martedì 6 maggio 2025
Fu per me illuminante leggere l’articolo Media Evo di Robert Kaplan, pubblicato in Italia dalla rivista Aspenia, nel numero 33 del 2006. In realtà tutto il numero era dedicato al tema Media Evo. Tra gli altri, molto importante un intervento del generale Carlo Jean (un faro nel settore militare, col suo insuperato Manuale di Studi Strategici del 2004). Il generale spiegava che “la comunicazione non è solo un moltiplicatore della potenza militare ed economica. Costituisce anche una potenza in sé. In questo senso è uno strumento di dominio delle opinioni pubbliche e quindi è parte delle categorie del controllo e del potere. Da quando la comunicazione è diventata globale, nella geopolitica esiste una nuova componente, denominata geocomunicazione. La sua importanza è crescente”. Jean proseguiva ricordando che il fatturato delle aziende di comunicazione e pubbliche relazioni superava (nel 2006) quello delle società automobilistiche, che allora dominavano ancora i mercati mondiali. “La comunicazione viene impiegata per indebolire la volontà dei dirigenti politici nemici e il morale del loro esercito o della loro popolazione (public diplomacy)”. Sembra che l’articolo parli di ciò che succede oggi.
Quanto al testo scritto da Robert D. Kaplan, il tema è chiaro: “La classe politica delle democrazie post-industriali non sembra più in grado di guidare la massa degli elettori, piuttosto tende ad assecondarne i (peggiori) istinti. La vera fonte del potere moderno va cercata altrove, nel potere irresponsabile dei media globali. I media si autoinvestono del ruolo di arbitri morali di un’epoca dai tratti medievali”. I padroni della stampa internazionale sono quindi i pifferai che seviziano il cranio delle masse, si sono impadroniti della pietra di paragone tra il bene e il male. Sono il nuovo papato assolutista, che decide ciò che si deve fare e ciò che si deve pensare.
Dal massacro del 7 Ottobre 2023 i media mainstream, progressisti, benpensanti, i supposti governatori della morale, rovesciano la realtà e prendono a schiaffi la verità. Ancora non era finito il giorno che ha rievocato la Shoah dei lager, e loro già accusavano – indirettamente o meno – tutta Israele. Siamo caduti in un nuovo caso Dreyfus, in un neonazismo allargato a sinistra? Di sicuro, mentre gli stupri di Hamas erano ancora in corso: madri davanti ai figli, figlie davanti ai genitori, già iniziava il bombardamento mentale anti “ebraico”. Gli sgozzamenti, lo scempio dei cadaveri trascinati con le auto sulle strade di Gaza, il corpo sventrato di donne ancora vive. Il 7 Ottobre non era neanche finito che già era pronta la rettificazione della realtà: era tutta colpa del governo israeliano, che diventava a priori, e davanti al massacro, quasi l’autore materiale della strage, perché Benjamin Netanyahu “sapeva” che tutto ciò sarebbe successo, e ha lasciato che succedesse, perché così avrebbe potuto colpire Gaza. Ma – se Netanyahu fosse così nazistalinista – avrebbe avuto bisogno di un massacro “voluto”? Non sarebbe stato più semplice invadere Gaza? Non c’è logica nell’errore.
Così gli sfasciacarrozze hanno continuato a fomentare l’opinione pubblica. Certo, Netanyahu poteva evitare di bombardare, lavarsi le mani e far finta di nulla. Sarebbe stata la falsa pace di cui tutti si insozzano la bocca. Israele si sarebbe trovata con un massacro orribile, sconfitta senza combattere com’era successo durante la Shoah, com’è continuato fino al 7 Ottobre, col mondo aizzato dal razzismo inconsapevole, fomentato da una parte consapevole del giornalismo, che ha emesso già da decenni la sua condanna a prescindere di Dreyfus-Israele, la sua condanna a prescindere di Gesù-Israele. Che dire infatti del Vaticano che vaticaneggiava e lacrimava soltanto su Gaza e villaneggiava soltanto contro Gerusalemme, come se si trattasse della guerra tra proletariato e borghesia (ma Hamas è ancora ricchissima)? Si è tornati ai tempi in cui gli “ebrei” erano accusati di deicidio, dimenticando che Gesù – ebreo – diede del Satana al discepolo Pietro, che voleva evitare con le armi la crocifissione.
Veniamo al misfatto dei media globali. Un intervento in video di Benjamin Netanyahu, viene condannato a morte dal Tribunale dei farisei. “Invaderemo Gaza”, titola La Repubblica. “Spazziamo via Gaza”, titola mefistolicamente La Stampa (mai caduta così in basso). Il Fatto (Mis-Fatto) titola – castamente quanto un’orgia da Marchese de Sade – “Bibi occupa e deporta. In Ue vietato parlarne”, e nell’occhiello spiega che Israele sbatterà in Egitto i palestinesi. Il Domani titola manco fosse il Grande Fratello: “Netanyahu vuole occupare Gaza”, e spiega le vele/il fiele al vento, aggiungendo tra virgolette che il premier israeliano avrebbe detto: “Faremo deportazioni di massa”. Tutto il mondo “benpensante” è contro Israele, incluso il New York Times, cosa mai successa nemmeno ai tempi di Adolf Hitler. Bertolt Brecht si rivolta nella tomba. Il quotidiano Libero almeno titola “Tornano i negozi vietati agli ebrei”. Ma il cattolico Avvenire insiste con un titolo insano: “Mire sulla Striscia”. Chi la pensa male non è mai esplicito. Allude. Non sparla apertamente. Basta un titoletto e sei con le spalle al muro, ti tengono gli occhi aperti con un nastro adesivo, ti legano mani e piedi e ti costringono a leggere le allusioni, anche se a te sembrano vergognose. Sto facendo un’iperbole? L’unica che scrive la cosa giusta nel modo giusto è Fiamma Nirenstein su Il Giornale.
Netanyahu non è né un santo né un demone, ed è sbagliato deformare le notizie che riguardano il premier israeliano e il popolo che da millenni fa da capro espiatorio di un’umanità che – comunque sia – non è certo migliore. Considerarsi portatori di bene e di verità è il male assoluto di questi tempi. Al solito, scrive Fiamma Nirenstein, i media attaccano “invece di cercare di capire cosa sta succedendo a Gaza: ieri il gabinetto di sicurezza ha approvato il piano che espande l’operazione dell’Idf a Gaza e prevede che dove l’esercito arriva là resterà, secondo il vecchio dettato strategico per cui la conquista deve essere tenuta per vincere qualsiasi guerra invece di proseguire negli avanti e indietro che hanno caratterizzato 19 lunghissimi mesi di guerra”. L’occupazione militare sospenderà quindi i bombardamenti. I palestinesi non saranno deportati, ma salvati dalle bombe e da Hamas. Non andranno in Egitto ma al sud di Gaza, dove una Ong (non Onu) provvederà a rifornirli di cibo, medicine e quanto necessario, ma direttamente a ogni famiglia, così che gli “aiuti” non finiscano più in mano di Hamas. Aggiunge Nirenstein: “Lo Stato ebraico ha fornito fino a marzo 600 camion di cibo al giorno”.
La nuova direttiva militare potrebbe dare nuove chance agli ostaggi ancora vivi: serve una pressione diretta sul territorio. Il puzzle immediato prevede una visita in Medio Oriente del presidente americano Donald Trump, che ieri ha avuto una lunga telefonata col suo omologo turco Recep Tayyip Erdoğan. Tra gli argomenti toccati Ucraina, Gaza e Siria (dove la Turchia vuole continuare a tessere la sua tela). Secondo Nirenstein Erdogan resta “arcinemico di Israele e capo dei Fratelli musulmani di cui Hamas fa parte”. Il puzzle non è completo: manca la tessera dell’Iran e del nucleare. Rimane nella polvere una giornata vergognosa per la stampa mondiale. Speriamo che si ritorni al pluralismo delle opinioni, e che i benpensanti che producono malefatte, escano dal dominio dei media così come sono usciti dal dominio della storia e dal dominio della politica (in parte). Speriamo che il nuovo fascismo faccia la fine degli odiatori di Alfred Dreyfus, sparendo nel nulla ma senza risorgere altrove come successe nella Francia a cavallo tra Ottocento e Novecento.
di Paolo Della Sala