martedì 11 marzo 2025
Le mire espansionistiche di Donald Trump sulla Groenlandia hanno dato impulso alle aspirazioni indipendentiste degli isolani. Oggi i groenlandesi votano per le elezioni legislative. Si tratta di un momento decisivo per stabilire quando rompere i legami con la Danimarca, l’attuale potenza tutelare, senza cadere nelle grinfie degli Stati Uniti. “Tendo a non farmi prendere dal panico e dubito che ci saranno truppe americane sul campo. Un’aggressione a un Paese Nato sarebbe molto strana. È solo retorica, non una minaccia reale alla nostra sicurezza”. A dirlo, intervistata dalla Stampa, la ministra uscente per le Risorse naturali della Groenlandia, Naaja Nathanielsen. Per la ministra le parole del presidente americano Donald Trump “sono irrispettose, senza tatto e mancano di comprensione. Non è il modo giusto di parlare ad alleati che ti hanno accolto nel Paese – afferma – Gli americani sono qui da 80 anni”. Che cosa pensa dell’idea dell’Europa di difendersi? “È giusta l’analisi che state facendo in Europa – risponde – sviluppare una Difesa propria sia per le infrastrutture sia nella catena di approvvigionamento. In questo momento dobbiamo tutti agire come se le nostre vecchie alleanze fossero state spezzate, perché è quello che sta accadendo”.
Secondo la politologa Maria Ackren dell’Università della Groenlandia, “Donald Trump ha in un certo senso rilanciato la questione dell’indipendenza. Non si tratta di una novità per i groenlandesi, ma ora fornisce ai decisori e ai politici groenlandesi uno stimolo per raggiungere forse obiettivi che fino a ora non erano possibili”. La questione ha occupato un posto importante nella campagna elettorale, tra temi come l’istruzione, gli affari sociali, la pesca (che costituisce il 90 per cento delle esportazioni dell’isola) e il turismo. Quasi tutti i partiti politici vorrebbero che il vasto territorio ghiacciato, 50 volte più grande della Danimarca ma 100 volte meno popolato, volasse da solo. Le numerose gru che svettano sopra Nuuk, la capitale, testimoniano una rapida modernizzazione che ha reso vulnerabile una parte della popolazione, in larga maggioranza Inuit, dedita alla caccia e alla pesca. Visibile a occhio nudo, la miseria sociale si ritrova anche nelle statistiche: un tasso di suicidi tra i più alti al mondo, un numero di aborti superiore a quello delle nascite, una speranza di vita inferiore ai 70 anni per gli uomini.
Sebbene il desiderio di indipendenza sia ampiamente condiviso, i partiti politici che competono per i 31 seggi del Parlamento non sono d’accordo sui tempi. Tra i più impazienti, il partito nazionalista Naleraq (opposizione), molto visibile durante la campagna, chiede che il processo di indipendenza inizi al più presto. Nelle precedenti elezioni del 2021 aveva ottenuto il 12 per cento dei voti. “L’interesse che stiamo riscontrando, non solo negli Stati Uniti ma anche nel resto del mondo, è a nostro favore”, dice Juno Berthelsen, una delle candidate di punta “Possiamo azzardare una stima: ciò avverràin uno o due cicli elettorali – di quattro anni ciascuno – ma dipenderà da come andranno i negoziati tra Groenlandia e Danimarca”. Colonizzata dai danesi più di tre secoli fa, l’isola artica ha ottenuto l’autonomia nel 1979, ma le funzioni di sovranità (affari esteri, difesa) competono ancora a Copenaghen. Grazie a una legge del 2009, i groenlandesi possono avviare autonomamente il processo di indipendenza, che prevede la negoziazione di un accordo con la Danimarca, che deve poi essere approvato tramite referendum in Groenlandia e tramite una votazione nel Parlamento danese.
Le due componenti della coalizione uscente, Inuit Ataqatigiit (Ia, il partito verde di sinistra del primo ministro Mute Egede) e Siumut (il partito socialdemocratico), hanno meno fretta, ma potrebbero esserci divisioni interne. Chiedono che il territorio raggiunga prima una certa sostenibilità economica, dato che gli aiuti annuali di circa 530 milioni di euro erogati da Copenaghen rappresentano un quinto del suo Pil. “Le discussioni sull’indipendenza sono ancora sul tavolo. Questo è l’obiettivo finale per molti di noi in Groenlandia, ma ci vorranno 10, 20 anni o più”, afferma Aaja Chemnitz, membro dell’Ia e uno dei due rappresentanti della Groenlandia nel Parlamento danese. “È importante parlare dello sviluppo economico della Groenlandia e di come realizzarlo in modo molto più sostenibile”. Il capo di Siumut, Erik Jensen, ministro delle Finanze uscente, è seccato dal fatto che la questione dell’indipendenza abbia eclissato, almeno nei media stranieri e danesi, quelli legati alla vita quotidiana delle persone. “Anche l’indipendenza è un aspetto importante del nostro programma, ma qui in Groenlandia tutti parlano di salute, scuole e asili nido”, dice.
Abitata dagli Inuit a intermittenza per quasi 4.500 anni, l’isola fu originariamente soprannominata “Terra verde” da Erik il rosso, un esploratore vichingo che sbarcò all’estremità meridionale dell’isola nel X secolo. Un nome poco appropriato, poiché circa l’80 per cento della sua superficie di oltre due milioni di chilometri quadrati è coperto di ghiaccio. Colonizzata dalla Danimarca 300 anni fa, fu integrata nel Regno di Danimarca nel 1953. Nel 1979, Copenaghen concesse alla Groenlandia l’autonomia ulteriormente estesa con una legge del 2009, sebbene Copenaghen decida ancora sulla politica estera e sulle questioni militari. L’economia, basata principalmente sull’industria della pesca, dipende fortemente dai sussidi di Copenaghen per oltre 550 milioni di euro, equivalenti a un quinto del Pil dell’isola. Contrariamente alla Danimarca, la Groenlandia non è membro dell’Unione europea da cui si è ritirata nel 1985. Oltre il 90 per cento dei suoi 57mila abitanti, circa 19mila dei quali vivono nella capitale Nuuk, sono Inuit.
Il suolo della Groenlandia è ricco di riserve minerali e petrolifere inutilizzate, ma su scala globale le quantità sono modeste. E attualmente ci sono solo due miniere in uso. Le terre rare della Groenlandia, la cui domanda dovrebbe aumentare in futuro, sono stimate in 36,1 miliardi di tonnellate dal Geological Survey of Denmark and Greenland (Geus), ma le sue riserve economicamente e tecnicamente recuperabili, ammontano a solo circa 1,5 milioni di tonnellate. L’enorme territorio sta sperimentando in prima persona gli effetti del riscaldamento globale, con l’Artico che si riscalda quattro volte più velocemente del resto del pianeta. Numerosi studi hanno anche dimostrato che lo scioglimento della calotta glaciale della Groenlandia ha accelerato dal 1979. Se la massa di ghiaccio, la seconda più grande al mondo dopo l’Antartide, dovesse sciogliersi completamente, potrebbe causare un innalzamento del livello del mare di oltre sette metri.
di Ugo Elfer