La Germania si dirige verso le elezioni

venerdì 22 novembre 2024


La Germania si trova ad affrontare inaspettati venti contrari. Mentre l’Ucraina lotta per respingere la Russia, il Medio Oriente esplode e la Cina minaccia Taiwan, la Germania ha difficoltà a far fronte a una serie di sfide interne ed estere. Il recente crollo della coalizione tripartita del cancelliere socialdemocratico tedesco Olaf Scholz è coinciso con l’elezione di Donald Trump, creando un senso di instabilità, se non di crisi nel Paese che fa presagire una relazione transatlantica sempre più turbolenta. La Germania si prepara a tenere elezioni anticipate, il 23 febbraio.

Questa ondata di turbolenze teutoniche non dovrebbe sorprendere. Chiunque fosse subentrato alla cancelliera cristiano-democratica Angela Merkel, molto popolare e politicamente longeva, la quale ha lasciato l’incarico prima che la Russia invadesse l’Ucraina e l’economia tedesca andasse a rotoli, sarebbe stato probabilmente destinato ad avere un periodo difficile. Da un lato, il partito di estrema Destra Alternativa per la Germania (Afd) ha sfruttato il crescente malcontento nella Germania orientale per l’immigrazione, le difficoltà economiche e il sostegno all’Ucraina. Questo partito nazionalista sfiora il 20 per cento nei sondaggi di opinione, diventando così il secondo partito politico più forte della Germania.

C’è poi l'ascesa di Sahra Wagenknecht, pasionaria di Sinistra. Nel settembre 2023, Wagenknecht, nata nel Land orientale della Turingia, ha fondato il suo partito politico chiamato “Alleanza Sahra Wagenknecht”. Alle recenti elezioni regionali ha conquistato il 15 per cento dei voti in Sassonia e il 20 per cento in Turingia. Anche lei stigmatizza i finanziamenti tedeschi all’Ucraina e propugna stretti legami con Putin. Se i risultati elettorali di febbraio premieranno il suo partito, Wagenknecht potrebbe avere un potenziale ruolo chiave nella coalizione.

I problemi di Scholz sono stati aggravati dal fatto che il suo stesso partito è stato lacerato dalla guerra in Ucraina. Una fazione chiede che la Germania affronti Putin e l’altra si aggrappa a una versione di Ostpolitik, ossia di distensione con gli Stati dell’Europa orientale. Questi Paesi aspirano a placare Putin, conformi allo spirito dell’ex cancelliere socialdemocratico Gerhard Schroeder, il quale ha festeggiato il suo 70° compleanno a San Pietroburgo con il dittatore russo e ha pubblicamente sostenuto la corsa di Trump alla presidenza nel 2024. I socialdemocratici accarezzano l’idea di candidare il ministro della Difesa Boris Pistorius (intransigente sostenitore dell’Ucraina) per ricoprire il ruolo di Cancelliere federale, ma potrebbero essere troppo divisi per trovare un accordo sul suo nome, assicurandosi così che Scholz ottenga il placet.

Scholz è stato una delusione sotto ogni punto di vista. Lungi dal dimostrarsi un valido cancelliere, è stato passivo su tutto dagli aiuti all’Ucraina dilaniata dalla guerra al rilancio della vacillante economia tedesca. La Zeitenwende, ossia il cambiamento epocale, che aveva promesso nel febbraio 2022 in un discorso al Bundestag, si è rivelata nulla. Se le prossime elezioni federali di febbraio consentiranno alla Germania di superare i suoi problemi, tuttavia, è una questione aperta.

La causa primaria del subbuglio è la disputa sul nuovo bilancio federale proposto per il 2025. La scorsa settimana, Scholz ha licenziato il ribelle ministro delle Finanze Christian Lindner, il cui Partito Liberale è sprofondato nei sondaggi. I liberali, a loro volta, hanno abbandonato la coalizione. Se non otterranno almeno il 5 per cento dei voti alle prossime elezioni federali, i liberali saranno estromessi dal Bundestag, un destino che hanno sperimentato per la prima volta nel 2013 e che non vogliono bissare. Lindner, che è stato responsabile della rinascita dei liberali dopo la drammatica sconfitta del 2013, ha capito l’antifona e ha contribuito a creare una crisi sul bilancio per aumentare la visibilità del suo partito. I liberali, in netto contrasto con i loro partner di coalizione (i socialdemocratici e i Verdi), sono un partito favorevole agli scambi commerciali che auspica una sostanziale riduzione delle tasse e una regolamentazione minima.

Scholz aveva fatto affidamento su 29 cosiddetti “fondi speciali”, per un totale di 869 miliardi di euro, per aggirare il freno al debito ufficiale del Paese. Nel novembre 2023, la Corte Costituzionale federale tedesca ha stabilito che questa manovra era illegale. La sentenza ha dato il via a una corsa alla revisione del bilancio che non si è mai conclusa.

La disputa sul bilancio, tuttavia, è un indizio, e non l’origine, delle attuali difficoltà della Germania, che possono essere ricondotte al cancellierato di Angela Merkel. Lo scorso ottobre, l’Economist ha rilevato che l’era Merkel era in sostanza un periodo di stagnazione: “Sedici anni senza riforme stanno avendo un impatto sulla Germania e sull’Europa”. La sua noncuranza ha fatto sì che la Germania non solo non sia riuscita ad avviare riforme economiche strutturali, ma ha anche permesso alla Bundeswehr di disintegrarsi come forza combattente efficace. 

Merkel è riuscita a superare la prima presidenza Trump, ma ora la Germania dovrà rivedere il suo approccio a Washington. Come mi ha detto Jackson Janes, senior fellow del German Marshall Fund, “La sfida per i rapporti fra la Germania e gli Stati Uniti sarà quella di ripristinare la rilevanza. Cosa otterrà la Germania da Washington, ma di cosa avrà anche bisogno per sostenere i suoi interessi in Europa e nel gioco globale? Le domande su come, quando, dove e perché i due Paesi hanno bisogno l’uno dell’altro stanno cambiando”.

E stanno cambiando davvero. Un Trump truce farà pressione su Berlino affinché mantenga le sue promesse di aumentare la spesa per la Bundeswehr e la minaccerà con tariffe economiche punitive. Attualmente la Germania soddisfa il minimo di spesa fissato dalla Nato al 2 per cento del Pil, ma non ha detto come si comporterà dopo il 2027. Scholz si è anche rifiutato di sanzionare la consegna di missili Taurus all’Ucraina. Nel discorso al Bundestag del 13 novembre, ha ribadito: “Sono contrario al fatto che le armi da noi fornite possano essere lanciate in territorio russo e non cambierò la mia posizione riguardo alla consegna di missili da crociera da parte della Germania”. La sua posizione è stata denunciata dal Partito conservatore Cristiano-Democratico.

Non è ancora chiaro cosa proporrà Trump per garantire la pace in Ucraina. Il senatore Marco Rubio, che il tycoon ha nominato Segretario di Stato, è un falco della politica estera e un convinto sostenitore della Nato. Ma sarà Trump a decidere la natura e la validità dell’impegno americano nella Nato. Curt Mills, direttore esecutivo dell’American Conservative, afferma che “l’era della spensierata generosità dispensata all’Europa da Truman a Biden è finita. Sarà qualcosa di diverso. E l’America e il continente ne trarranno beneficio”.

Lo faranno? Quasi quattro decenni dopo la caduta del Muro di Berlino, non ci sono prove plausibili che la Germania cerchi, e tanto meno desideri, tornare a essere una Grossmacht, una grande potenza, in grado di imporre l’ordine nell’Europa centrale. A questo proposito, il contrasto con i brutti vecchi tempi del passato tedesco non potrebbe essere più netto. Nel gennaio 1849, mentre i liberali tedeschi cercavano di forgiare una nazione unita a Francoforte, il grande storico Fc Dahlman dichiarò che “la strada del potere è l’unica che soddisferà e placherà il nostro desiderio di libertà. (...) La Germania in quanto tale deve finalmente avanzare nei ranghi delle grandi potenze politiche del mondo”. Dopo il crollo del Reich bismarckiano negli orrori del nazismo, la Germania del dopoguerra fece quello che equivaleva a un voto di astensione dagli affari mondiali. Oggi, la cosa sorprendente è che nel tono e nella sostanza l’approccio esitante della Germania agli affari esteri non è cambiato in modo sostanziale. Liana Fix, ricercatrice europea presso il Council on Foreign Relations, ha di recente osservato che “invece di assumere il ruolo di leader dell'Europa e dell'Occidente, la coalizione ha abdicato alla leadership in Europa, ha evitato di prendere decisioni strategiche urgenti e ha perseguito in primo luogo i ristretti interessi nazionali”.

Per alcuni esponenti dell’establishment tedesco, la candidatura di Friedrich Merz, presidente dei cristiano-democratici, è vista come una strada percorribile sia per realizzare la promessa internazionale della Germania sia per migliorare i rapporti con Trump. 

Merz ha criticato l’esitazione di Scholz, ad esempio, ad aiutare l’Ucraina in modo più ampio, anche fornendole missili a lungo raggio che potrebbero colpire il territorio russo. Probabilmente sarebbe a capo di una grande coalizione che cercherebbe di escludere Alternativa per la Germania, che si lamenta della sua esclusione dalla cooperazione con i cristiano-democratici. Per Trump, Merz sarebbe una figura più congeniale di Scholz.

Christoph von Marschall, fellow del Wilson Center, ritiene che la Germania stia attualmente oscillando tra “desideri e realtà” nel fare i conti con una nuova presidenza Trump. Sogna di rivendicare la superiorità morale sull’America. Ma se Merz sarà eletto, rileva von Marschall, la realtà si imporrà. “Data la mancanza di hard power, la Germania non può permettersi un confronto con Trump. Perseguirà una politica di accettazione nei suoi confronti, proprio come stanno tentando di fare Emmanuel Macron, Mark Rutte e Donald Tusk”, osserva lo studioso.

Una valutazione più negativa viene da Malte Lehming, editorialista del quotidiano berlinese Der Tagesspiegel. A suo avviso, “Trump detesta la Germania. Incarna tutto ciò che lui rifiuta: il multilateralismo, l'enfasi sul diritto internazionale, la protezione del clima, la politica basata sulla moralità”. Lehming ipotizza che Trump cercherà di far pagare alla Germania il conto della ricostruzione dell’Ucraina: “I costi per farlo sono incredibilmente alti. Sembra probabile che ciò metterà a dura prova i legami tra Germania e Stati Uniti”. Tali legami sono stati alla base dell’alleanza occidentale sin dalla fondazione della Nato nel 1949. Con il ritorno di Trump alla presidenza, il prossimo cancelliere tedesco dovrà fare gli straordinari per ristrutturare le relazioni tra Washington e Berlino.

(*) Tratto da The Jerusalem Strategic Tribune

(**) Traduzione a cura di Angelita La Spada


di Jacob Heilbrunn (*)