Come ti compro l’informazione

martedì 11 febbraio 2025


La reazione scomposta dei “progressisti” allo svelamento del vaso di Pandora. Quando i giovani tech guy di Elon Musk hanno mostrato al mondo dove finivano – o meglio, verso quali testate – i soldi dei contribuenti americani, attraverso l’agenzia governativa Usaid, tra le fila dei democratici e della sinistra a stelle e strisce si è diffuso prontamente il panico. L’isteria di chi per troppo ha agito nell’ombra e l’ha fatta franca. Ancora più eloquente, tuttavia, è stata la reazione dei media mainstream italiani e non: un silenzio pressoché assoluto da parte delle principali testate, una reticenza che in altri tempi avrebbe potuto insabbiare una notizia scomoda. Tuttavia, il 2025 segna un’epoca in cui il potere dellinformazione tradizionale è – a nostro malgrado – drasticamente ridimensionato, e la fiducia del pubblico nei media legacy ha raggiunto minimi storici.

Sulla carta, la Usaid è un’agenzia nata per promuovere lo sviluppo e il progresso nei Paesi in difficoltà. Ma da oltre un decennio, in molti la indicano come uno degli ingranaggi del cosiddetto censorship industrial complex, un sistema di finanziamenti a Ong, think tank e gruppi editoriali che, più che informare, dettano la linea e soffocano le voci fuori dal coro. Il principio è semplice: chi non si allinea viene marginalizzato, mentre chi sposa la narrazione dominante riceve fondi e visibilità. Ma soprattutto fondi. Non è certo la prima volta che i governi usano il denaro pubblico per influenzare la comunicazione. Durante la guerra fredda, ad esempio, gli Stati Uniti finanziavano alcuni partiti occidentali – Italia inclusa – per contrastare l’influenza sovietica. La differenza? All’epoca si trattava di una strategia per difendere gli equilibri geopolitici. Oggi, invece, il gioco sembra essere un altro: erodere le strutture dello Stato-nazione e favorire un modello di potere tecnocratico, centralizzato e privo di veri contrappesi democratici.

C’è un aspetto della vicenda che merita attenzione: il legame tra i grandi gruppi editoriali e il potere politico. Un esempio concreto? Il modo in cui alcune testate hanno ricevuto da Usaid finanziamenti indiretti tramite abbonamenti istituzionali. Bloomberg, Politico e altre testate vendono costosi pacchetti informativi a enti pubblici e governi, creando un sistema in cui i media sanno bene che, se non si allineano, quei soldi potrebbero svanire. Una logica che sembra uscita direttamente da un film, più che da un manuale di etica giornalistica. Ma c’è di più. Un caso emblematico riguarda il contratto tra la Defense advanced research project agency (Darpa) e Thomson reuters special projects, una società controllata del colosso Reuters. Si tratta di un accordo da 9,1 milioni di dollari annui per quattro anni, formalmente destinato a progetti di “difesa dell’ingegneria sociale attiva” e, soprattutto, di “inganno sociale su larga scala” (large scale social deception). Se già la definizione fa venire i brividi, il tempismo è ancora più interessante: l’accordo, siglato nel 2018, avrebbe dovuto concludersi nel 2020, ma è stato esteso fino a novembre 2022, in piena crisi pandemica. Difficile non notare la coincidenza: in un periodo in cui la comunicazione pubblica era cruciale, esperti di “inganno sociale” sono stati tenuti in servizio più a lungo del previsto.

Ma il punto centrale resta il ruolo della Usaid e la sua capacità di operare indipendentemente dall’amministrazione in carica. Durante la prima presidenza Trump, l’agenzia ha continuato a finanziare progetti e gruppi di pressione che andavano in direzione opposta rispetto alla linea ufficiale della Casa Bianca. In altre parole, si è mossa come se rispondesse a un’altra catena di comando, quella del cosiddetto deep State. Ecco perché la sua eliminazione ha scatenato una reazione così accesa. Non si tratta solo di un’agenzia governativa chiusa per tagli di bilancio, ma di un colpo assestato a un sistema di finanziamenti e influenze che per anni ha garantito la protezione di certe narrazioni politiche e mediatiche.


di Zaccaria Trevi