Il vero obiettivo di Trump

martedì 25 febbraio 2025


Come ho già avuto modo di scrivere all’inizio del conflitto in Ucraina, causato dall’inusitata aggressione russa, considero deliranti le tesi, riprese in modo stupefacente da Donald Trump, secondo le quali la responsabilità di ciò sarebbero tutte a carico dell’Occidente, che avrebbe utilizzato il Paese invaso come punta di lancia per intimorire il regime di Vladimir Putin. L’argomento, in particolare, trova molta linfa nella storica visione antioccidentale piuttosto trasversale nel nostro Paese, soprattutto da quando gli alleati a guida americana ci hanno battuto e liberato alla fine della Seconda guerra mondiale. In tal senso l’attuale posizione, apparentemente filoputiniana dell’inquilino della Casa Bianca, crea una sorta di cortocircuito nella testa di tanti complottisti che, ostili a prescindere nei confronti dei sistemi democratici dell’Occidente, hanno rapidamente identificato nel dittatore russo un valido paladino nella lotta contro lo stesso cattivo Occidente. In realtà, l’apparente filoputinismo del tycoon, oltre ad essere giustificato dall’esigenza di voler apparire come l’uomo della provvidenza mondiale che ferma le guerre, nasconde un evidente interesse strategico di grande portata geopolitica: sganciare la Russia dall’orbita cinese.

Orbita che, per la cronaca, ancora oggi lascia un grande nostalgico nell’attuale leader del Movimento 5 stelle, quel Giuseppe Conte, autore di catastrofiche misure che hanno devastato i bilanci pubblici, che non perde occasione per rimproverare l’attuale Governo, reo per l’appunto di aver abbandonato la cosiddetta Via della seta. In pratica, si è trattato di un memorandum, siglato a Palazzo Chigi nel 2019 dall’allora premier pentastellato e il presidente cinese Xi Jinping, che comprendeva 19 intese istituzionali e 10 accordi commerciali. Ora, tornando alla strategia di Trump, che evidentemente tenta di irretire Putin promettendo una pace più che soddisfacente per il russo, vale quanto ho già sostenuto in un precedente articolo. Se il presidente americano ritiene di sfruttare le sue capacità di grande affarista per convincere il suo interlocutore a sganciarsi dalla Cina, trovando peraltro una sponda piuttosto incerta un Paese, gli Stati Uniti, in cui ogni 4 anni si rivota per il capo supremo – contrariamente alla stabile dittatura di mercato cinese – deve fare i conti con un uomo che ha fin qui dimostrato di non avere alcuno scrupolo pur di raggiungere i suoi obiettivi. Obiettivi che, peraltro, sembrano molto condivisi in buona parte del suo Paese. Ciò significa che in questa partita l’America rischia fortemente di ritrovarsi con un pugno di mosche, dopo aver umiliato i gloriosi ucraini e aver fortemente intaccato i rapporti con gli storici alleati d’Oltreoceano.


di Claudio Romiti