Riarmati da Kiev: il mercante ucraino

giovedì 17 aprile 2025


Sentiremo presto parlare del mercante di Kiev, a proposito delle future forniture belliche per la realizzazione del progetto ReArm Europe, ribattezzato oggi nella versione più soft di Readiness 2030, per pacificare i pacifisti. Ironia della storia, si direbbe, dato che saremmo dovuti essere noi, in sostituzione o in affiancamento all’America, a fornire armi avanzate a Kiev per la sua guerra di sopravvivenza contro l’invasore russo. Ma poiché non tutto il male viene per nuocere, oggi guardiamo all’Ucraina come il più formidabile mercato d’avanguardia per lo sviluppo di droni e di sistemi di Ew (Electronic warfare), che sono in grado di oscurare postazioni radar e dirottare i missili a guida Gps. E ciò accade per le seguenti ragioni. In primo luogo, questi modernissimi sistemi d’arma hanno avuto il loro battesimo prolungato in tre anni di guerra, durante i quali sono stati sperimentati sui teatri reali dello scontro bellico. Per tutto quel periodo, hanno dato ampia dimostrazione di essere degli strumenti di offesa-difesa di primaria e insostituibile importanza, in grado di colpire ogni tipo di obiettivi, dal concentramento di truppe, alle linee di rifornimento, ai depositi di armi e munizioni, ai mezzi blindati e alle fortificazioni. In pratica, per l’evoluzione tecnologica dei droni, i campi di battaglia hanno rappresentato il più avanzato e il meglio attrezzato dei laboratori di R&D (Ricerca & Sviluppo), in un gioco mortale di rincorsa del tipo cat-and-mouse, in cui russi e ucraini si rispondono colpo su colpo per tentare di annullare il vantaggio temporaneo conseguito dall’avversario.

Il che non riguarda minimamente gli aspetti dell’orgoglio e del primato, ma la pura e semplice sopravvivenza di molte migliaia tra soldati e civili, nonché di risparmio di mezzi. Se i russi (che eccellono nelle contromisure Ew), grazie alla loro economia di guerra, vantano una ben più ampia base industriale rispetto agli ucraini, e possono fare affidamento per la componentistica e i semiconduttori sulle forniture dual-use cinesi, nondimeno Kiev è sicuramente più avanti nella gara delle start-up. E questo avviene grazie all’elevatissima flessibilità della rete di manifatture domestiche, che beneficiano in tempo reale del feedback reindirizzato dagli avamposti che operano sul fronte di guerra, facendo un uso avanzato dei software d’intelligenza artificiale, coniugati alla localizzazione strategica della catena di rifornimento dei droni. Solo in Ucraina, le start-up che costruiscono questi tipi di velivoli sono passate dalle poche unità del 2022 alle 500 attuali. Questa fitta rete infrastrutturale, avvalendosi di software di Intelligenza artificiale e della localizzazione strategica dei siti di rifornimento e stoccaggio dei droni, è oggi in grado di produrre qualcosa come 5 milioni di “pezzi” di varia grandezza e con un ampio ventaglio di impiego e di munizionamento. Per di più l’industria bellica home-made ucraina, se adeguatamente finanziata, è in grado di raddoppiare la sua attuale, straordinaria capacità produttiva: cosa certamente destinata ad accadere se, come prevedibile, Kiev diverrà nell’imminente futuro il fornitore privilegiato per l’Europa di questo tipo di armamento avanzato.

Per sostenere in tutti i modi il proprio esercito, l’Ucraina ha accelerato e snellito le procedure per l’approvazione delle nuove armi e varato incentivi economici e fiscali a sostegno delle sue start-up. La mossa vincente (se paragonata all’elefantiaca burocrazia post sovietica dei russi) è stata di autorizzare i reparti direttamente impegnati sul fronte a trattare direttamente con le aziende produttrici, accelerando così al massimo l’innovazione e la spedizione tempestiva delle merci. Lo sforzo organizzativo-finanziario è stato poi completato con la creazione della piattaforma Brave1 a sostegno dei progetti high-tech di difesa. In pratica, Kiev ha adottato lo schema tech-cluster, universalmente valido per tutto il suo territorio (whole nation scheme) per mobilitare tutte le sue risorse civili in materia di fabbricazione dei droni, mettendo in sinergia tra di loro le seguenti cinque componenti: start-up; capitali di rischio; università; agenzie governative; aziende certificate che operano nel settore della difesa. Proprio questo sistema ecoinnovativo, ha consentito all’Ucraina di sperimentare più di 100 tipi di droni sui campi di battaglia, compresi velivoli senza pilota comandati a distanza attraverso la fibra ottica (e, quindi, non soggetti nella loro navigazione a disturbi di jamming dell’Ew) e autoveicoli a guida autonoma per i rifornimenti al fronte.

Tra i fiori all’occhiello dell’aviazione di Kiev, che hanno dato dimostrazione delle loro devastante efficacia in territorio russo, si annoverano i grandi droni ad ala fissa, in grado di colpire a mille chilometri di distanza dal punto di lancio, mentre quelli marini del tipo Sea Baby e Magura hanno attaccato la flotta navale russa nel Mar Nero, affondando varie unità e infliggendo danni alla Marina di Mosca per decine, se non centinaia di milioni di dollari. Ovviamente, i droni sono pienamente efficaci se ben coordinati con sistemi d’arma più pesanti (artiglieria e tank) dato che, secondo stime internazionali accreditate, senza il necessario coordinamento a terra, la contraerea avversaria è in grado di abbatterne in media l’80 per cento di quelli a guida remota. Anche se, grazie all’alto numero di droni (che hanno un costo unitario molto modesto) impiegati per la saturazione delle contro aeree nemiche, i comandi ucraini hanno dichiarato di aver colpito nelle varie azioni dal 60 al 70 per cento degli obiettivi russi presi a bersaglio.

Del resto, i droni a corto raggio possono monitorare tutto ciò che si trova in movimento all’interno del loro campo di osservazione, dal carro armato al singolo soldato, mentre quelli a lungo raggio e i missili possono colpire in territorio nemico centri di comando, depositi di munizioni, caserme e target industriali. Tra l’altro, essendo fatti in casa, i droni non sono soggetti ad alcuna restrizione rispetto ai bersagli da colpire. Grazie a questi sistemi a basso costo, gli ucraini vantano una statistica (tutta da verificare) per cui il divario delle perdite è pari a sette-dieci soldati russi contro uno solo dell’Ucraina, come starebbe a dimostrare la lentezza con cui avanza il fronte di occupazione, a testimonianza dell’alto livello di resistenza di Kiev dovuto proprio all’impiego in grande stile delle nuove armi. Come si vede, l’Europa ha molto materiale bellico da acquisire e strategie di combattimento da apprendere in futuro dal suo “protetto” ucraino! Per di più, invece di acquistare armi all’estero per conto di Kiev, l’Ue potrebbe finanziare direttamente l’industria ucraina della difesa raddoppiando il suo budget attuale di 35 miliardi per la produzione di armamenti autoctoni, facendo così un piccolo, serio torto agli Stati Uniti.


di Maurizio Guaitoli