giovedì 27 febbraio 2025
La Corea del Sud e il bluff del tentato golpe
Si è di recente conclusa la fase degli audit per quanto riguarda la procedura di impeachment all’ormai ex presidente sudcoreano Yoon Suk-yeol. La Corte costituzionale, verosimilmente nel mese di marzo, scriverà l’ultimo atto della terapia con cui la Corea del Sud ha affrontato una vicenda se non pericolosa, indubbiamente grottesca.
Era la notte tra il 3 e il 4 dicembre 2024. Il presidente della Repubblica di Corea annunciava, senza alcun preavviso, l’introduzione della legge marziale. Più che un tentativo di golpe l’operazione si potrebbe descrivere come un goffo tentativo di aggrapparsi al potere con tutti i mezzi a disposizione, e oltre. Nonostante ciò, un atto di tal gravità è stato sufficiente a gettare il paese nel caos. Eppure, a Seul, non senza difficoltà, ne stanno uscendo, dimostrando che il design istituzionale delle democrazie liberali dispone al suo interno di tutti gli strumenti per sopravvivere alle fantasie autoritarie.
Innanzitutto, ciò che ha retto in prima istanza sono state proprie le tanto vituperate garanzie procedurali e burocratiche. La legge sudcoreana della Repubblica presidenziale sudcoreana, prevede che l’Assemblea nazionale possa sovvertire la legge marziale con un semplice voto a maggioranza in Parlamento. Questo è ciò che è avvenuto, considerando anche che il Partito del potere popolare (Ppp) non detiene la maggioranza dell’organo legislativo, a sfavore del Partito democratico, tacciato da Yoon di essere filo-nordcoreano.
Va detto che il tentativo sovversivo si è rivelato inconsistente poiché appoggiato, neanche troppo continuamente, dalle sole forze militari coreane, delle quali il presidente è comandante in capo. Questo è, però, un altro elemento non scontato. Si tratta sempre di un paese che ha già subito, nel corso della sua storia, ben due sanguinosi colpi di stato. La Corea del Sud è una democrazia compiuta solo dal 1988. Troppo spesso ci si dimentica che la tenuta di un sistema democratico va pesata sulla compattezza dei suoi corpi sociali, che siano istituzionali o intermedi.
Nel caso di specie, i corpi sociali hanno avuto una reazione adeguata e ponderata alla portata della situazione. In primis, è stato il bilanciamento e la separazione dei poteri a funzionari, unito, immancabilmente ad una solida party discipline. Infatti, sia l’opposizione, nella sua interezza, che si è resa protagonista della coraggiosa forzatura del blocco al Parlamento, che il partito di governo, hanno dato prova di maturità istituzionale.
Il Ppp, seppur con qualche incertezza, ha riconosciuto gli errori del proprio presidente, il leader del partito si è prontamente dissociato dalle azioni dei propri esponenti, predicando, tuttavia, una linea prudente. È grazie al voto di alcuni dissidenti del Ppp che si è raggiunta la soglia per iniziare la procedura di impeachment nei confronti di Yoon.
In relazione a questo, ha retto, conseguentemente, la giustizia, politica e penale. Mentre la Corte costituzionale si accerterà delle irregolarità procedurali nella proclamazione della legge marziale, la giustizia penale ha arrestato Yoon Suk-yeol che ora rischia di pagare un conto salatissimo.
Il presidente è sospeso dalla carica dal 14 di dicembre. Attualmente è stato sostituito dal Ministro delle finanze, ma serve il voto di 6 giudici costituzionali su 8 per la completa rimozione dall’incarico. Per costringere l’insorto a presentarsi al Tribunale di Seul, la polizia è dovuta ricorrere alla forza, facendo difficoltosamente irruzione nella sua blindata abitazione privata. Adesso rischia una pena molto severa, si parla di ergastolo o pena di morte.
Infine, onor di cronaca, in questo caso letteralmente, va reso onore all’ultimo bastione democratico di questa vicenda: i media. Tutti i principali giornali sudcoreani hanno condannato l’accaduto nell’immediato, come si può notare dalle prime pagine dell’indomani del mancato golpe.
Dire che adesso sia tutto sotto controllo sarebbe, purtroppo una semplificazione. L’opinione pubblica è spaccata, Yoon gode ancora di un nutrito gruppo di sostenitori che urla al furto della democrazia. Gli inviati internazionali sul posto parlano di un paese diviso. Con un vicino di casa così ingombrante e interessato come la Corea del Nord di Kim (ma anche la Cina di Xi), è d’obbligo per una delle più fiorenti tigri asiatiche intraprendere la via della ripresa.
La Corea del Sud è una locomotiva economica essenziale per il mondo libero, che non può permettersi altri inciampi nella sua corsa. I suoi chaebol, un vero e proprio oligopolio industriale, da Samsung a Lg, passando per Hyundai, Daewoo, e altri, sono un faro dell’economia mondiale in settori delicatissimi.
Nota a margine, il paese presenta un tasso di alfabetizzazione record del 98 per cento, uno delle più alte percentuali di laureti al mondo e, in generale, un sistema scolastico altamente competitivo basato sulla concorrenza.
Che sia un esempio per i suoi alleati occidentali, parallelamente alla sua capacità di resilienza nei confronti del sempre più di moda “uomo solo al comando”?
di Gaetano Gorgone