Se telefonando: Trump e Putin avviano i negoziati

giovedì 13 febbraio 2025


Sono stati avviati i negoziati. Donald Trump ha sorpreso tutti, Europa e Volodymyr Zelensky compresi, dopo aver chiamato nient’altro che il capo del Cremlino, Vladimir Putin. Il tycoon ha parlato di una “lunga e altamente produttiva telefonata” con il presidente russo. È il primo colloquio tra i due leader da quando Trump si è insediato alla Casa Bianca il mese scorso. I due si sono parlati per 90 minuti, come confermato dal Cremlino, discutendo di geopolitica, rapporti bilaterali e – soprattutto – della guerra in Ucraina. “Abbiamo parlato dei punti di forza delle nostre Nazioni e del grande vantaggio che un giorno avremo lavorando insieme”, ha scritto Trump, sottolineando un cambio di passo rispetto alla strategia del suo predecessore, Joe Biden, che per quasi tre anni aveva evitato ogni contatto diretto con Putin.

Il presidente Usa e quello russo avrebbero concordato di lavorare “molto da vicino” e di affidare ai rispettivi team l’avvio immediato dei negoziati di pace. E The Donald ha anche accennato alla possibilità di visite ufficiali reciproche, un’ipotesi che segnerebbe un punto di svolta nelle relazioni tra Washington e Mosca. Dal Cremlino, intanto, trapela la solita prudenza. Putin ha parlato della necessità di affrontare le “cause profonde” del conflitto, lasciando intendere che Mosca non si accontenterà di un semplice cessate il fuoco. In altre parole, la Russia vuole garanzie concrete prima di abbassare le armi. Ma la vera mossa a sorpresa di Trump è arrivata subito dopo la telefonata con Putin: il tycoon ha chiamato anche Volodymyr Zelensky. “La conversazione è andata molto bene”, ha assicurato Trump, sostenendo che anche il leader ucraino voglia la pace. Dichiarazioni confermate, almeno in parte, dallo stesso Zelensky, che sui social ha parlato della necessità di costruire una “pace duratura e credibile”. Il tono del presidente ucraino è apparso più cauto rispetto all’entusiasmo di Trump. D’altronde, cosa ci si può aspettare da un capo di Stato che sta portando, suo malgrado, il Paese nel quarto anno di guerra?

I timori del leader di Kiev sono stati confermati a Bruxelles, dalle parole del segretario alla Difesa Usa, Pete Hegseth, ha dichiarato che è “irrealistico” pensare di riportare i confini ucraini a prima del 2014, quando la Russia ha annesso la Crimea. Washington sembra pronta ad accettare che Mosca tenga la Crimea, una posizione che va in netto contrasto con le richieste ucraine. Hegseth ha anche ribadito che gli Stati Uniti non vedono di buon occhio l’ingresso di Kiev nella Nato, un altro tema cruciale nei rapporti con Mosca.

Mentre Trump muove le sue pedine, costruite in anni di relazioni internazionali basate sulla persona e non sul contesto, in Unione europea cresce il timore di essere lasciati ai margini della partita. I ministri degli Esteri di Francia, Germania e Spagna, riuniti a Parigi, hanno lanciato un chiaro messaggio: “Nessun accordo sarebbe possibile senza la Ue e Kiev”. Ma il rischio che l’Ue abbia effettivamente già lasciato – implicitamente – le redini della cosa a Washington è abbastanza concreto. Comunque, la strada verso la pace è tutt’altro che in discesa. Mosca accetterà davvero di fermarsi senza ottenere garanzie su Crimea e Donbass? Kiev sarà disposta a sedersi al tavolo sapendo di dover fare delle concessioni? E l’Europa, che finora ha sostenuto l’Ucraina con armi e aiuti, riuscirà a ritagliarsi un ruolo nella trattativa?


di Zaccaria Trevi