giovedì 17 aprile 2025
La Corte Suprema della Gran Bretagna, accogliendo di fatto il ricorso di un gruppo femminista For Women Scotland, ha sancito un principio molto importante: le persone transgender non possono essere riconosciute come donne dalla legge in quanto non sono nata biologicamente di sesso femminile. Che nulla ha a che vedere con il diritto di cambiare il proprio genere, sancito dal Gender Recognition Certificate.
Dopo le due udienze dello scorso novembre, dove le parti avevano esposto le rispettive argomentazioni sostenute da organizzazioni schierate in un senso o nell’altro, ieri mercoledì 16 aprile è arrivata la sentenza, unanime, sottoscritta da 5 giudici, che è valida per Inghilterra, Galles e Scozia.
Il giudice relatore, il vicepresidente lord Patrick Hodge, ha letto la sentenza: “Secondo la decisione unanime di questa Corte, i termini donna e sesso dell’Equality Act del 2010 (la legge di riferimento sull’uguaglianza in vigore sull’isola, ndr) si riferiscono alla donna biologica e al sesso biologico”. Lord Hodge ha sottolineato come questa sentenza non sia “il trionfo” di una parte ai danni dell’altra, ribadendo che le norme britanniche assicurano la piena protezione delle persone transgender da ogni discriminazione, senza la necessità di estendere loro la definizione di donna, che si basa sul sesso alla nascita, e di forzare l’Equality Act.
Insomma, le persone transgender hanno tutto il diritto di cambiare il proprio genere ed essere tutelate nei propri diritti. Ma questo non può comportare la cancellazione delle evidenze scientifiche perché, altrimenti, si cancellerebbero i diritti delle donne (nate biologicamente femmine).
Si prevedono reazioni convulse, con accuse di transomofobia. Ma il buon senso, invece, racconta di una conquista di civiltà: in nome del diritto di uno specifico gruppo non si possono cancellare i diritti di un altro. E la biologia non è acqua.
La battaglia tra femministe e trans-femministe potrebbe finalmente risolversi adottando una prospettiva diversa: invece che combattersi pretendendo di appiattire ogni differenza individuale, si potrebbe tentare la strada del confronto produttivo per riuscire davvero a tutelare il diritto di ogni individuo a vivere una vita piena. I diritti umani, per essere tali, non possono valere di più per qualcuno rispetto a qualcun altro. E soprattutto, le persone transgender hanno il diritto di veder tutelata la propria salute, cosa abbastanza difficile se si continua a sottovalutare il presupposto biologico che nulla ha a che fare con le scelte di vita.
di Claudia Diaconale