mercoledì 27 novembre 2024
Finalmente pace sulla Blue line. Il cessate il fuoco tra Israele e Hezbollah, scattato alle tre del mattino del 27 novembre (ora italiana), rappresenta una svolta cruciale dopo oltre un anno di guerra che ha fatto terra bruciata su entrambi i fronti. Migliaia di morti, sfollati a decine di migliaia in Israele e a centinaia di migliaia in Libano: un bilancio pesantissimo che grida vendetta, ma che ora sembra aprire una fragile finestra di tregua. Il conflitto, scoppiato dopo l’attacco di Hamas in territorio israeliano il 7 ottobre 2023 e alimentato dagli interventi transfrontalieri delle milizie sciite, ha lasciato ferite profonde. A poche ore dalla tregua, dopo gli ultimi bombardamenti israeliani su Beirut – costati la vita ad almeno 10 persone – il primo ministro libanese Najib Mikati ha salutato l’accordo come “un passo fondamentale” verso la stabilità. Parole che si aggiungono alle dichiarazioni di Benjamin Netanyahu, che ha messo in guardia il Paese dei cedri: la durata della pace dipenderà dal comportamento di Hezbollah. “Se violano l’accordo, li colpiremo”, ha avvertito, ribadendo che Israele manterrà la “piena libertà d’azione”.
L’intesa, frutto di una mediazione serrata condotta da Stati Uniti e Francia, stabilisce una tregua di 60 giorni. Durante questo periodo, sia le forze israeliane che Hezbollah dovranno lasciare il sud del Libano, mentre l’esercito libanese prenderà il controllo dell’area. Una mossa che si rifà alla risoluzione 1701 delle Nazioni unite, già adottata per chiudere i conti dopo la guerra del 2006. A vigilare sul rispetto degli accordi sarà un comitato internazionale, ma il quadro resta delicato: gli Usa hanno promesso sostegno a eventuali reazioni israeliane, qualora Hezbollah tornasse all’attacco. Non tutti, però, vedono l’intesa come una vittoria. Itamar Ben Gvir, ministro della Sicurezza nazionale israeliano, non ha usato mezzi termini: “Un errore storico”. Dall’altra parte, l’Iran ha celebrato quella che definisce “la fine dell’aggressione israeliana”. E soprattutto, Hamas si è detto aperto a una tregua simile nella Striscia di Gaza.
Nel frattempo, sul terreno regna la cautela. L’esercito israeliano ha esortato i libanesi a non avvicinarsi alle postazioni militari, e le autorità del Paese dei cedri hanno chiesto ai civili di pazientare prima di tornare nei villaggi di confine. Intanto, Joe Biden, in una telefonata con Netanyahu, ha elogiato la tregua come un tassello cruciale per spegnere le fiamme di un conflitto che ha minato la regione. Un “lavoro di squadra”, ha aggiunto, che vede impegnati anche gli europei, con Emmanuel Macron tra i principali artefici dell’accordo.
Tuttavia, come spesso accade in questi scenari, la vera prova sarà il tempo: se la tregua terrà o meno, dipenderà dalla volontà delle parti di rispettare un equilibrio ancora traballante.
di Eugenio Vittorio