mercoledì 5 marzo 2025
È tornato l’american dream. “L’America è tornata, sta crescendo, più grande e migliore che mai”. Donald Trump apre così il suo primo discorso sullo stato dell’Unione dopo il ritorno alla Casa Bianca, tra applausi scroscianti dei repubblicani e facce tese nei banchi democratici. Un intervento fiume, il più lungo mai pronunciato da un presidente americano davanti al Congresso: 100 minuti, battendo il record di 89’ di Bill Clinton nel 2000. Il tasso di gradimento del discorso, secondo la Cbs è stato del 73 per cento, mentre per la Cnn del 66 per cento. Dati sorprendenti, vista la grande polarizzazione del Paese. Ma la “bomba” arriva quasi alla fine: svolta sul conflitto in Ucraina. Il tycoon lascia tutti a bocca aperta rivelando di aver ricevuto una lettera da Volodymyr Zelensky. Il leader ucraino si dice pronto a sedersi al tavolo delle trattative “il prima possibile”, con l’obiettivo di raggiungere “una pace duratura”. Non solo: Kiev sarebbe pronta a firmare “in qualsiasi momento” l’accordo sulle terre rare con gli Stati Uniti. Un cambio di rotta netto, che Zelensky aveva già accennato su X, ma che ora assume il peso di una missiva ufficiale. E la sorpresa non finisce qui: anche Mosca ha mandato segnali di apertura. “Abbiamo ricevuto forti segnali”, dice Trump, parlando di “discussioni serie” con la Russia. Nessun dettaglio sulle trattative, ma The Donald si prende il merito di un disgelo che sembrava impensabile fino a poche ore fa.
Eppure, nel bel mezzo di questa possibile svolta diplomatica, Trump non rinuncia ad attaccare Europa e l’ex presidente Joe Biden. “L’Europa ha speso più soldi per acquistare petrolio e gas russi di quanto ne abbia spesi per difendere l’Ucraina”, accusa, rilanciando la narrazione di una Nato che ha lasciato gli Stati Uniti a fare il lavoro sporco. E poi la stoccata al predecessore: “Joe Biden ha speso più soldi dell’Europa”, senza ottenere risultati. L’agenda economica di Trump non fa sconti. Il presidente difende la sua guerra dei dazi, che ha mandato in tilt i mercati finanziari, sostenendo che le tariffe non servono solo a proteggere l’industria americana, ma anche “l’anima del nostro Paese”. Sì, ammette, ci saranno “piccoli scompigli”, ma gli Stati Uniti non si tireranno indietro: “Risponderemo dazio su dazio, tassa su tassa”. E il messaggio è chiaro anche per i vicini di casa: Messico e Canada “devono fare di più per fermare il traffico di fentanyl e l’ingresso di clandestini”.
Non è solo una questione economica. Trump punta anche a riportare l’influenza americana dove ritiene sia stata indebolita. Primo obiettivo: il Canale di Panama. In parte, dice, è già stato “strappato ai cinesi” grazie all’acquisto di due porti strategici da parte di BlackRock. Ma il vero colpo di scena è il ritorno dell’idea più “originale” della sua presidenza: la Groenlandia. Trump torna a parlare di un’eventuale annessione, senza entrare nei dettagli, ma lasciando intendere che gli Stati Uniti faranno la loro mossa. “In un modo o nell’altro”, dice, aggiungendo che la popolazione avrà comunque voce in capitolo. Da segnalare anche la forma di protesta dei democratici. Alcuni disertano l’aula, altri lo interrompono più volte. Un deputato viene addirittura espulso, mentre le parlamentari democratiche si presentano vestite di rosa per protestare contro le politiche di Trump sui diritti riproduttivi. E poi il cartello più discusso: “Musk steals”. L’attacco diretto a Elon Musk non passa inosservato, ma Trump non ci sta. Ringrazia il miliardario e difende i suoi tagli alla burocrazia, che hanno fatto risparmiare al Paese circa 65 miliardi di dollari finora. Criticando una classe dirigente di non eletti che spreca denaro pubblico. “Abbiamo realizzato più in 43 giorni di quanto la maggior parte delle amministrazioni realizzi in quattro od otto anni, e abbiamo appena iniziato”, afferma con enfasi. “Torno in quest’aula stasera per riferire che lo slancio dell’America è tornato. Il nostro spirito è tornato. Il nostro orgoglio è tornato. La nostra fiducia è tornata. E il sogno americano sta crescendo, più grande e migliore che mai. Il sogno americano non si può fermare, e il nostro Paese è vicino a una rimonta come il mondo non ha mai visto e forse non vedrà mai più”. E per chi pensava che il discorso fosse finito, arriva il coup de théatre finale: “Pianteremo la bandiera americana su Marte e oltre”. Standing ovation dei repubblicani, gelo tra i democratici. Trump è tornato. Sipario.
di Eugenio Vittorio