mercoledì 18 dicembre 2024
Davvero c’è da disperarsi per la Siria? Intanto, bisognerà iniziare a rallegrarsi, visto che geostrategicamente a perdere il loro alleato più prezioso in Medio Oriente sono stati proprio i nemici giurati dell’Occidente, Russia e Iran, che avevano tenuto in piedi con la forza delle loro armi e dei mujahidin del popolo iraniani un regime corrotto e sanguinario, pur di avere un porto (Tartus) sul Mediterraneo per quanto riguarda Mosca; o di assicurarsi l’assoluta complicità del regime di Bashar al-Assad, da parte iraniana, per far arrivare tonnellate di armi e missili ai propri proxy libanesi e palestinesi. Così, i due maggiori fomentatori del caos mondiale, Vladimir Putin e Ali Khamenei, hanno perso il loro più solido puntello, disgregato il quale tutto torna in discussione in Medio Oriente. Certo, bisognerà stare a vedere se gli attuali padroni di Damasco terranno debitamente conto della lezione recente della storia, per cui o si trova un governo di grande coalizione per governare, o la Siria tornerà instabile e volatile, dato che nessun gruppo di potere può prevalere, senza perciò instaurare una nuova, sanguinosa dittatura. Tenuto conto, in questo senso, che la maggioranza sunnita siriana non ha nessuna intenzione di essere governata dai fondamentalisti. Certo, al suo attivo al-Sharaa (vero nome di al-Jolani) ha fama di aver governato con una certa competenza la provincia di Idlib nel nord della Siria, favorendo il pluralismo religioso e gestendo correttamente l’economia.
Tuttavia, anche se obiettivamente al-Jolani ha preso a suo tempo le distanze dai gruppi islamici più radicali, corteggiando l’Occidente, rimane sempre il fatto che negli anni di governo il suo regime si è rivelato sempre più autocratico, con l’emarginazione dei gruppi rivali e il carcere per i dissidenti. Lo stesso governo ad interim è attualmente composto esclusivamente da simpatizzanti dell’Hts. E poiché si tratta di rimettere ordine a uno Stato disfunzionale, il cammino da fare per arrivare a una condizione di normalità è ancora piuttosto lungo. Pertanto, l’intera Siria non può essere equiparata per la sua complessità a una piccola provincia come Idlib (un feudo dominato dall’Hts), e il rischio concreto nel prossimo futuro è che il Paese rimanga ancora a lungo ostaggio dei signori della guerra (warlord) che, per quanto li caratterizza, sono mini-dittatori in pectore.
Quel che è purtroppo scontato, è il fatto che la Siria resterà un’arena per sperimentare le rivalità tra potenze grandi e piccole, soprattutto a livello regionale. Quindi, per quanto possa sembrare assurdo, è molto meglio per tutti lasciare che il nuovo Governo siriano se la cavi da solo, scegliendo autonomamente la strada della ricostruzione nazionale, sociale e religiosa. E il suo più importante impegno in assoluto sarà quello della reintegrazione di milioni di profughi rifugiati all’estero per sfuggire alla violenza del regime di al-Assad. Pertanto, poiché la maggior parte di loro (pari a circa tre milioni di rifugiati) è oggi ospitata dalla Turchia, tutto ciò costituirà un’opportunità irripetibile e imperdibile per al-Jolani di non farsi troppo fagocitare dall’imbarazzante e potente vicino, che tende a esercitare su di lui, senza mediazioni di sorta, il suo ruolo di lord-protettore della nuova Siria a maggioranza sunnita.
Malgrado la sua natura dispotica, anche Recep Tayyip Erdoğan deve capire che il miglior modo per tenere a bada le spinte autonomistiche curde è di favorire la formazione in Siria di un governo di grande coalizione, dove anche la minoranza curda abbia un suo ragionevole peso. Certo, guardando il nostro versante, non c’è da farsi troppe illusioni sulla tolleranza dell’Occidente nei confronti dei fondamentalisti dell’Hts, ma anche da parte nostra va capito alla svelta che non dobbiamo ripetere gli errori del passato evitando, per il futuro, di ritrovarci con Iraq, Giordania e Libano di nuovo nella tormenta della guerra civile. Quindi, malgrado il multilateralismo sia ormai un ferro vecchio, occorre che America e Arabia saudita facciano sentire con determinazione la loro voce per fare sì che Israele, Turchia ed Emirati arabi uniti a non si mettano di traverso per riportare in alto mare la crisi siriana. E se dovesse, quindi, essere al-Jolani a prevalere come leader nazionale sulle altre fazioni, allora sarà bene che l’Occidente cancelli rapidamente l’Hts dalla lista dei gruppi terroristici, ritirando la taglia di dieci milioni di dollari sul suo leader.
Del resto, siamo proprio noi occidentali a poter beneficiare della partita persa da Russia e Iran come grandi protettori del regime appena caduto, che hanno in tutti i modi sostenuto in passato gli Assad con fiumi di denaro, armi e forza militare. Bombardieri e armamenti, nel caso di Mosca; decine di migliaia di miliziani mujahidin per Teheran. Traiamo tutto il possibile vantaggio, cioè, dal fatto che i due despoti e autocrati di Vladimir Putin e Alì Khamenei si sono rivelati incapaci di sostenere più di tanto i dittatori loro amici, praticamente allo stesso modo con cui noi non abbiamo saputo instaurare altrettante democrazie in Iraq e Afghanistan. Sarà quindi bene non limitarci alla soddisfazione di vedere crollare miseramente le ambizioni imperialiste di Russia e Iran nella regione mediorientale, anche perché la storia dei proxy vale più per noi che per loro, dato che le due attuali guerre hanno gravato interamente sul sacrificio degli ucraini e su Israele. È stata infatti la determinazione e la voglia di combattere di Volodymyr Zelensky e di Benjamin Netanyahu che hanno fermato, da un lato, l’invasione russa in Europa e, dall’altro, smantellato l’Asse della resistenza manovrato dai mullah iraniani.
Dobbiamo, quindi, augurarci che la nuova Amministrazione americana sappia rapidamente inserirsi nel nuovo gioco mediorientale, per trarne tutti i vantaggi possibili, compreso lo stop definitivo alla bomba atomica iraniana. A questo punto, si parli riservatamente con Teheran e gli si dica che non ci sarà più nessun contenimento di Israele, nel caso che l’Iran continui imperterrita la corsa al nucleare. Vedrete che, a questo punto, i tiranni iraniani faranno tesoro delle lezioni della storia.
di Maurizio Guaitoli