martedì 15 aprile 2025
Un articolo del Washington Post del 13 aprile evidenzia la più stretta collaborazione tra Algeri e Hezbollah, sostenuto dall’Iran, che sta utilizzando il Fronte Polisario per minare la stabilità del Marocco mediante il sostegno al gruppo separatista Polisario, ma anche per interferire negli affari interni della Siria. “Nel corso degli anni, l’Iran ha favorito una vasta gamma di gruppi di rappresentanza per promuovere i propri interessi”, si legge sul Washington Post. Il giornale si basa sulle dichiarazioni di un funzionario regionale e di un terzo funzionario europeo, i quali hanno affermato che l’Iran aveva addestrato combattenti del “Fronte Polisario con base in Algeria”, ora trattenuti dalle nuove forze di sicurezza siriane. A gennaio, resoconti convergenti hanno mostrato come il regime algerino abbia ricevuto un duro colpo dal nuovo presidente siriano, Ahmed al-Sharaa, che ha respinto la richiesta del regime di liberare le milizie del Polisario che hanno combattuto sotto il regime di Bashar al-Assad. Secondo l’inchiesta del giornale americano, la Repubblica islamica dell’Iran e il movimento sciita Hezbollah forniscono da tempo supporto logistico e militare ai separatisti del Polisario.
Questo sostegno include l’addestramento e la fornitura di armi, in una chiara azione di proiezione dell’influenza iraniana in un’area chiave per l’equilibrio africano e mediterraneo. Al centro della rete c’è l’Algeria, che da decenni ospita e sostiene politicamente il Polisario, ma che ora sembra aver intensificato i suoi sforzi diplomatici per preservare il fragile sostegno internazionale alla cosiddetta “Repubblica democratica araba dei Sahrawi” (Rasd), entità non riconosciuta dall’Onu. La recente visita del ministro degli Esteri algerino Ahmed Attaf (nella foto) a Damasco ne è un esempio chiaro. L’obiettivo era convincere le autorità siriane a mantenere il riconoscimento della Rasd, nonostante la nuova apertura del regime siriano verso posizioni arabe comuni più moderate. Ma il clima freddo dell’incontro e l’assenza di annunci congiunti dimostrano che la Siria potrebbe rivedere la sua posizione, seguendo l’esempio della Libia post-Gheddafi, che ha ritirato il riconoscimento del Polisario una volta scoperto il coinvolgimento di suoi combattenti nel conflitto interno libico. Alcune fonti confermano infatti la presenza in Siria di miliziani del Polisario, inviati con il benestare di Algeri per combattere a fianco del regime di Assad.
Diversi di questi combattenti sarebbero stati arrestati dalle nuove autorità siriane, dopo la riconquista del territorio precedentemente sotto controllo ribelle. L’Algeria starebbe ora esercitando pressioni su Damasco per ottenerne il rilascio, consapevole che la detenzione di questi elementi armati possa trasformarsi in un grave boomerang mediatico e diplomatico. Questa situazione mette a nudo il doppio gioco di Algeri: mentre a livello internazionale si presenta come mediatore per la stabilità regionale, dietro le quinte alimenta conflitti e insicurezza, servendosi del Polisario come strumento geopolitico per contenere il Marocco. Il vero obiettivo dell’asse Algeri-Teheran non è l’autodeterminazione dei saharawi, ma il contenimento dell’influenza marocchina, in particolare dopo i successi diplomatici ottenuti da Rabat negli ultimi anni, con il riconoscimento della sovranità marocchina sul Sahara da parte di numerosi Stati, tra cui gli Stati Uniti. In parallelo, il Marocco ha investito in infrastrutture, sviluppo economico e sociale nel Sahara occidentale. Le città di Laâyoune e Dakhla sono oggi centri dinamici, con progetti di interconnessione energetica, portuale e logistica in espansione. La visione marocchina è chiara: integrazione regionale e stabilità attraverso lo sviluppo e la cooperazione.
L’approccio è apprezzato anche da numerosi Paesi africani che hanno aperto consolati nelle province del sud del Regno, rafforzando di fatto il riconoscimento de facto della sovranità marocchina. Alla luce di queste nuove prove, risulta evidente come la crisi del Sahara sia alimentata artificialmente da attori esterni con obiettivi ben diversi da quelli umanitari. Le prove della presenza militare del Polisario in Siria, il sostegno iraniano e la diplomazia aggressiva algerina smascherano un piano di destabilizzazione dell’area, nel momento in cui il Marocco ha invece scelto la via dello sviluppo pacifico, delle riforme e della modernizzazione. Il sostegno della comunità internazionale al Marocco appare oggi più che mai una scelta di stabilità e responsabilità. Le ingerenze militari e ideologiche di Teheran e Algeri non solo minano gli equilibri regionali, ma mettono a rischio anche la sicurezza del Mediterraneo e del Sahel. Il tempo delle ambiguità è finito: servono posizioni chiare contro chi arma e protegge milizie illegittime. Il Marocco, con il suo approccio pacifico e costruttivo, rappresenta l’unica via credibile per una soluzione duratura nel Sahara occidentale.
di Costantino Pistilli