Coperte, bombe o tangenti: perché fornire aiuti esteri?

martedì 11 febbraio 2025


Dopo che il presidente Donald Trump ha congelato i finanziamenti dell’Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo internazionale (Usaid), la direttrice uscente Samantha Power ha avuto difficoltà a trovare le parole per sfogare la sua indignazione: I programmi che gestiamo, le persone da cui dipendiamo, in alcuni casi, per avere farmaci salvavita. (…) O se siete in Sudan e avete un bambino che sta deperendo a causa della malnutrizione, una pasta miracolosa, una pasta di arachidi che l’Usaid fornisce riporta in vita quel bambino, beh, tutti questi programmi sono stati sospesi. In parole povere: Non toccate l’Usaid! Ma Power, ha opportunamente ignorato una vasta gamma di oltraggi e violazioni commessi dall’Usaid, come i 122 milioni di dollari inviati a gruppi allineati con organizzazioni terroristiche denominate, in gran parte sotto la sua supervisione. In altre parole, il ridimensionamento dell’Usaid, attualmente in corso, è atteso da tempo e urgentemente necessario.

Gli aiuti esteri, vale a dire il sostegno finanziario fornito da un Paese a un altro divennero un fenomeno significativo 80 anni fa, alla fine della Seconda Guerra mondiale. Due fattori contribuirono al loro sviluppo: la devastazione delle economie avanzate dell’Europa e il desiderio di sostenere o acquisire alleati nel contesto dell’incipiente guerra fredda. Gli aiuti esteri divennero quindi un aspetto consolidato e di routine delle relazioni internazionali. Nonostante le aspre critiche, si diffuse sempre più l’idea che i Paesi più ricchi dovessero destinare parte delle loro risorse a quelli più poveri; o, per citare la famosa battuta di Peter Bauer, un economista britannico, “Gli aiuti esteri sono un sistema per prendere soldi ai poveri dei Paesi ricchi e darli ai ricchi dei Paesi poveri”.

Il Piano Marshall in Europa e il suo equivalente in Giappone furono considerati un successo, alimentando l’aspettativa che il denaro investito con cura avrebbe portato i Paesi dalla povertà alla ricchezza. Ma quasi un secolo di esperienza ha dimostrato che si tratta di un sogno irrealizzabile: ogni Paese che si è sviluppato lo ha fatto autonomamente. Verosimilmente, il denaro gratuito rappresentato dagli aiuti esteri distorce le economie e ostacola lo sviluppo. Escludendo gli aiuti allo sviluppo, rimangono tre tipi fondamentali di aiuti: le coperte (aiuti umanitari d’emergenza), le bombe (aiuti militari) e le tangenti (politici). Gli aiuti d’emergenza equivalgono ai fondi di emergenza o di beneficenza, ossia consistono nell’aiutare chi è in difficoltà. È una soluzione indiscussa e relativamente poco costosa, ma non rientra nelle competenze del dipartimento di Stato; forse dovrebbe occuparsene il dipartimento dell’Interno. Gli aiuti militari promuovono gli obiettivi di Washington aiutando un alleato a combattere, e sono di competenza del dipartimento della Difesa. Gli aiuti politici, ovvero l’incentivazione dei governi ad adottare le politiche volute da Washington in relazione a obiettivi molto specifici, costituiscono un importante strumento di diplomazia e pertanto rientrano nelle competenze del dipartimento di Stato.

Tornando al clamore attuale, l’amministrazione Trump non ha posto fine agli aiuti esteri, ma si chiede se essi siano nell’interesse del contribuente americano. Un ragionamento del genere dimostrerebbe che l’Usaid ha fallito principalmente in tre modi. In primo luogo, nel classico schema burocratico, l’Usaid tende a considerare la spesa dei fondi come un parametro di successo. In un esempio tristemente noto, l’Agenzia si è vantata dei suoi investimenti per combattere la malaria in Africa, ma ha speso il 95 per cento dei fondi in consulenti e contractor e solo il 5 per cento in farmaci, finché le continue interrogazioni delle commissioni del Congresso non hanno costretto l’Usaid ad ammettere che le cifre citate non avevano alcuna relazione con ciò che di fatto faceva sul campo.

In secondo luogo, l’Usaid tende a considerare gli aiuti un diritto. Quando il lavoro di un funzionario o di un diplomatico americano dipende dalla distribuzione degli aiuti, questi continueranno ad arrivare, indipendentemente dalla loro utilità. Prendiamo in considerazione il caso dell’Albania, dove il contribuente americano ha investito quasi 30 milioni di dollari nella riforma giudiziaria negli ultimi sei anni. Tuttavia, in questo periodo non solo la corruzione è aumentata, ma il leader albanese Edi Rama ha dirottato gli aiuti anticorruzione per mettere a tacere e imprigionare i suoi rivali. Ormai il governo albanese ha trasformato il Paese in una mini-Turchia: la sua democrazia è a pezzi, il partito al potere è corrotto e c’è ostilità verso l’Occidente. Nonostante ciò, l’Usaid continua a far fluire il denaro nel Paese.

Un problema simile riguarda gli aiuti militari. Quando il Pakistan e l’Egitto ricevono miliardi di dollari per tenere a bada i gruppi terroristici islamici, hanno un incentivo a mantenere tali gruppi in vita. La corruzione personale, poi, dà ai leader militari un motivo in più per mantenere viva la minaccia islamista. In terzo luogo, l’Usaid ignora l’impatto negativo degli aiuti sulla buona governance. L’Autorità palestinese (Ap), ad esempio, rendendosi conto che non avrebbe dovuto rispondere delle proprie azioni, non si è preoccupata di governare in modo responsabile. Ha utilizzato gli aiuti occidentali per finanziare uccisioni e fomentare vendette, confidando nel fatto che i donatori avrebbero ignorato la cattiva condotta e ricostruito le infrastrutture. Un vero e proprio fiume di aiuti finanziari ha vanificato qualsiasi tentativo da parte della popolazione sottomessa all’Ap di chiedere conto ai propri leader.

La Somalia, che ha ricevuto più di un miliardo di dollari all’anno per tre decenni, offre un esempio ancora più estremo. La regione autonoma del Somaliland, situato nella parte settentrionale della Somalia, non riceve quasi nessun aiuto perché i donatori internazionali non accettano la sua secessione. Eppure, il tenore di vita e la sicurezza del Somaliland superano di gran lunga quelli della Somalia. Lo Stato non riconosciuto è persino diventato il primo Paese al mondo a garantire l’integrità delle elezioni con la scansione biometrica dell’iride. Riepilogando, le coperte da distribuire a chi ne ha bisogno sono poco costose e non controverse. Le bombe destinate a sconfiggere i nemici comuni devono essere lanciate con cautela, per non creare problemi di interesse personale e di rischio morale. Le decisioni in materia di corruzione non devono mai essere prese da un ambasciatore o da un responsabile di progetto dell’Usaid, ma a un livello molto più alto, preferibilmente dal Consiglio per la Sicurezza nazionale, e solo in rari casi, per evitare che i Paesi si aspettino un pagamento in cambio della reciproca cooperazione.

Nel complesso, dunque, gli aiuti esteri sono utili ma, come ogni iniziativa benefica, devono essere gestiti con estrema cautela.

(*) Tratto da MEF Observer

(**) Traduzione a cura di Angelita La Spada


di Daniel Pipes e Michael Rubin (*)