Gazati! Colpo di genio!

venerdì 7 febbraio 2025


Gazati, versione adattata di “gasati”, cioè di eccitati per una trovata geniale quanto utopica. Quale, è presto detto. Donald Trump vuole ricostruire Gaza come un immenso resort a cinque stelle per ospitare il turismo mondiale di lusso. Insomma, da luogo di sofferenze, stragi, umiliazioni e guerre, si passerebbe a un’oasi di libertà e di piacere, con la totale ricostruzione di Gaza e molte decine di miliardi di dollari di investimenti, per la creazione di una colossale industria del turismo, che assicurerebbe centinaia di migliaia di posti di lavoro agli autoctoni. Sì, certo, The Donald è per definizione un istrione molto eccentrico che recita sul palcoscenico del mondo, ma, come il nostro famoso Pulcinella, scherzando scherzando dice sempre la verità, che invece tutti tacciono. Ovvero: Yasser Arafat, Mahmūd Abbās, Yahya Sinwar e così via hanno utilizzato molte decine di miliardi di dollari di donazioni per ridurre Gaza e la Palestina a un fortilizio assediato, ingombro di armi, esplosivi e assassini mascherati. Trump dice l’ovvio: bisogna costruire per i Palestinesi una vera economia moderna, facendoli passare dalla carità internazionale al benessere. Questa è la vera equazione. Meglio dirlo chiaro, ancora un volta, al resto del mondo.

Nel caso specifico, volendo giocare il gioco utopico di Trump, la soluzione lineare è chiarissima: Egitto e Giordania dovranno essere ricompensate per un periodo prefissato (cinque/dieci anni), su base procapite, per ogni profugo gazawi che verrà ospitato, fino al termine della ricostruzione. Per evitare ogni rischio di infiltrazione di uomini armati, l’esodo dovrà avvenire sotto lo stretto controllo di un contingente militare internazionale arabo-occidentale, evitando così disastri del tipo Settembre nero del 1970 in Giordania, o il colpo di stato dell’esercito egiziano nel 2013 per destituire il presidente Mohamed Morsi, eletto con i Fratelli Musulmani. Dopo di che, la futura amministrazione autonoma di Gaza potrà prendere in carico tutto il complesso turistico-economico trumpiano, beneficiando delle entrate complessive relative, che dovranno coprire, per quota parte (relativamente alla sola componente dei loan, al netto delle donazioni gratuite, o grant), gli interessi annuali da riconoscere agli investitori internazionali, fino alla totale restituzione del capitale a rischio. Questo per la fiction.

Più in concreto, tuttavia, né ora né mai Hamas potrà essere della partita della ricostruzione (qualunque essa sia) e del governo di Gaza. E questo perché, da statuto, il movimento ha come fine l’annientamento dell’entità sionista, pregiudiziale quest’ultima che preclude ed esclude in maniera assoluta e categorica, dal suo punto di vista, la soluzione dei due Stati. Quest’ultima, del resto, è resa impossibile e infattibile dalla situazione in cui versa la Cisgiordania, di fatto occupata stabilmente a macchia di leopardo da insediamenti di coloni israeliani. Sloggiarli con la forza, come fece Ariel Sharon ai tempi di Gaza nel 2005, significherebbe scatenare una guerra civile all’interno di Israele. Il fatto più sconcertante, però, dal punto di vista della politica e del diritto internazionali, è proprio la posizione assunta in larga parte dell’Occidente dai movimenti pro-Pal, ospitati nei principali campus europei e americani.

Ad avvalorare la loro nascita e militanza puramente strumentale, a beneficio di Hamas e dell’Iran, è il letterale spegnimento delle proteste, a seguito dell’evidente prosciugamento delle fonti finanziarie estere agli atenei interessati, soprattutto arabe e qatarine, in particolare. L’altra questione, riguarda proprio la legittimità dell’intervento israeliano e l’annientamento di Gaza per eradicare Hamas dall’area. Per pura coerenza, infatti, ci si sarebbe aspettato da tutti i sostenitori del fantomatico Stato palestinese l’ammissione che l’aggressione armata e la strage di civili israeliani del 7 Ottobre 2023 costituisse, da parte di quello stesso Stato, una vera e propria dichiarazione di guerra nei confronti di Israele.

Quindi, sempre per coerenza, così come accaduto per l’Ucraina, invitata da pro-Pal e filo russi di tutto il mondo ad arrendersi all’Armata rossa, per evitare immensi lutti al Paese invaso, ci si sarebbe aspettato che, al momento stesso in cui è intervenuto l’esercito e l’aviazione israeliana (incomparabilmente più forti dei miliziani di Yayha Sinwar), la stessa misura fosse consigliata anche ad Hamas, per risparmiare migliaia di vittime innocenti, invitandolo ad arrendersi e a consegnare armi, tunnel e ostaggi alle organizzazioni internazionali che difendono i diritti dei palestinesi. A partire dal 7 Ottobre 2023, nessuno dei movimenti filo palestinesi o degli Stati arabi ha denunciato il comportamento deprecabile e indegno di Hamas che, invece di ricoverare nei tunnel la popolazione indifesa per metterla al riparo dai bombardamenti israeliani, ha riservato quei rifugi ai suoi miliziani, utilizzando per di più i sotterranei e gli spazi di case e insediamenti (scuole, ospedali) civili per nascondere armi, missili, ostaggi e centri di comando. Eterna, indimenticabile vergogna per i guerriglieri di Hamas è il letterale esproprio a mano armata degli scarsi aiuti alimentari internazionali, che sono riusciti a raggiungere l’esercito di sfollati palestinesi a Gaza nei lunghi mesi di guerra.

Per non parlare dell’indegno show mediatico inscenato da Hamas all’atto della riconsegna degli ostaggi israeliani, a fronte della liberazione di molte centinaia di miliziani che si sono macchiati di gravi crimini di sangue. Ovviamente Israele, fedele alla sua strategia millenaria di “occhio-per-occhio”, metterà nel mirino ovunque essi si trovino i terroristi così liberati, già condannati a pene che variano da parecchi anni all’ergastolo. In generale, finché Gaza non sarà interamente ricostruita, non ha alcun senso parlare né di rappresentanza democratica, da assicurare attraverso lo svolgimento di nuove libere elezioni, sotto stretta sorveglianza internazionale, né di un governo di grande coalizione tra l’Autorità palestinese e altre componenti fondamentaliste, dovendo una coalizione internazionale (arabo-occidentale?) preliminarmente garantire la sicurezza della Striscia.

In tale contesto, l’America è pronta a giocare un ruolo fondamentale di peacekeeping, magari con il consistente aiuto di un contingente militare italiano?


di Maurizio Guaitoli