Mar Rosso: scenario di guerra tra Houthi e Stati Uniti

martedì 18 marzo 2025


Nonostante l’Asse della resistenza contro Israele – dopo il colpo di Stato in Siria – sia stato mutilato, in Yemen la guerra civile e gli scontri tra le milizie sciite Houthi e le navi da guerra statunitensi e britanniche che pattugliano il Mar Rosso, continuano ad aggravare la tragedia umanitaria che sta devastando il Paese. Qui, dal 2014 si vedono contrapposti gli Houthi sciiti, sostenuti dall’Iran e il governo yemenita sunnita supportato dall’Arabia Saudita. Ad oggi questa guerra ha causato centinaia di migliaia di morti e una carestia che sta opprimendo i 38 milioni di yemeniti. Ricordo che l’Asse della resistenza capeggiato dall’Iran è composto dagli Houthi yemeniti, milizie sciite siriane e irachene, Hezbollah libanesi, Hamas e, come scritto, la Siria dopo il colpo di Stato non fa più parte “dell’Asse”.

Uno scenario dove gli Houthi stanno continuando a colpire le navi cargo e da guerra che attraversano e pattugliano il Mar Rosso, soprattutto quelle battenti bandiera statunitense e britannica. I ribelli yemeniti domenica avevano annunciato di aver colpito, in risposta al bombardamento aereo statunitense di sabato che aveva causato oltre 50 morti, le navi da guerra americane. Azione non confermata da Washington, ma che ieri ha portato a un ulteriore attacco degli Houthi, nel Mar Rosso settentrionale, contro la portaerei statunitense Uss Harry S. Truman, già presa di mira precedentemente. In una dichiarazione su Telegram gli Houthi hanno affermato che la battaglia è durata alcune ore e sono stati utilizzati numerosi missili balistici e da crociera, oltre droni tattici. Tutti armamenti di fornitura iraniana. Tuttavia, come per l’attacco di sabato, gli Stati Uniti non hanno confermato; infatti il Centcom, Comando militare statunitense per il Medio Oriente, ha solo ribadito che nella notte tra domenica e lunedì le forze statunitensi hanno continuano a martellare le basi dei terroristi Houthi.

I media Houthi hanno comunicato che gli Stati Unititi hanno colpito la cabina di pilotaggio della Galaxy-Leader, una nave sequestrata dai ribelli più di un anno fa, e una fabbrica di lavorazione del cotone ubicata nella regione di Hodeidah. Da parte sua Washington, per voce del consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, Mike Waltz, ha dichiarato di aver preso di mira le roccaforti dei ribelli e in queste azioni sono stati eliminati numerosi capi degli Houthi. Già Donald Trump aveva promesso l’inferno ai terroristi Houthi e aveva esortato l’Iran a smettere di fornire armi e tecnologia ai ribelli, che ricordo hanno iniziato, come componenti dell’Asse della resistenza, ad attaccare le navi al largo delle coste dello Yemen dopo l’inizio della guerra tra Israele e Hamas nella Striscia di Gaza, oltre avere effettuato attacchi diretti con missili balistici all’interno dei confini dello Stato ebraico. Le minacce degli Stati Uniti contro l’Iran si sono esplicitate anche sabato scorso quando Trump ha accusato il governo di Teheran di essere responsabile assoluto della capacità offensiva degli Houthi. Ma Abbas Araghchi, massimo diplomatico iraniano, ha risposto che il Washington non ha alcuna autorità e alcun diritto di interferire nella politica estera dell’Iran, condannando gli attracchi Usa contro lo Yemen sciita.

Dopo che l’11 marzo lo Stato ebraico si è rifiutato di consentire l’ingresso degli aiuti umanitari in territorio palestinese, i ribelli sciiti hanno minacciato di riprendere gli attacchi su Israele. Aggressioni che erano state interrotte il 19 gennaio, data della tregua tra Hamas e Tel Aviv. Ma visto il valore geopolitico della “questione”, non poteva essere esclusa da questa dinamica la Russia, con la quale l’Iran – fornitore di armamenti sia agli Houthi che a Mosca – è alleato e collaborazionista soft nella guerra contro l’Ucraina. Così il segretario di Stato americano Marco Rubio, domenica, in un colloquio telefonico (reso pubblico) con Sergei Lavrov, ministro degli Esteri russo, ha affermato che non saranno tollerati gli attacchi Houthi contro le navi militari e commerciali statunitensi nel Mar Rosso. Da parte sua Lavrov ha risposto che tutte le parti dovrebbero astenersi dall’usare la forza nello Yemen.

Abdel Malik al-Houthi, capo degli Houthi, in un discorso televisivo trasmesso domenica ha confermato che continueranno le azioni contro le navi cargo americane nel Mar Rosso finché gli Stati Uniti continueranno a bombardare l’area dello Yemen sotto controllo degli sciiti Houthi. I ribelli sciiti controllano vaste zone del Paese, tra cui la capitale Sanaa. Una trama ben nota dove anche le Nazioni unite, domenica, hanno chiesto agli Stati Uniti e ai ribelli sciiti di cessare gli attacchi. Le tensioni tra Israele e Hamas sono tutt’altro che placate, visto l’attacco israeliano sull’enclave di Hamas a Gaza di stanotte che ha causato oltre 350 morti, e una ulteriore escalation nel Mar Rosso potrebbe esasperare i già tesi contrasti regionali, alimentando sequele di rappresaglie che potrebbero ulteriormente aggravare la già disastrosa situazione umanitaria dello Yemen.

Ma leggendo la Storia, in quest’area geografica sussiste una instabilità permanente, probabilmente sociologicamente fisiologica, e che nonostante gli ambigui aiuti internazionali, pare che si nutra proprio della sua destabilizzazione. E dove la raccapricciante crisi umanitaria passa in secondo piano rispetto ai “funzionali” e utopistici odi etnico-religiosi.


di Fabio Marco Fabbri