mercoledì 8 gennaio 2025
Che succederà nel e “del” mondo, secondo il Vice di Donald Trump, James David Vance, e l’ex Consigliere per la Sicurezza durante il suo primo mandato, Robert Charles O’Brien? Il primo è stato molto netto e chiaro sul futuro dell’Ucraina e di Vladimir Putin: l’Europa non conterà un bel nulla al tavolo russo-americano della trattativa di pace per Kiev, mentre è certo che “i russi si terranno tutto il territorio che hanno finora conquistato, concordando con noi sull’individuazione di una fascia smilitarizzata, destinata a coincidere con l’attuale linea del fronte, mentre il confine dalla parte ucraina verrà blindato e adeguatamente fortificato per prevenire una nuova invasione russa”. E che cosa succederà del resto dell’Ucraina, sempre secondo Vance? Rimarrà uno Stato indipendente e sovrano, fornendo le giuste garanzie a Mosca per la sua neutralità, nel senso che “non sarà garantito a Kiev l’ingresso né nella Nato, né in altre istituzioni alleate. Credo proprio che finirà così”. Noi, qui sull’altra sponda dell’Atlantico la pensiamo certo molto diversamente da lui e da Trump, solo che abbiamo dimostrato al mondo di non avere né i mezzi, né la volontà politica per far valere il nostro punto di vista. Ovvero, visto che la Russia da più di dieci anni ha deciso la confrontation con gli Usa e va da allora demolendo l’ordine internazionale a braccetto di Cina e Iran, su quali basi Trump potrà avviare un dialogo con lui? Del resto, anche Robert O’Brien non la pensa come Vance, e su Foreign Affairs scrive che l’America dovrebbe garantire tutto il sostegno necessario a Kiev, purché l’Europa paghi di più per garantirlo.
In pratica, a suo giudizio, “l’approccio di Trump da Presidente in carica dovrebbe essere quello di continuare ad assicurare l’aiuto militare determinante all’Ucraina, purché finanziato dai Paesi europei. Poi, è contestualmente necessario lasciare la porta aperta a un rapporto diplomatico con la Russia, mantenendolo entro un buon grado di incertezza in merito alle future condotte americane”. Un modo molto valido per farlo, secondo O’Brien, è di convincere la Nato a “ruotare le sue forze terrestri e aeree stanziandole in Polonia, per aumentare il deterrente dell’Alleanza ai confini con la Russia. In modo così da dire forte e chiaro a Putin che la Nato difenderà tutto il suo territorio da qualsivoglia aggressione esterna”. E, sempre all’opposto di Vance, O’Brien ritiene che se “l’Europa vuole essere convincente nella difesa dell’Ucraina, deve ammettere il più rapidamente possibile Kiev nell’Unione, dando un netto taglio alle usuali procedure protocollari per l’accesso dei nuovi membri”. Ma, anche dal suo punto di vista, non si deve superare la vera linea rossa per Putin, che è quella dell’ingresso dell’Ucraina nella Nato. Di certo, il più interessato a prendere il “pacchetto O’Brien” è il moribondo Governo di Olaf Scholz, felicissimo di condividere con altri il peso della difesa di Kiev, in vista delle prossime elezioni federali anticipate a febbraio 2025.
Perché, poi, anche per il Cancelliere tedesco l’Europa non ha scelta, se non quella di aprire il più rapidamente possibile un negoziato con Mosca, mettendo Volodymyr Zelensky con le spalle al muro perché si sieda al tavolo con Putin. Tutt’al più si potrà dare ascolto a quanto suggerito dall’ex Ambasciatore inglese a Washington, Sir Peter Westmacott, secondo il quale Trump dovrebbe dare ascolto a David Cameron e prendere altro tempo per consentire all’Ucraina di trattare da una posizione più forte, qualora Putin non riesca a riprendersi tutto il Kursk. Sull’Iran, O’Brien è del parere che occorre mettere sotto pressione Teheran come non mai, inasprendo le attuali sanzioni e riducendo drasticamente le vendite illegali di petrolio iraniano all’estero. Mentre, in merito alla Cina, occorre in ogni modo contrastare il disegno geopolitico del Partito Comunista cinese, che vuole Pechino egemone nel mondo per difesa e sicurezza, superando gli Stati Uniti nel progresso tecnologico e nell’innovazione, con particolare riferimento ai veicoli elettrici, alle batterie solari e al computer quantistici. E per ottenerlo, Xi Jinping continuerà a sussidiare con trilioni di dollari la sua economia, appropriandosi delle proprietà intellettuali altrui e ricorrendo a pratiche sempre più scorrette negli scambi commerciali. Ed ecco giustificate le future sanzioni di Trump per l’imposizione del 65 percento di dazi e tariffe su tutte le importazioni dalla Cina, che arrivano fino al 200 percento per i veicoli elettrici. Per noi europei, comunque sia, andrà sempre peggio di prima, dovendo garantirci da soli gran parte della nostra sicurezza, cosa per la quale non ci siamo affatto preparati. E tutto ciò accade oggi, malgrado che gli ultimi quattro Presidenti degli Stati Uniti ci abbiano fatto capire con grande chiarezza che l’America non è più in grado di mantenere i suoi impegni militari ed economici del passato, dovendo pensare a se stessa nel quadro di una sempre più decisa confrontation con la Cina.
E qui, i conti parlano chiaro: per una vera difesa antiaerea paneuropea dovremmo spendere qualcosa come 500 miliardi di euro, mentre a oggi tutti i Paesi dell’Unione ne spendono collettivamente esattamente la metà, disperdendo gli sforzi in decine di industrie degli armamenti nazionali. Ma, nemmeno tra un ventennio l’Ue sarà in grado di avere davvero una politica estera comune, preferendo continuare a litigare e a distinguersi su temi come la Palestina, in base alla soluzione del tutto anacronistica dei “Due Popoli, Due Stati”. E indovinate un po’ chi approfitterà di queste divisioni inter-europee? Quel che è certo, il duo Trump-Netanyahu continuerà a ignorare le decisioni dell’Onu (che sempre “delenda est”, secondo gli osservatori internazionali più smaliziati), con “Bibi” che approfitterà del sostegno indiscusso di Trump per liberarsi di Hamas e formare una coalizione di governo a Gaza non ostile a Israele. Ma sarà proprio la posizione di Tel Aviv, dove esiste un forte movimento radicale per la realizzazione dell’Eretz Israel, a creare tensione dentro la Casa Bianca, visto che alcuni fedelissimi di Trump condividono la tesi del “Grande Israele” a spese dei palestinesi di Gaza e Cisgiordania. Che faranno allora i nostri sguaiati “Pro-Pal”?
di Maurizio Guaitoli