giovedì 6 marzo 2025
Sono iniziati i lavori del Consiglio europeo straordinario a Bruxelles sull’Ucraina e sulla difesa europea. Pian piano tutti i leader dei 27 sono arrivati alla riunione, forse, più importante dell’anno corrente, volta a garantire il sostegno militare a Kiev e mettere le basi per un esercito comunitario. Sono questi i punti cardine del summit che arriva in un momento cruciale della geopolitica in senso lato, con Volodymyr Zelensky che chiede più armi per resistere all’offensiva russa e gli Stati Uniti hanno paventato un allontanamento dal Vecchio continente. Ad aprire i lavori, un messaggio chiaro del presidente ucraino, accolto dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen e dal presidente del Consiglio europeo António Costa: “Siamo contenti di non essere soli: sentiamo la vostra vicinanza e grazie per il vostro nuovo programma a favore della sicurezza europea”. Parole che trovano sponda in Costa, che nel suo intervento ribadisce la linea di Bruxelles: “Oggi siamo qui per prendere decisioni e dare risultati, per costruire la difesa e la sicurezza europea. E spendere meglio. La sicurezza dell’Europa non è separata dall’Ucraina. Caro Volodymyr, siamo con te dal primo giorno e continueremo”.
Ma la compattezza europea non è, appunto, così scontata. Ungheria e Slovacchia minacciano il veto su ogni dichiarazione che parli di nuovi aiuti militari a Kiev, creando tensioni tra i 27. Tuttavia, l’alto rappresentante Kaja Kallas ha proposto un piano per accelerare la fornitura di munizioni e missili all’Ucraina, con un sistema di contributi proporzionati al Pil di ciascun Paese. 16 Stati su 27 si sono già detti favorevoli e si lavora a un accordo definitivo entro il Consiglio europeo di fine marzo. Se necessario, potrebbero venire aggirate le preoccupazioni di Budapest e Bratislava. C’è poi un altro problema: la percezione di una leadership a due velocità. Il malumore cresce tra i Paesi esclusi dai recenti summit di Parigi e Londra – dove invece hanno fatto la voce grossa ex leader di fatto come Olaf Scholz, che non sono più a capo di un bel niente – che temono decisioni prese dai “grandi” senza un vero dibattito. Eppure, per essere credibile, l’Europa dovrà presentarsi compatta non solo di fronte agli Stati Uniti, ma anche – un giorno – davanti alla Russia.
Un altro nodo da sciogliere è quello delle garanzie di sicurezza. Una missione internazionale di peacekeeping in Ucraina? “Senza gli americani non c’è la possibilità di pianificare una missione sul terreno in Ucraina, punto”, spiega una fonte diplomatica. Per ora, l’ipotesi resta sul tavolo, ma è prematura. L’Europa sembra più orientata su un’altra strada: trasformare Kiev in un “porcospino d’acciaio”, rendendola così armata e fortificata da rendere impossibile una nuova aggressione russa. Una strategia che presuppone uno sforzo militare europeo ben più ambizioso di quello attuale. Rafforzare l’Ucraina significa prima di tutto rafforzare l’Europa. E per farlo servono soldi, tanti soldi. Berlino ha aperto alla possibilità di allentare le regole del Patto di stabilità, permettendo agli Stati membri di spendere fino all’1,5 per cento del Pil in difesa per i prossimi quattro anni. Una svolta che divide l’Europa: alcuni Paesi chiedono di più e per più tempo, altri temono che un nuovo scostamento di bilancio possa destabilizzare l’economia comunitaria E non è tutto. Il fondo da 150 miliardi di euro in prestiti per la difesa è solo l’inizio: se il meccanismo funzionerà, potrebbe essere ampliato, arrivando persino – come avvenuto per la crisi Covid – a erogare sussidi diretti anziché prestiti. Con questo e l’apertura di Emmanuel Macron a mettere a disposizione lo scudo nucleare francese a tutti i 27 – con allegata furia del Cremlino (il presidente francese “vuole che la guerra continui”) – si sta entrando in un periodo in cui l’Unione europea prova a mettersi il coltello tra i denti. Almeno per sentirne il sapore.
di Zaccaria Trevi