Nigeria, un tesoro maledetto

venerdì 13 dicembre 2024


Nonostante disponga di una delle più grandi riserve di petrolio al mondo, il Paese africano resta intrappolato in un circolo vizioso di povertà, inflazione e mala gestione

La Nigeria, con le sue immense risorse petrolifere, dovrebbe essere un modello di prosperità per l’Africa e il mondo. Eppure, per milioni di suoi cittadini, la realtà è ben diversa, visto che convivono con un’economia soffocata da scelte politiche miopi e da un interventismo statale esasperato, intrappolati in una crisi alimentare drammatica. Secondo le proiezioni dell’Onu, entro il prossimo anno oltre 33 milioni di nigeriani saranno in stato di insicurezza alimentare, un dato in crescita rispetto ai 24,8 milioni previsti per la fine del 2024. Come è facile immaginare, tutto ciò ha portato a un aumento della criminalità, prodotti scadenti, depressione e problemi di salute mentale, disoccupazione e ad altre conseguenze nefaste.

Le radici di tale disastro economico nigeriano, secondo uno studio di Don Olanrewaju, professionista degli investimenti in Nigeria, pubblicato dal Mises Institute, si rinvengono nell’abuso degli strumenti governativi di controllo economico, che sono la diretta conseguenza del progressivo ampliamento del ruolo e dei compiti dello Stato africano, che ha alimentato inefficienze e minato la libertà economica. Questa è la realtà per i 200 milioni di persone che vivono in Nigeria e storie simili sono la realtà in molti paesi africani (ad esempio, il Ghana).

In particolare, la Nigeria si trova di fronte a una spesa pubblica completamente fuori controllo, che ha portato a un deficit di bilancio in costante crescita dal 2012, fino a raggiungere il 5,7 per cento del Pil nel 2023. Una porzione significativa del bilancio, pari al 45 per cento, è assorbita dal rimborso del debito pubblico, mentre un ulteriore 43 per cento è destinato a spese ricorrenti, con il 60 per cento di queste ultime utilizzato per coprire gli stipendi di una burocrazia elefantiaca. Con ben 25 ministeri federali e migliaia di agenzie e uffici governativi, la macchina statale si è trasformata in un fardello insostenibile per l’economia del Paese. Al contrario, solo il 12 per cento della spesa pubblica viene effettivamente investito in infrastrutture, lasciando il territorio privo di strade adeguate, servizi essenziali e sicurezza, e aggravando ulteriormente le difficoltà quotidiane dei cittadini.

Questa cattiva gestione si riflette ovviamente nella tassazione, che è diventata un vero e proprio giogo per la popolazione. Negli ultimi anni, il governo ha introdotto nuovi balzelli, tra cui una tassa sulla “cyber-sicurezza” applicata a ogni trasferimento bancario e un “prelievo di moneta elettronica” su tutte le transazioni. Dette imposizioni, insieme all'aumento dei dazi doganali, hanno fatto lievitare i costi di importazione, rendendo inaccessibili beni essenziali come il pollame e i materiali per la produzione alimentare. Nel 2024, le entrate derivanti dalle tasse doganali hanno raggiunto i 4,28 trilioni di naira, un aumento significativo rispetto ai 3,21 trilioni del 2023. Tuttavia, tale “successo” fiscale non rappresenta altro che un ulteriore peso sulle spalle di cittadini e imprese. A parte quelle del governo federale, sui nigeriani gravano anche le tasse imposte dalle amministrazioni statali e locali. Ad esempio, nello stato di Lagos, spesso definito la “New York della Nigeria” per la sua rilevanza economica, alcuni governi periferici riscuotono addirittura un canone televisivo, nonostante – ed è paradossale – non esiste alcuna rete televisiva locale che ne giustifichi l’imposizione.

La situazione è ulteriormente aggravata da un debito pubblico fuori controllo, che nel 2024 ha raggiunto i 20 trilioni di naira, pari a quasi il 10 per cento del Pil nominale. Una quota rilevante di questo debito è detenuta da banche commerciali, che beneficiano di rendimenti astronomici sugli interessi. Il sistema favorisce le élite vicine al potere esecutivo, mentre la maggioranza della popolazione subisce i costi, principalmente sotto forma di un carico fiscale in continuo aumento. A peggiorare il quadro contribuisce l’inflazione, che ha raggiunto livelli drammatici, con i prezzi del carburante cresciuti del 350 per cento in un solo anno, mentre beni essenziali come le uova e l’elettricità hanno visto i loro costi raddoppiati nello stesso periodo. La spirale inflazionistica è alimentata dalla stampa incontrollata di denaro. Nel 2024, la locale Banca centrale ha immesso sul mercato 7 trilioni di naira, un record che ha determinato un incremento del 38 per cento della base monetaria in un solo anno.

Come ha spiegato Ludwig von Mises: “La crescita dell’inflazione e l’espansione del credito, i metodi oggi preferiti dalla politica statale dalla mano larga, non aggiungono niente alla quantità di risorse disponibili. Esse rendono alcuni più ricchi, ma lo fanno sono nella misura in cui rendono più poveri altri”. In Nigeria, questo fenomeno sta rapidamente erodendo il potere d’acquisto delle famiglie, infliggendo un ulteriore colpo alla già fragile qualità della vita della popolazione. A parte i problemi riportati, un altro aspetto che desta molta preoccupazione è rappresentato dalla regolamentazione soffocante e dall’assenza di rispetto per la proprietà privata, le quali cose pregiudicano qualsiasi possibilità di sviluppo. Le imprese sono infatti vessate da burocrazie inefficaci e corrotte, che impongono requisiti assurdi e costi proibitivi. Ad esempio, chi vuole riattivare una società registrata deve pagare quote arretrate che spesso superano il reddito medio annuo di molti nigeriani. Inoltre, l’arbitrarietà con cui vengono sequestrati beni e proprietà – spesso senza preavviso o compensazione – scoraggia gli investitori e mina la fiducia nel sistema.

In definitiva, il caso del gigante africano dimostra che le risorse naturali, da sole, non bastano a garantire la prosperità. La vera ricchezza risiede nella libertà economica e nella protezione della proprietà privata. Paesi come il Botswana, che hanno saputo gestire con prudenza le proprie risorse, dimostrano che una crescita economica sostenibile dipende da istituzioni solide e regole certe. In assenza di siffatti presupposti fondamentali, il Paese resterà intrappolato in un ciclo di inefficienza e declino.

Occorre quindi spezzare queste catene, e per fare ciò è indispensabile un cambiamento radicale, che sia prontamente attuato con la riduzione della spesa pubblica, l’eliminazione delle tasse oppressive e il contenimento della fiscalità, la protezione della proprietà privata e lo stop alla stampa di denaro. In sostanza, la Nigeria ha il potenziale per risorgere, ma solo se abbandona il suo modello statalista e abbraccia le forze liberatrici del mercato. In caso contrario, il suo tesoro petrolifero continuerà a essere una maledizione piuttosto che una benedizione per il suo popolo.

“La ricchezza vera – ha scritto Chinua Achebe, poeta e scrittore nigeriano, considerato il padre della letteratura africana moderna ‒ è il risultato dell’educazione, del lavoro e della libertà, non solo della fortuna che si nasconde nel sottosuolo”.


di Sandro Scoppa