giovedì 17 aprile 2025
Il “Liberation Day” è arrivato e passato, con il presidente Donald Trump che ha annunciato (e poi sospeso) dazi doganali estesi contro i partner commerciali di tutto il mondo. La tanto decantata scossa commerciale ha mandato in tilt il commercio globale, con il presidente che inizialmente aveva promesso che questa mossa avrebbe dato all’America una rinnovata “indipendenza economica”.
Anche se molti si concentreranno sui meriti o sugli svantaggi finanziari della politica tariffaria reciproca, è altresì fondamentale sottolineare la forte incoerenza che essa rivela nell’agenda dell’amministrazione Trump. In particolare, c’è da chiedersi perché Washington minaccia di far esplodere in patria il commercio globale mentre bombarda all’estero per sostenere il commercio mondiale.
Il Presidente continua a chiedere che gli Houthi pongano fine agli attacchi al commercio internazionale e alle navi della Marina statunitense nel Mar Rosso e che l’Iran smetta di sostenere il gruppo ribelle. Questa tesi trova concorde il segretario alla Difesa Pete Hegseth che ha confermato che la campagna continuerà fino a quando gli Houthi non accetteranno di fermare i loro attacchi. La dichiarazione della Casa Bianca evidenzia altresì l’obiettivo dell’Amministrazione di salvaguardare il commercio internazionale. Il presidente Trump dovrebbe prendere in considerazione un approccio alternativo, dal momento che la sua Amministrazione si trova a guidare una risposta militare che potrebbe non essere sostenibile o in ultima analisi vincente, per una causa con cui è altrimenti in contrasto.
Trump è determinato a riparare a quelli che considera gli errori non solo del suo predecessore, ma anche della politica estera americana per gran parte del XX e del XXI secolo. Dal commercio all’immigrazione, dal Canale di Panama alla Nato, il presidente sta sovvertendo quelli che un tempo erano ritenuti i pilastri della politica statunitense. Tuttavia, gli attacchi in Yemen dimostrano che questo obiettivo ha i suoi limiti, in quanto gli attacchi militari mantengono gli Stati Uniti coinvolti nei conflitti in Medio Oriente. Il Presidente dovrebbe invece continuare a invertire le politiche obsolete, come sta facendo in altre regioni.
La strategia di Trump di creare un divario tra Russia e Cina, indebolendo la partnership tra Putin e Xi è stata battezzata “Kissinger reverse”, cioè “Kissinger al contrario”, [perché il risultato a cui il Presidente mira è inverso a quello ottenuto da Henry Kissinger negli anni Settanta, aprendosi alla Cina, N.d.T.]. In passato il presidente Eisenhower aveva fatto pressioni sulle potenze europee affinché si ritirassero dalla crisi di Suez nel 1956 per evitare un conflitto con l’Unione Sovietica. La mossa erose ciò che rimaneva dell’influenza britannica e francese nella regione. Ciò ispirò la Dottrina Eisenhower, una strategia volta ad accrescere il coinvolgimento degli Stati Uniti in Medio Oriente per contrastare l’influenza sovietica, rafforzando i legami americani con la regione per compensare il ritiro dell’Europa. Un “Eisenhower al contrario” inviterebbe invece gli europei a tornare, questa volta per condividere la responsabilità di garantire le rotte commerciali su cui fanno affidamento.
L’Europa ha fornito solo una risposta modesta alla crisi del Mar Rosso, ma dipende da questa rotta marittima per le risorse critiche e per il 40 per cento del suo commercio con l’Asia. Allo stesso modo, le potenze arabe locali, come l’Egitto che dipende dal Canale di Suez per la propria sopravvivenza, dovrebbero essere maggiormente incentivate ad agire per evitare di continuare a perdere le rimesse derivanti dalla riduzione del traffico. L’America continuerebbe a sostenere i suoi alleati e partner, ma non svolgerebbe più il ruolo di guida nella regione, che è stata una costosa distrazione per gli Stati Uniti.
Nonostante la spesa di 4,86 miliardi di dollari per le operazioni condotte nel Mar Rosso per proteggere le navi commerciali e militari dagli attacchi e per lanciare attacchi di rappresaglia contro le postazioni Houthi, gli Stati Uniti non sono riusciti a “ripristinare la deterrenza” durante l’amministrazione del presidente Joe Biden. Inoltre, le operazioni nel Mar Rosso sprecano munizioni costose e limitate, necessarie in teatri più cruciali per gli interessi americani, in primo luogo l’Indo-Pacifico.
Mentre gli Houthi utilizzano droni e missili economici ma efficaci, gli Stati Uniti rischiano di perdere altri droni MQ-9 Reaper da 30 milioni di dollari. Gli Houthi si sono dimostrati un nemico particolarmente resiliente quando si tratta di campagne aeree prolungate. A meno che il Pentagono sotto l’amministrazione Trump non abbia trovato un modo per risolvere o aggirare i problemi che hanno afflitto le precedenti operazioni contro il gruppo, cosa che sembra in dubbio visti i recenti resoconti dei funzionari della Difesa, questa Amministrazione potrebbe non ottenere gli scopi prefissi.
Ciò potrebbe portare a un’ulteriore erosione della credibilità degli Stati Uniti se non si ottiene rapidamente l’effetto desiderato. E anche se questa campagna riuscisse nel frattempo a convincere gli Houthi a interrompere gli attacchi contro le navi americane, la situazione potrebbe non durare a lungo. Se il gruppo armato dovesse rimanere intatto (ed è necessario evitarlo, come affermano le dichiarazioni dell’amministrazione Trump) ci sono poche garanzie che non riprenderebbe gli attacchi una volta ripristinate le proprie capacità o se percepisse che gli Stati Uniti sono alle prese con altri problemi.\ In assenza di attacchi persistenti contro le risorse Houthi o di una svolta diplomatica in Medio Oriente, una garanzia a lungo termine contro questi attacchi richiederebbe un’operazione prolungata di interdizione delle armi in Yemen o la completa sconfitta degli Houthi.
L’onere di garantire il commercio attraverso il Mar Rosso e il Canale di Suez dovrebbe in ultima analisi gravare su coloro che hanno maggiori interessi a riguardo, principalmente i Paesi europei e mediorientali. Come osservava il vicepresidente JD Vance nella chat di gruppo su Signal trapelata, gli Stati Uniti hanno avvertito i loro alleati europei di essere meno dipendenti dall’America nel contesto del conflitto russo-ucraino. E così dicasi anche per quanto concerne altre aree in cui gli europei devono essere più proattivi nel tutelare i loro interessi. Inoltre, sembra controproducente condurre una campagna militare per garantire la sicurezza delle rotte commerciali a Paesi con cui gli Stati Uniti saranno coinvolti in una guerra commerciale.
La campagna del Presidente Trump contro gli Houthi è in contrasto con il suo programma più ampio e potrebbe ostacolare i tentativi americani di ridurre le proprie missioni in una regione sempre meno importante per gli Stati Uniti. Incoraggiare le potenze vicine con maggiori interessi commerciali nel Mar Rosso e nel Canale di Suez a diventare partner più autosufficienti sarà in linea con il suo obiettivo di rimediare agli errori delle amministrazioni precedenti. Il prossimo “Liberation Day” dovrebbe liberare gli americani dai conflitti mediorientali.
(*) Tratto da The National Interest
(**) Traduzione a cura di Angelita La Spada
di Chad Kunkle (*)