La caduta di un dittatore e le lezioni che non si imparano

venerdì 13 dicembre 2024


Un solito Ali Khamenei, solo più affaticato, ha commentato la caduta di Bashar al-Assad in Siria con queste parole: “Non si deve dubitare che ciò che è accaduto in Siria è il prodotto di un piano condiviso dell’America e dei sionisti. Sì che uno stato confinante con la Siria ha avuto ed ha un ruolo chiaro, tutti lo vedono, però gli agenti principali sono stati loro”. I dittatori non capiranno mai il popolo, che sfruttano nei momenti in cui possono confidare sulla sua fiducia. Per i loro folli progetti i dittatori trascinano la gente in piazza, la eccitano e poi ne fanno carne da macello. Ma quando il popolo li abbandona e rovescia l’ordine delle cose, i dittatori sembrano sorprendersi e ciechi ricorrono al capro espiatorio. Anche nella democrazia, quando in crisi, le vacue promesse elettorali non funzionano più e gli elettori abbandonano le urne, la comprensione dei politici non va oltre l’insensata mea culpa e il rincarare le promesse.

Nel suo discorso trasmesso in differito l’11 dicembre, Khamenei fa finta che la Siria sia stato un Paese qualsiasi in cui c’è stato un cambio di regime. Fa finta di non capire che il ruolo della Siria di Assad per il suo regime sia stato unico e insostituibile. Fa finita di non capire che la caduta di un terribile dittatore e di una tremenda dinastia suscita una genuina gioia nel popolo e che, per il ruolo svolto da Assad, questa gioia ha certamente superato i confini della Siria.

Ciò che succederà ora in Siria dipenderà molto dai siriani, ma anche dai Paesi democratici, dove cinici analisti guardano ai ribelli con eccessivo sospetto e rimpiangono già la presunta stabilità garantita dal sanguinario dittatore appena fuggito. Khamenei fa finta di scordare che dopo l’assurda invasione degli Stati Uniti in Iraq, nel marzo 2003, che ha regalato il Paese mesopotamico su un piatto d’argento ai mullà, il suo regime ha potuto proprio attraverso della Siria di Assad arrivare via terra in Libano e sul Mediterraneo. La crescita esponenziale di Hezbollah dopo quella data sfugge a molti analisti e anche a Khamenei. La Guida del regime teocratico omette che dal 2011, quando la primavera araba arriva anche in Siria, sono stati sperperati oltre 50 miliardi di dollari del patrimonio degli iraniani per reprimerla. L’anziano mullà dimentica che l’esercito di Assad sotto il comando dei pasdaran bombardava, i siriani, scaricando sulle loro povere teste barili pieni di materiale esplosivo e bombe chimiche, sotto gli occhi chiusi dell’amministrazione di Barack Obama in cerca di uno scellerato accordo nucleare con Teheran.

Il leader del regime dei mullà deve invece vantarsi che dal 2011 al 2015 i suoi pasdaran insieme a Hezbollah e ad altre decine di migliaia di suoi proxy hanno massacrato 500mila siriani e causato 13 milioni di rifugiati. Ali Khamenei dimentica di dire che nell’avanzamento dei ribelli siriani non ci sono state resistenze, né da parte dell’esercito né da parte del popolo siriano, né tanto meno da parte degli alauiti, il gruppo a cui appartengono gli Assad che con il 10 per cento della popolazione occupavano il 70 per cento di potere in Siria da 1971. I dittatori sono condannati a non avere memoria, sono condannati a covare illusioni, sentite le parole del vecchio e affaticato Khamenei!

L’Unione sovietica prima di cadere aveva visto il suo ritiro dall’Afghanistan e con Michail Gorbačëv dovette abbandonare Berlino Est, dove stanziava dal 9 maggio del 1945. Il regime di Khamenei è molto più fragile dopo la caduta di Assad. L’effetto del cambiamento in Siria arriverà sicuramente allo Yemen degli Houthi, brucerà anche decine di migliaia di proxy dell’Iran in Iraq. L’effetto della caduta di Assad colpirà duramente la teocrazia di Teheran. Un regime pretenzioso che ha dichiarato guerra al suo popolo, ai Paesi arabi, all’America e all’Europa e che vuol anche distruggere Israele: se questa non è una mera e morbosa illusione cos’è? Avevamo detto anche su queste pagine che il regime iraniano, la testa del serpente, con l’attacco del 7 ottobre aveva preso un passo più lungo delle sue gambe. Ha causato, oltre alla drammatica uccisione decine di migliaia di donne e bambini, durissimi colpi ad Hamas, a Hezbollah e ha fatto saltare il regime di Assad da mezzo secolo al potere in Siria.

Oggi il regime dei mullà difficilmente potrà dichiarare guerra e sfidare mezzo mondo senza cadere nel ridicolo. Oggi il regime dei mullà non è nemmeno una tigre di carta, ma un coniglio bagnato. Oggi il mondo, anche quello cieco sordo muto, ha compreso che la forza reclamata dal regime iraniano è un bluff. Perché il regime del velayat-e faghih, per la sua natura cavernicola, non ha potuto allacciare rapporti con il suo popolo, con i suoi vicini e con nessun altro al mondo. Il regime dei mullà con l’economia al collasso, con la totalità del suo popolo contro, con una resistenza ben organizzata, nonostante tutta la condiscendenza di chi ha taciuto e persino sostenuto il suo selvaggio avventurismo, non potrà mai salvarsi dal suo destino. Il destino delle dittature è scritto nella dignità dell’essere umano.

Il destino dei dittatori della terra di Persia è scritto nella nobiltà di un antico popolo, donne e uomini, che anche nel terzo millennio ha fatto della resistenza la sua ragion d’essere.


di Esmail Mohades