martedì 4 febbraio 2025
Xi Jinping alza la voce. Con la promessa di sedersi al tavolo delle trattative con il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, nel frattempo il leader della Repubblica popolare cinese ha inaugurato i “contro-dazi” verso gli Usa. Dopo l’entrata in vigore, alla mezzanotte americana di martedì, dell’inedita stretta commerciale imposta dal tycoon sulle importazioni dalla Cina, il governo di Pechino ha annunciato una serie di contromisure che, a partire dal 10 febbraio, colpiranno con tariffe del 15 per cento carbone e gas naturale liquefatto statunitense, mentre petrolio, macchinari agricoli, veicoli di grossa cilindrata e pick-up vedranno un ulteriore incremento del 10 per cento.
Per Washington, la stretta sulle importazioni cinesi è giustificata dalla necessità di contrastare il flusso del fentanyl, l’oppioide sintetico che ogni anno uccide circa 100mila americani. Ma il dragone non ci sta e attacca: il Ministero delle Finanze cinese ha definito la mossa di Trump una “imposizione unilaterale” che “viola gravemente le regole dell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto)”. Una scelta, si legge nella nota, che “non aiuta a risolvere i problemi interni degli Stati Uniti, ma mina la cooperazione economica e commerciale tra i due Paesi”. Mentre Messico e Canada hanno ottenuto una tregua di un mese – “andando incontro” alle richieste del tycoon riguardo la sicurezza ai confini – con il congelamento delle tariffe al 25 per cento, la Cina resta nel mirino della Casa Bianca. Trump ha spesso puntato il dito contro Pechino, anche in campagna elettorale, accusandola di non fare abbastanza per bloccare l’export di fentanyl e delle sostanze chimiche usate per produrlo. Eppure, dietro le quinte, la diplomazia si muove: fonti vicine alla presidenza americana rivelano che sono in corso trattative e che lo stesso Trump potrebbe parlare a breve con il leader cinese Xi Jinping. Il tycoon, intanto, ha discusso la questione con il premier canadese Justin Trudeau e con la presidente messicana Claudia Sheinbaum, che ha appena disposto il dispiegamento di 10mila militari al confine per rafforzare i controlli sull’immigrazione illegale.
Ma Pechino si è perfino ritrovata un asso nella manica. l’Esecutivo cinese ha fatto scattare, con effetto immediato, nuove restrizioni sull’export di metalli rari, con il blocco alla vendita di tungsteno e di 25 prodotti e tecnologie legate a questo settore, tra cui il paratungstato di ammonio. Il governo cinese parla di una misura necessaria per “salvaguardare la sicurezza e gli interessi nazionali” e rispettare gli obblighi di non proliferazione. Per le aziende che vogliono esportare questi materiali scatterà l’obbligo di richiedere una licenza al dipartimento del Commercio. Non solo: Pechino aggiornerà “l’elenco di controllo delle esportazioni di prodotti a duplice uso”.
di Eugenio Vittorio