martedì 22 aprile 2025
Anche nel dolore e nella tragedia – e nelle immagini foto giornalistiche che lo rappresentano e lo documentano – vige un doppio standard da ideologia woke. Molti, ad esempio, possono avere pensato come mai vengano premiate quasi esclusivamente le fotografie che ritraggono bambini palestinesi sfortunati come Mahmoud Ajoub che ha perso entrambe le braccia a causa dei bombardamenti israeliani su Gaza (primo premio World Press Photo 2025) ma risultino pressoché sconosciute ai più le fotografie altrettanto orrende dei bambini ebrei cotti nel forno a microonde o decapitati dai tagliagole di Hamas.
Io ricordo benissimo che quando le immagini di quel massacro avvenuto tra i kibbutz e il festival rave quella mattina presto del 7 ottobre 2023 cominciarono a circolare su X, messe ad hoc insieme a filmati raccapriccianti proprio da uomini di Hamas che avevano partecipato al massacro, alcuni dei quali avevano la pettorina press, la reazione media della maggior parte dei benpensanti di sinistra, anche tra miei amici e conoscenti, parlarono immediatamente di fake e di propaganda israeliana. E nemmeno dopo che venne fuori che le avevano messe in rete proprio i terroristi di Hamas e i loro complici travestiti da giornalisti palestinesi nessuno alzò un ciglio. Figurarsi se qualche foto di quel massacro, che rimane il primo pogrom anti ebraico del terzo millennio, poteva mai essere candidata ad alcun premio foto giornalistico. Chi le aveva scattate in taluni casi fu nobilitato come giornalista palestinese, magari dopo essere stato eliminato dalle Forze di difesa israeliane, ma un premio a un’immagine che documentasse il dolore e il martirio di centinaia di innocenti di fede ebraica “non sia mai”.
Ci voleva invece una delle tante immagini delle vittime palestinesi tra i bambini di Gaza, perché così il premio potesse amplificare l’odio contro Israele e gli ebrei. Non sapremo mai infatti se chi è stato fotografato senza braccia o senza gambe a Gaza magari fosse stato messo dall’amorevole genitore a guardia di un deposito armi e usato come scudo umano. Così come non vedremo mai premiata la foto di un omosessuale impiccato da Hamas o di qualcuno mutilato e torturato perché sospettato di fare parte degli informatori israeliani nella Striscia. In compenso l’immagine del povero Mahmoud è ormai dappertutto e i dibattiti anche ossessivi (stile Rai radio 3) sulle guerre inutili, anche quelle per difendere un Paese da chi da 80 anni lo vorrebbe far scomparire dalla carta geografica, inondano l’etere. È la legge del politically correct che sta rendendo questo mondo e il periodo in cui viviamo un bel po’ più difficile da sopportare.
di Dimitri Buffa