Cirenaica: la rotta letale dei migranti subsahariani

giovedì 13 febbraio 2025


Dal sottosuolo della Cirenaica affiorano realtà ben note circa il destino dei migranti, soprattutto di quelli provenienti dall’Africa sub sahariana. Il 9 febbraio nei pressi di un centro di detenzione non controllato da Bengasi, quindi nemmeno dal famigerato generale tripolino (ex venditore ambulante) Njeem Osama Elmasry, conosciuto come Al-Masri, sono venute alla luce due fosse comuni con una cinquantina di corpi di migranti. La loro identità è chiaramente sconosciuta, ma la zona di provenienza è quella sub sahariana e saheliana. L’area dove sono stati rinvenuti è nella regione di Kufra, un distretto della Cirenaica del sud-est, al confine tra Egitto, Ciad e Sudan. Qui esistono centri di detenzione fuori il controllo del governo di Khalifa Belqasim Haftar, l’uomo forte, così viene riconosciuto, della Cirenaica, e hanno una ubicazione non casuale in quanto sorgono limitrofi a una delle piste che partono dal centro Africa per raggiungere la costa mediterranea.

Le fosse comuni sono state identificate dopo una incursione delle forze di sicurezza governative definite “anti-tratta”, nel centro di detenzione gestito da una rete di trafficanti di esseri umani. Qui erano imprigionati poco meno di un centinaio di migranti intercettati durante il loro viaggio dal sub-Sahara. Una macabra scoperta, solo ultima di una tragedia che si perpetua non solo in questa regione, e che colpisce le persone che cercano di raggiungere l’Europa attraversando un area tra le più pericolose dell’Africa. In una delle due fosse scoperta domenica scorsa in una struttura rurale nei pressi dell’oasi di Kufra, tristemente nota anche per la battaglia di Kufra gennaio marzo 1941, erano seppelliti circa venti cadaveri. Nell’altra fossa sono stati rinvenuti una trentina di corpi. I sopravvissuti hanno affermato che sono scomparsi, probabilmente uccisi, circa 70 persone, quindi i restanti è probabile che saranno stati sepolti in un’altra fossa comune.

L’oasi dista da Bengasi oltre mille chilometri, ciò fa comprendere quanto sia marginale questa aerea, ed è a circa due chilometri dal capoluogo distrettuale di el-Giof. In questa zona le piogge sono quasi assenti, e la temperatura media si aggira intorno ai 39 gradi. Risulta, da quanto riportato da associazioni umanitarie libiche, che alcuni corpi portavano letali lesioni di arma da fuoco, sicuramente il colpo di grazia prima di essere gettati nella fossa. La banda di mercanti di esseri umani operava nel rapimento di questi migranti irregolari provenienti da Paesi, molti dei quali caratterizzati da una “instabilità congenita”. Torturati, violentati, totalmente soggiogati, poi, come accade con i centri di detenzione della Tripolitania, questi parzialmente sotto controllo governativo, messi sul mercato con modalità statuite in funzione del valore dell’individuo. I migranti sequestrati scomodi per vari motivi, come malati, deboli, non “commerciabili”, irrequieti, vengono uccisi e sepolti. Sui social media sono state pubblicate le foto dei cadaveri rinvenuti, ma anche dei sopravvissuti segnati da cicatrici sulla schiena, sul viso e sulle braccia, tutti emaciati. Infine, le immagini dei tre carnefici arrestatati, un libico, non identificata la regione di provenienza, e due stranieri dei quali non è stata dichiarata la nazionalità.

La Libia dal 2011, data della caduta del rimpianto presidente Muammar Gheddafi, è sprofondata nel caos politico e in una insicurezza cronica. Il Paese è attualmente governato da due esecutivi rivali, quello di Tripoli, imposto dall’Occidente, quindi riconosciuto dalle Nazioni unite, guidato, eufemisticamente, da Abdul Hamid Mohammed Dbeibah, l’altro a Bengasi, regione Cirenaica, retto dal potente clan del maresciallo Khalifa Haftar. La regione del Fezzan è organizzata in senso tribale intorno ad un centinaio di tribù e bande che si coagulano in modo autonomo a volte verso Bengasi, ed in alcune occasioni con Tripoli. È in questo caos che decine di migliaia di migranti subsahariani che si avventurano lungo le rotte che attraversano il Sahara, giungono sul territorio libico, o verso il confine algerino o egiziano. Per poi convergere verso le più vicine coste mediterranee con il sogno di raggiungere, spesso a ragione, l’Eldorado europeo. In questi viaggi, che possono durare anche alcuni mesi, a volte si perdono tra le sabbie desertiche, ma la maggior parte cadono preda dei trafficanti, altri si perdono tra le acque del Mediterraneo durante la traversata.

Se in Cirenaica, distretto di Kufra, si scoprono le fosse comuni come accaduto il 9 febbraio, a fine gennaio, l’ufficio del procuratore generale di Tripoli ha imposto l’arresto dei membri di una banda criminale accusata di aver torturato oltre duecentocinquanta migranti irregolari provenienti dall’Africa allo scopo di estorsione. I criminali operavano in un campo di detenzione nella zona di al-Wahat, un distretto della Cirenaica, regione desertica sotto il controllo delle forze del maresciallo Haftar, a sud di Bengasi e a oltre settecento chilometri da Tripoli. Questa situazione è conferma del caos sul controllo di tutto il territorio libico, in quanto il centro di detenzione e tortura dell’oasi di Al-Wahat è in Cirenaica, come quello di Kufra, ma mentre la prima ha avuto l’intervento delle forze di sicurezza della Tripolitania, che hanno arrestato i carnefici, la seconda è stata smantellata dalle forze cirenaiche, e gli autori della strage e delle violenze sono sotto tortura nelle carceri di Bengasi.

Ma questa apparente cooperazione tra Bengasi e Tripoli contro le organizzazioni di trafficanti di esseri umani, è voluta o è uno sconfinamento delle forze di sicurezza di Tripoli in Cirenaica? Sicuramente la Libia è passata da avere un autocrate, Gheddafi, a dover far convivere qualche decina di piccoli dittatori. Comunque in Libia è frequente il ritrovamento di fosse comuni con cadaveri di migranti. Nel 2024 furono dissotterrati nella zona di Ash Shwayrif, ubicata in Tripolitania e a circa 350 chilometri a sud della Capitale, i corpi di una settantina di migranti.


di Fabio Marco Fabbri