martedì 10 dicembre 2024
Riusciranno i famosi missili Himars americani a far retrocedere 10mila fantaccini nord coreani e i migliori contingenti militari dell’Armata rossa, in modo da poter scambiare il Kursk con l’indipendenza di quel che resta dell’Ucraina? Per il momento, gli arsenali russi traboccano di missili Iskander, nonché di superbombe da 500/1000 chilogrammi teleguidate che, oltre a fare a pezzi le difese trincerate ucraine, possono far gelare l’intera popolazione di quel Paese invaso, colpendo indiscriminatamente tutti gli impianti per le forniture di energia di Kiev. Per impedire questo scenario da Pianeta delle scimmie, servirebbero, quindi, un numero ben più elevato di Himars (dal costo unitario di qualche milione di dollari) in grado di colpire preventivamente molto in profondità in territorio russo sia i siti di produzione degli armamenti avanzati, sia tutta la catena di rifornimento di armi e munizioni per tenere in piedi i vari fronti di combattimento russo-ucraini.
Tuttavia, malgrado che siano razzi veloci, gli Himars sono facilmente individuabili dai russi al momento del lancio, e i tempi di crociera permettono agli aerei da combattimento di Mosca, basati a terra, di sottrarsi per tempo dalla distruzione. Inutile domandarsi perché Vladimir Putin e “l’uomo-missile” (Donald Trump dixit) nord-coreano, Kim Jong-un, abbiano così bisogno l’uno dell’altro. Anche se, a loro indubbio vantaggio, non debbono tener conto né dell’autorizzazione del Parlamento, né delle opinioni pubbliche dei propri Paesi, per autorizzare i loro eserciti a combattere all’estero. Noi “democratici”, invece, per qualche mercenario idealista che ha scelto di militare a fianco di Kiev, ci ricamiamo su degli scandali che levati, dimostrando che la forza ai tempi del woke è permessa ai nostri nemici, ma non a noi stessi per difendere i valori ai quali diciamo di credere.
Un capolavoro di coerenza, tanto che i grandi quotidiani occidentali tracimano di editoriali in cui si invita, di fatto, Kiev alla resa per limitare distruzioni e vittime innocenti, senza mai dire che un invasore va sempre fermato, perché altrimenti tornerà il terrore della forza! Stesso discorso vale per i proPal, quelli che from the river to the sea fanno il tifo per Hamas, Hezbollah e Iran, uniti nella comune, nuova ideologia para-nazista e genocidaria che ritiene sia giusto cancellare Israele dalle mappe geografiche mediorientali.
Per coerenza con la vicenda ucraina e all’inizio dell’invasione israeliana di Gaza, i super viziati studenti dei campus universitari occidentali, perfetti ipocriti wokeist astenici e privi di forza (tranne che per scontrarsi con le forze dell’ordine), avrebbero invece dovuto manifestare affinché Hamas consegnasse armi e tunnel a Israele, per evitare la strage di palestinesi gazawi, utilizzati dai terroristi come scudi umani contro l’esercito più agguerrito e meglio armato del Medio Oriente! Ora, con quale coraggio Putin e i suoi sodali dicono che l’America è una potenza (nucleare) co-belligerante, quando loro stessi hanno messo in campo truppe del loro alleato nord-coreano, potenza nucleare e, a questo punto, concretamente “co-belligerante”? Anche perché nel frattempo, avendo perduto mesi, se non anni, a tergiversare sul tipo di armi difensive da fornire a Kiev, l’Occidente ha consentito ai russi di arretrare comodamente tutte le loro risorse strategiche a distanza di sicurezza dal raggio di azione degli Himars. Ma, a questo punto, appare chiaro dalla situazione sul campo che anche la recente autorizzazione a utilizzare gli Storm Shadow britannici potrà cambiare il destino di Kiev, ormai ancorato all’equazione “cessione di territori in cambio di pace”.
E comunque, in tutto questo dramma autentico, noi europei continuiamo a essere inutili e patetici, polemizzando sull’iniziativa del politicamente claudicante cancelliere tedesco, Olaf Scholz, che telefona a Putin senza averlo prima concordato con i suoi pari. Mentre, invece, in precedenza le telefonate di Emmanuel Macron al padrone del Cremlino sono state ritenute sacrosante e un fatto scontato. Verrebbe da chiedersi: ma chi siamo Noi? Un circo, una giostra di perenni perdenti, o una ricchissima armata brancaleone che compra caramelle al posto dei cannoni da offrire al prepotente, super armato invasore di turno? E, naturalmente, siamo sempre noi che abbiamo preso sottogamba la serissima minaccia di Donald Trump di non apprestarsi a nostra difesa, nel caso Putin pensasse bene di aggredire un membro Nato che non abbia versato all’Alleanza Atlantica il contributo del 2 per cento del proprio Pil, così come richiesto da tutti gli altri presidenti americani. Invece la Polonia che, giustamente, sente incombere l’Orso sovietico ai suoi confini, ha pensato bene di arrivare a spendere il 4 per cento del suo Prodotto interno per attrezzarsi alla propria (e altrui) difesa.
Malgrado le promesse di eterna fedeltà alla causa ucraina, c’è da giurare che il duo franco-tedesco, ex motore della Ue, debba ridurre almeno della metà il suo contributo ad armare Kiev, viste le ristrettezze di bilancio e la crisi politico-economica che attraversano.
Il tutto, come se la frontiera europea con la Russia fosse un fatto che non ci riguardi, nel caso che disgraziatamente dovesse arrendersi l’Ucraina. Non è la stessa cosa affabulare in ogni sede collettiva di “autonomia strategica” della Ue, quando poi restano ermeticamente chiusi i cordoni della borsa. Ma c’è un’altra questione in ballo, che sempre noi, angeli decaduti, facciamo finta di ignorare. Ovvero: mentre Mosca, senza battere ciglio, può ottenere qualche divisione nord coreana per liberare il Kursk e sperimentare missili ipersonici (che possono portare testate nucleari) in Ucraina, senza disturbare i figli della borghesia urbana russa con la coscrizione obbligatoria, Volodymyr Zelensky non ha più truppe di ricambio da impiegare al fronte, al contrario di Putin. Così, ovviamente, si perde e basta. Speriamo soltanto che, in caso di ulteriore avanzata russa, qualora i preziosi Himars cadano in mano del nemico, vi sia un meccanismo di autodistruzione da attivare in remoto, da parte degli Stati Uniti. Tanto più che quel tipo di missile deve avere bersagli pre-registrati, alimentati dalle fonti di intelligence alleate e dalla sorveglianza satellitare che Kiev non possiede. Un gioco delle ombre cinesi, insomma.
di Maurizio Guaitoli