venerdì 28 febbraio 2025
Le amicizie eterne, sono una pura illusione o un dato di fatto? Vera la prima e sempre falso il secondo, dato che la Storia (“S” maiuscola) è per sua costituzione dinamica, imprevedibile e cangiante di colore, con continui ribaltamenti amico-nemico e promesse da marinaio tra Stati e Imperi. Nulla di nuovo sotto questo cielo, si direbbe a ragion veduta. Ma, stavolta, la ferita del “delink” (disunione) Usa-Europa è davvero grave, forse mortale. Paradossalmente, per metà si tratta oggettivamente di un assassinio a tradimento, ma per l’altra metà va visto come un suicidio non assistito. Cioè, il nostro, di europei molli e inconsistenti, pronti a ricorrere ai mercenari e alle guerre per proxy per difenderci. Siamo sazi di benessere, come i maggiorenti dell’impero romano agonizzante, che avevano orrore dell’uso della forza, facendoci così vittime dei lupi che ritornano in pianura e nei centri abitati delle nostre città. Che cosa, a questo punto, dovrebbe fare la fidanzata Europa, tradita dal suo promesso sposo atlantico? Uscire dalla Nato, per fondare una nuova alleanza politico militare chiusa sul Vecchio continente e “senza” l’America? Per farlo, tuttavia, occorre trovare il bandolo della matassa di un comando unificato, contraddistinto da un unico centro di spesa per la difesa comune, da strutturarsi all’interno di un panorama omogeneo di produzione degli armamenti, in modo da abbatterne drasticamente i costi. Un quadro di azione comune, in pratica, in cui le industrie nazionali del settore siano obbligate a produrre per ciascuna tipologia un solo modello, per quanto riguarda mezzi corazzati, artiglieria, aerei, missili, droni, navi e sommergibili. Il paradosso odierno risiede nel fatto (scandaloso!) che, mentre la spesa europea per la difesa è un terzo di quella Usa, la nostra capacità produttiva è appena un decimo di quella statunitense!
Coerenza vuole, però, che per essere temuta come Grande potenza l’Europa della difesa unica debba anche e soprattutto avere un suo esclusivo arsenale nucleare, integrato con quello francese e inglese, ma non dipendente da questi ultimi due. Il tutto, con un’avvertenza per l’uso: poiché il Trattato dell’Unione prevede sia la difesa comune, sia la mutua assistenza tra tutti i Paesi aderenti per l’aggressione dall’esterno, in tal caso una eventuale provocazione russa provocherebbe una Terza guerra mondiale, dalla quale però l’America si chiamerebbe fuori. Ora, il nuovo padrone della Casa Bianca ci dice che, in fondo, siamo sempre stati degli infidi mercanti che hanno approfittato della generosità americana e che, quindi, dobbiamo smettere di piangerci addosso, mettendo mano ai cordoni della borsa, perché a partire da oggi il Pantalone atlantico non pagherà più i nostri conti. Cioè, dice Donald Trump, con la Russia vedetevela un po’ voi che, obiettivamente, comprendendo nel calcolo l’Inghilterra, messi assieme avete un Pil continentale dieci volte superiore a quello di Mosca. Già, tutto vero sotto il profilo ragionieristico. Del tutto opinabile, invece, dal punto di vista della volontà del ricorso alla forza, che la Russia imperialista possiede da sempre, mentre noi ne siamo del tutto sprovvisti, convinti da ottanta anni che il secolo e la pax americani sarebbero durati millenni. I più decisi tra gli europei a vendicarsi di questo divorzio per colpa, propendono per l’oscuramento dei network e dei social statunitensi che predicano l’odio anti europeo.
Un modo, poi, secondo costoro di far male nell’immediato al fedifrago ultra potente a stelle e strisce, è di realizzare un incisivo coordinamento tra tutte le aziende europee che operano sul mercato dei servizi Usa, affinché facciano a meno della relativa consulenza a pagamento, cancellando dalla lista dei nostri fornitori le loro società di servizi informatici, banche d’affari, studi di avvocati e le imprese di revisione contabile. Rivalsa, questa dell’imprenditoria europea, giustificata dal fatto che il Patriot Act obbliga le società di servizi americane a riversare tutti i dati in loro possesso alle Agenzie federali Usa. Però, a onor del vero, questo valeva anche ai tempi di Barack Obama e Joe Biden, senza che nessuno a Bruxelles si alzasse a protestare. Solo che, oggi, osservano gli oppositori di Trump, queste informazioni sono monopolizzate dai tecno oligarchi come Elon Musk. Ma, come la pensano le élite e l’elettore medio americano sull’Europa? Molto semplice: per tutti loro siamo un amico un po’ invecchiato e fuori dai giochi (mondiali) che contano, e la minaccia russa vale solo per gli europei. E nessuno Oltre Atlantico ha niente da ridire (non ci sono le proteste di piazza alle quali abbiamo assistito per tutto il Trump-I) sul fatto che i due imperatori Donald Trump e Vladimir Putin dialoghino alla pari e parlino la stessa lingua di un potere senza freni e contrappesi. Cosa che, però, nel caso Usa, è una percezione del tutto falsata, dato che il suo attuale presidente, come i suoi predecessori, è costretto a fare ricorsi vari contro le decisioni della magistratura, in grado di disinnescare la maggior parte dei suoi ordini esecutivi, per non parlare della tornata elettorale di midterm, che lo potrebbe privare della maggioranza repubblicana al Congresso.
Per ora, però, la sola idea di inviare truppe europee di interposizione per la difesa dei futuri confini ucraini “alla coreana”, di cui non facciano parte i contingenti della Us Army, è impresa del tutto sconsigliabile. In primo luogo, infatti, i nostri contingenti nazionali sono del tutto privi di esperienza in merito ai teatri moderni di combattimento e, secondariamente, non potremmo accordarci tra di noi su protocolli di ingaggio che implichino una decisa risposta armata, in caso di incidenti e gravi provocazioni da parte russa sulle linee di confine. Per ora, tutto considerato, siamo all’Anno zero del divorzio Europa-Usa: prepariamoci a pagare il conto!
di Maurizio Guaitoli