mercoledì 26 marzo 2025
Il vertice di Riyad non ha cambiato molto sullo stato dei fatti della guerra russo-ucraina, anche perché non ha scaturito un chiaro documento comune. Ma è evidente che tali tipologie di negoziati partono con iniziali barriere insormontabili da ambo le parti, ciò è dovuto al fatto che il conflitto non ha ancora decretato né un vincente netto, né un perdente netto; ovvero l’Ucraina non si è arresa. In pratica il primo passo dovrebbe essere un cessate il fuoco con tempistiche brevi – al momento è solo scaturito un intento su un parziale cessate il fuoco sul Mar Nero – dove gli Stati Uniti fungono da mediatori, ma le probabilità che ciò si verifichi ancora sono nebulose. Il presidente Vladimir Putin, con la sua visione “sovietico-zarista”, continua a ribadire le profonde cause del conflitto che determinano profonde divisioni tra Mosca e Kiev. Ossia il desiderio di sovranità di Kiev, comprese le aspirazioni atlantiste ed europeiste.
Ma Putin va anche oltre con i suoi “assiomi”, infatti chiede come prerequisiti alla tregua che cessino sia gli aiuti militari all’Ucraina che la collaborazione tra intelligence occidentale e quella ucraina. Ma Volodymyr Zelensky, da parte sua, ha già emanato una Costituzione dove l’Ucraina dovrà aderire alla Nato, oltre ad esigere garanzie assolute sulla futura sicurezza nazionale e il ritorno sotto il controllo ucraino delle terre occupate da Mosca. A livello negoziale la questione è quindi più che mai aperta, ma il fattore fondamentale è che intanto si è iniziato a parlare di tregua. Tuttavia la propaganda del Cremlino sta insistendo sul fatto che la “Crimea non esiste più”. Questa suggestiva e strategica penisola collocata a sud dell’Ucraina dal 2014 è annessa alla Russia. Storicamente questa regione è stata sempre molto ambita e attualmente è abitata da circa il 45 per cento da russi, poi tatari e ucraini. Breve richiamo storico: ricordo che la Crimea fu donata all’Ucraina nel 1954 da Nikita Krusciov presidente dell’Unione sovietica, per commemorare i 300 anni dal trattato di Perejaslav del 1654, patto di fedeltà tra i Cosacchi (genericamente i progenitori degli ucraini), rappresentati dall’atamano cosacco Bohdan Khmelnytsky, con lo Zar Alessio I. Ma come è noto, Vladimir Putin non ha mai condiviso nessuna delle decisioni dei suoi predecessori, compresa la dissoluzione dell’Unione Sovietica; questione sulla quale Putin “ci sta lavorando”.
A metà marzo il Cremlino ha celebrato l’11° anniversario dall’annessione della Crimea, o meglio la restituzione della Crimea alla Russia. Così l’informazione di regime ha dato avvio ad una operazione di capillare propaganda diretta anche verso gli studenti delle scuole, dove viene inculcata l’idea di una Crimea russa, legando a questa “idea” la motivazione per giustificare l’invasione dell’Ucraina nel 2022. Il concetto che viene maggiormente speso è quello che la Crimea è stata forzatamente “ucrainizzata”, ma che le sue radici socio-etno-culturali sono totalmente russe. Il concetto mi spinge ad attingere nuovamente alla Storia, in questo caso medievale, sempre in modo estremamente sintetico e semplificativo: richiama il “Rus di Kiev” un principato creato intorno al IX secolo, come primo insediamento di una entità simil-monarchica “slavo-russa”. Poi l’invasione mongola, metà XIII secolo, ha spazzato via il principato e questa realtà sociale, costringendo, poi, la popolazione del Rus di Kiev a emigrare a nord in un altro agglomerato chiamato Mosca, nato a meta XII secolo. Quindi i veri russi chi sono? Come risponderebbe il Monaco Nestor Letopisec, (vissuto indicativamente dalla metà dell’anno 1000 fino al primo decennio del 1100) detto “l’Annalista”, colui che ha scritto nelle sue “Cronache degli anni passati” anche la storia del Rus di Kiev?
Comunque in Russia, onde evitare troppe “riflessioni storiche”, su iniziativa del Ministero dell’Istruzione, del partito al potere Russia unita (partito conservatore e nazionalista) e delle organizzazioni patriottiche, sono state organizzate numerose operazioni di propaganda proprio nelle scuole medie e superiori, dove “la semina” dell’indottrinamento ha decisamente prospettive con un orizzonte di lunga portata. In realtà in questa propaganda dedicata alle giovani generazioni russe l'argomento principale è stato il genocidio dei russofoni in Ucraina. Risulta che siano stati proiettati dei filmati dove si narra la storia dei russi della Crimea e quando i russofobi ucraini, nel 1993, si sono trasferiti in Crimea. Qui hanno costretto i russi a lasciare la loro lingua madre, quindi l’ucrainizzazione forzata avrebbe cancellato i russi. Sui canali televisivi sono apparsi concetti come la lotta contro fascismo, nazismo, ingiustizia e contro il nazionalismo; questa ultima ideologia è pregnante del sistema putiniano, ma la propaganda la “spaccia” come dottrina non caratterizzante l’essenza ideologica russa.
In sintesi la propaganda riprende il concetto che la Crimea, nonostante la volontà di Krusciov, non sarebbe mai dovuta diventare ucraina, bensì russa. Agli studenti è stata data una sinossi del discorso pronunciato da Putin il giorno dell’invasione dell’Ucraina, quando il presidente ha spiegato che in Ucraina si stava perpetrato un genocidio nei confronti dei russofoni. E questa è stata una delle giustificazioni prese per motivare l’operazione militare speciale agli studenti. Così anche i bambini delle elementari hanno disegnato la Crimea con i colori della bandiera russa e hanno appreso che l’annessione del 2014 è stata un rimedio ad un’ingiustizia storica.
Va comunque considerato che Mosca immagina di guadagnare di più con mezzi militari che con negoziati. Tuttavia, un’illusione, o uno scenario per i negoziati, deve essere mantenuto, in modo da evitare i sicuri “turbamenti trumpiani”. Sappiamo che la storia scritta, anche la nostra, è molto spesso lontana dalla “verità storica” e non è mai ben definito quanto il peso della ricerca della pace sia maggiore del peso della ricerca della guerra. La propaganda in Russia, che si affida al concetto estremo del genocidio dei russi di Crimea, dimostra quanto sia lontana la volontà che il vero possa essere preminente sul falso.
di Fabio Marco Fabbri