La Banca di Russia manderà il rublo “knockout”?

mercoledì 13 novembre 2024


Le scelte operate dalla governatrice della Banca centrale della Federazione russa, Elvira Nabiullina, per frenare l’inflazione rischiano di provocare il fallimento delle grandi aziende controllate dal Cremlino. C’è una sola alternativa possibile a tutto ciò: il crollo del valore del rublo. Quasi tre anni dopo l’inizio dell’invasione su vasta scala dell’Ucraina da parte della Russia, le sanzioni finanziarie occidentali stanno contribuendo a provocare un’aspra lotta all’interno del Cremlino per il controllo della Banca centrale. La comunità imprenditoriale russa è rimasta in silenzio anche se le sanzioni occidentali hanno fatto impennare i tassi di interesse reali. Tuttavia, nelle ultime settimane, i vertici di grandi aziende hanno cominciato a criticare apertamente la governatrice della Banca centrale della Federazione russa, che ricopre la sua carica dal 2013.

Sebbene la posizione di Nabiullina appaia sempre più traballante, il Cremlino continua a insistere sul fatto che le sanzioni occidentali abbiano solo rafforzato l’economia, rendendola più autosufficiente. Questa affermazione è chiaramente falsa, come dimostrano i continui appelli dei funzionari russi all’Occidente affinché vengano rimosse le restrizioni.

LE CONSEGUENZE DELL’AUMENTO DEI TASSI

Dall’annessione della Crimea nel 2014, le sanzioni economiche hanno provocato tre grandi crisi valutarie nella Federazione Russa: nel marzo-aprile 2014, nel febbraio-marzo 2022 e nel luglio-agosto 2023. Ogni volta la governatrice Nabiullina è riuscita a contenerne le conseguenze; ogni volta ha ottenuto tale risultato alzando i tassi di interesse. Tuttavia, questa volta la situazione è differente. Il 25 ottobre la Banca centrale della Federazione russa ha nuovamente aumentato il tasso di sconto dal 19 per cento al 21 per cento. Nelle dichiarazioni ufficiali che hanno accompagnato tale scelta è stato sottolineato che “le aspettative inflazionistiche continuano a crescere” e che l’incremento della domanda interna “supera significativamente” la capacità dell’economia di espandere l’offerta di beni e servizi.

Con un’inflazione ufficiale al 9 per cento e un tasso di interesse reale al 12 per cento, in Russia si apre per la prima volta, dopo molto tempo, un acceso dibattito sulle politiche economiche adottate. Le voci predominanti non sono quelle degli economisti, poiché la maggior parte degli esperti indipendenti sono fuggiti dal Paese per evitare la prigione, ma quelle di alcuni importanti oligarchi russi che si sono recentemente espressi contro l’aumento dei tassi di interesse da parte della Banca di Russia. Se la critica di Oleg Deripaska, tra gli uomini più ricchi della Russia con un patrimonio netto quantificato nel 2022 in 3,2 miliardi di dollari, non meraviglia, in quanto già altre volte in passato aveva mosso aspre critiche, quella di Alexei Mordashov, proprietario del conglomerato metallurgico Severstal, lascia un po’ sorpresi, in quanto è un personaggio solitamente molto prudente, che soppesa attentamente le proprie esternazioni. È importante sottolineare che sia Deripaska che Mordashov godono di un ampio sostegno tra l’élite imprenditoriale russa. Alla fine di ottobre Mordashov ha avvertito: “Ci stiamo avvicinando a una situazione in cui la medicina potrebbe diventare più pericolosa della malattia”.

Tuttavia, il vero shock è arrivato quando Sergey Chemezov, amministratore delegato del gigante statale produttore di armi e tecnologia Rostec, durante un discorso al Consiglio della Federazione (la camera legislativa superiore), ha recriminato alla Nabiullinia di aver ripetutamente aumento i tassi, circostanza che porterà alla bancarotta la maggior parte delle imprese. Chemezov ha anche avvertito che l’aumento dei tassi d’interesse potrebbe costringere la Rostec a smettere di esportare prodotti ad alta tecnologia. Molti altri importanti uomini d’affari hanno espresso preoccupazioni simili per la prima volta dall’inizio della guerra su vasta scala della Russia contro l’Ucraina. Pertanto, Vladimir Putin ha dovuto affrontare un’aperta opposizione da parte degli imprenditori alla sua politica economica.

NUOVE PERSONE INFLUENTI

Dal 2004, Putin e il suo entourage hanno accumulato fortune manipolando i contratti governativi e appropriandosi sistematicamente delle risorse del colosso energetico Gazprom. Ciò è stato ampiamente documentato da Boris Nemcov e Vladimir Milov nel loro opuscolo “Putin e Gazprom”, pubblicato nel 2008. Tuttavia, le sanzioni europee hanno trasformato i profitti un tempo enormi di Gazprom in perdite, riducendo l’influenza finanziaria degli alleati di lunga data di Putin – i cosiddetti “parassiti di Gazprom”, tra cui Mykhail e Yuri Kovalchuk e Gennady Timchenko. Come ha recentemente affermato Milov, Chemezov è diventato una figura dominante tra gli alleati commerciali di Putin, sebbene abbia poche qualifiche se si esclude il suo passato servizio nel Kgb con Putin a Dresda. Ha utilizzato queste relazioni per assicurarsi il controllo dell’industria della difesa russa, che ora è consolidata all’interno di Rostec. Questo gruppo, sostenuto da finanziamenti federali (sebbene le sue finanze rimangano un segreto di Stato), controlla circa l’80 per cento della produzione della difesa russa.

Chemezov è anche il principale beneficiario della guerra in Ucraina. I recenti rimpasti del personale nel Governo – in particolare il licenziamento del ministro della Difesa russo Sergei Shoigu – hanno giocato a favore di Chemezov, dal momento che Shoigu non osa più lamentarsi della bassa qualità dei prodotti Rostec. Nel frattempo, il principale protetto di Chemezov, Denys Manturov, è stato promosso alla carica di primo vice primo ministro. Sia Manturov che Oleksii Dyumin – un altro alleato di Chemezov – ora occupano un seggio nell’influente Consiglio di sicurezza.

SOSTITUZIONE DI NABIULLINA

Nel 2013 scoppiò una feroce battaglia nella cerchia ristretta di Putin su chi avrebbe dovuto guidare la Banca centrale. I principali contendenti a quel tempo erano Oleksiy Kudrin, ex ministro delle Finanze, e Serhiy Glazyev, sostenitore di una politica monetaria restrittiva. Ma nessuno dei due antagonisti prevalse, in quanto alla fine venne nominata governatrice Elvira Nabiullina. Ciò è stato possibile anche per il timore del Cremlino di una ripetizione della crisi finanziaria del 1998, che portò alla caduta del Governo del primo ministro Serhii Kyriyenko. Indubbiamente, dopo oltre 11 anni, molta acqua è passata sotto i ponti. Le attuali priorità di Nabiullina sono il controllo dell’inflazione, la riduzione del deflusso di capitali, la stabilizzazione del rublo e il sostegno alla crescita del Pil. Tuttavia, l’economia continuerà a crescere a rilento: secondo le previsioni, il tasso di crescita scenderà allo 0,5-1,5 per cento nel 2025, rispetto al 3,6 per cento previsto questanno.

La sua fidata prima vice, Ksenia Yudayeva, è stata trasferita nel 2023 al Fondo monetario internazionale. La grande domanda ora è se Putin avrà il coraggio di sostituire Nabiullina con un fedele lealista disposto ad abbassare i tassi di interesse. Il Cremlino si trova tra l’incudine e il martello, perché è ben consapevole che se l’inflazione dovesse riprendere a correre, questo porterà alla fuga di capitali e manderà il rublo in un “knockout”, ma mantenere alti i tassi può portare al fallimento del comparto industriale indispensabile per sostenere lo sforzo bellico. Dato che la crisi economica in Russia è direttamente correlata all’invasione di Putin ed alle conseguenti sanzioni occidentali, l’unico modo per stabilizzare l’economia russa sarebbe porre fine alla guerra e ritirare le truppe dall’Ucraina. Ma è evidente che il Cremlino non è disposto a fare un simile passo.

(*) Docente universitario di Diritto internazionale e normative per la sicurezza


di Renato Caputo (*)