Il patriottismo economico-strategico di Donald Trump

mercoledì 4 dicembre 2024


Donald Trump a fine gennaio indosserà l’agognata “corona” di presidente degli Stati Uniti. Le questioni sul campo sono numerose e complesse: la guerra in Ucraina è sicuramente la priorità, della quale il futuro presidente ne ha determinato la fine24 ore” dopo il suo insediamento. Ma quale formula miracolosa troverà The Donald per porre termine alla brutale invasione della Russia del febbraio 2022? Probabilmente la nomina del generale ottantenne Keith Kellogg, dotato di un curriculum indiscutibile, come inviato presidenziale in Ucraina, potrebbe essere l’arma vincente, ma verosimilmente una delle peggiori notizie per Volodymyr Zelensky. Il generale Kellogg ha manifestato la sua ideologia trumpista già dal 2016, quando aderì alla campagna della propaganda repubblicana. Tuttavia, non risulta che fosse allineato con la corrente repubblicana principale che aveva una idea della politica estera dissimile da quella di Trump, e dal quale i repubblicani si tenevano lontani.

Il Presidente eletto al momento della nomina di Kellogg, lo ha elogiato per la sua competenza, ma anche per la sua fedeltà, dichiarando che insieme “otterranno la pace con la forza” e renderanno di nuovo sicuri l’America e il mondo. Kellogg espresse la sua ricetta per la risoluzione della guerra in Ucraina già ad aprile di questo anno, quando in una comunicazione pubblicata su America first policy institute, un think tank conservatore, aveva riportato le parole del tycoon che affermava che “tutti dovevano smettere di morire”, e che ci sarà una soluzione negoziata per la fine del conflitto ucraino.

Ma “l’architetto” di Trump per lo pseudo piano di “pace” per l’Ucraina, si sa che ha previsto in realtà una capitolazione di Kiev. In pratica la formula di Kellogg sarà quella di costringere l’Ucraina a piegarsi e a sedersi al tavolo dei negoziati cominciando a ragionare sulla possibilità di perdere formalmente la Crimea e il Donbas (forse in parte). E questa imposizione di scendere a patti sarà forzata dall’intesa che ogni futuro impegno militare americano sarà possibile solo se l’Ucraina parteciperà, con consapevolezza della realtà, ai colloqui di pace con Mosca. È anche noto che al momento la Russia, ma meglio Vladimir Putin, è riluttante a porre fine all’invasione dell’Ucraina, ora che ha incrementato le sue forze terrestri con migliaia di soldati nordcoreani e che sono rallentate le forniture di armi e munizioni da parte di Washington.

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha sin da subito percepito non favorevole per l’Ucraina la vittoria di Trump, e la nomina di Kellogg rafforza questa sensazione; una investitura che preoccupa Kiev soprattutto in un momento in cui il popolo americano vede con totale disaffezione l’impegno economico statunitense in questo conflitto. Infatti la popolazione americana generalmente è convinta che questa guerra europea sta prendendo troppe energie agli Stati Uniti e soprattutto si sta allungando troppo nei tempi. Intanto, la prima azione che proporrà la presidenza Trump per l’Ucraina sarà quella di congelare i fronti di guerra, quindi i fragili confini attuali. Ma cosa potrebbe ricordare una operazione di questo genere? Certamente un formale trattato di pace tra Mosca e Kiev è improbabile, quindi si potrebbero verificare accordi che ricordano, non a caso, lo stile “coreano”. La Corea del Nord e la Corea del Sud hanno infatti congelato il loro fronte, non hanno mai firmato un trattato di pace, come storicamente spesso accade, ma la guerra è sospesa dal 27 luglio del 1953 con la sottoscrizione di un armistizio firmato Panmunjon. Ma le schermaglie sono continuate.

Questa potrebbe essere la soluzione più immediata, resta da vedere quali armi diplomatiche, quindi economiche, ha Trump per convincere Putin a fermarsi, mentre Zelensky basta minacciarlo di interrompere gli aiuti e sarà costretto a cedere. Sappiamo che al di la delle stragi quotidiane di soldati sia dalla parte ucraina che russa, i contatti tra i negoziatori russi e ucraini e Donald Trump sono costanti ed in continuo fermento. Ovviamente, i contenuti di tali incontri sono tenuti molto riservati e quello che trapela è ciò che si vuole si sappia. Zelensky è molto contenuto nel dare giudizi su Trump, sappiamo che nutre forti perplessità su ciò che proporrà per la “sua pax” ma deve tuttavia lavorare convintamente con la Casa Bianca, prevedendo di dover scendere a compromessi dolorosi. Intanto il presidente ucraino dovrà probabilmente piegarsi al progetto portato avanti da Keith Kellogg a nome di Trump, e nello scenario che si prospetta, ad oggi l’unica alternativa, viste anche le divisioni più o meno palesi degli alleati europei, è “cedere”.

Quindi è molto probabile che la dottrina trumpiana per l’Ucraina porti al funerale della sua integrità territoriale.


di Fabio Marco Fabbri