollaio.

Schwab, che non è stato eletto, occupa anche un posto di rilievo alle riunioni del G20 per ragioni del tutto poco chiare, ma che potrebbero essere dovute al fatto che, in passato, diversi leader dei Paesi del G20 hanno partecipato al suo programma Young Global Leaders. In un’intervista del 2017, Schwab si vantava dell’influenza del Wef e sui leader politici degli Stati nazionali: “Siamo molto orgogliosi oggi che la generazione più giovane, quella a cui appartengono il primo ministro Justin Trudeau, il presidente dell’Argentina e così via, riesca ad ottenere l’accesso alle cariche ministeriali. Ieri, quindi, ho partecipato a un ricevimento in onore del premier Trudeau e so che metà, se non di più, del suo Gabinetto è composta (...) di fatto dai nostri giovani leader mondiali del World Economic Forum”.

Tra i laureati del programma Young Global Leaders figurano il presidente francese Emmanuel Macron, il ministro degli Esteri tedesco Annalena Baerbock, l’ex primo ministro irlandese Leo Varadkar, l’ex premier neozelandese Jacinda Ardern, numerosi ministri di governo provenienti da tutto il mondo, reali europei e leader del mondo dell’imprenditoria e della cultura. Schwab ha chiarito che lui e i suoi sodali politici ed economici hanno in serbo per il mondo libero un potere cupo e totalizzante: sorveglianza totale, controllo totale. Gli incontri annuali di Davos tenuti da Schwab, dove le élites politiche, economiche e culturali di tutto il mondo tengono riunioni segrete sul futuro del pianeta senza affrontare questioni cruciali, non sono ovviamente soggetti ad alcun tipo di trasparenza. Il Wef sembra così timoroso delle critiche e della trasparenza che ha disattivato i commenti sul proprio account X.

I leader eletti si recano a Davos per difendere ufficialmente gli interessi di “noi, il popolo”, ma in realtà vanno lì per venerare l’altare di Schwab. Accorrono al suo incontro annuale di gennaio, presumibilmente nella speranza che loro, gli unti, siano i prescelti per essere i governanti del suo politburo mondiale d’élite.

Forse anche loro, come Schwab, vogliono il controllo totale. Semmai, la gestione della pandemia di Covid-19 da parte dei leader mondiali, in particolare quelli occidentali, ha dimostrato senza ombra di dubbio un vivo desiderio di adottare i valori del Partito comunista cinese: lockdown estremi, chiusura delle “piccole” attività commerciali, pur consentendo alle grandi catene di negozi di rimanere aperte, chiusura delle scuole per i bambini, controllo dell’accesso delle persone agli spazi pubblici e privati, monitoraggio dei loro spostamenti, multe per le “violazioni” dei lockdown, imposizione dell’obbligo di indossare mascherine e l’obbligo di vaccinazione. In alcuni Paesi, come l’Australia, le persone sospettate di aver contratto il Covid-19 sono state addirittura messe in quarantena in appositi campi. Quando alcuni di loro, risultati negativi ai tamponi del giorno prima, hanno tentato di fuggire, sono stati arrestati a un posto di blocco della polizia allestito a tale scopo nelle vicinanze.

Tutte queste misure fondamentalmente totalitarie sono state adottate dai cosiddetti leader democratici in nome della “salute”.

Immaginate cosa saranno disposti ad adottare, per vostro conto ovviamente, in nome del “clima”.

(*) Tratto dal Gatestone Institute

(**) Traduzione a cura di Angelita La Spada


di Robert Williams (*)