Iran: il coraggio si chiama Ahou Daryaei

mercoledì 6 novembre 2024


Il caso della mamma studentessa, forse di nome Ahou Daryaei, sottolinea nuovamente quanto sia alto il livello del coraggio nelle donne iraniane. L’audacia di questa ragazza è stata incredibile, ma soprattutto è la clamorosità dell’atto politico che sorprende. Un gesto espresso con un’apparente semplicità, manifestato con una non violenta esposizione di un giovane corpo coperto solo dall’abbigliamento intimo, vicino a colleghe studentesse che appena fanno intravvedere i lineamenti del proprio viso.

Il vagare all’interno nel campus dell’università islamica Azad di Teheran in abbigliamento intimo, tra sguardi apparentemente neanche tanto sorpresi, sia di ragazzi che ragazze, potrebbe mostrare anche la solidarietà di una parte degli studenti. Il video è stato pubblicato il 2 novembre, dal sito web studentesco Amir Kabir; una espressione anche questa da valutare, in quanto, in questo caso, non risulta sia stata eseguita, come in genere accade, una censura preventiva su quanto messo in rete, nonostante l’ossessivo controllo imposto dal regime degli Ayatollah.  Infatti secondo quanto comunicato dal sito Amir Kabir, Ahou è stata molestata dai membri del gruppo di pseudo vigilanza armata dei Basij, che rispondono direttamente agli ordini delle Guardie rivoluzionarie. Per quanto comunicato dal sito studentesco, i paramilitari Basij avrebbero molestato la ragazza dopo averla redarguita per l'abbigliamento inappropriato, in questo caso per non avere indossato il velo. Verosimilmente è stata poi malmenata e le sono stati strappati i vestiti. Sembra che a seguito di questi consueti atteggiamenti violenti la studentessa si sia tolte le vesti lacere restando in mutande e reggiseno. Dopo avere vagato per il campus incrociando le braccia con senso spontaneamente protettivo, è stata con la forza trascinata dentro un’auto da quattro membri delle forze di sicurezza del Paese. Il sito studentesco Amir Kabir afferma che la ragazza è stata ferita durante l’arresto, poi è stata ricoverata in un ospedale psichiatrico.

Amnesty International iraniana ha comunicato che la ragazza ha subito l’arresto perché si è spogliata come segno di protesta contro l’obbligo di indossare l’hijab, chiedendo il rilascio immediato della studentessa. Questo nuovo clamoroso arresto giunge a circa due anni da quello della studentessa curda diventata una icona delle proteste delle donne iraniane contro il regime: il 16 novembre 2022 Mahsa Amini, di anni 22, viene arrestata dalla polizia morale per non avere rispettato il codice di abbigliamento. La sua morte, avvenuta poco dopo, aveva scatenato un vasto movimento di protesta in tutto il paese e gettato le basi per una continuità di ribellioni e pressioni contro il cadaverico regime iraniano.

Anche questo arresto, come previsto, sta sollevando una ondata di indignazione a sostegno alla studentessa. La maggior parte della società iraniana avvalora la forte dimensione politica del gesto; ma le autorità universitarie ovviamente si difendono mettendo in discussione la salute mentale della studentessa. Così il responsabile delle pubbliche relazioni dell'ìUniversità di Azad, Amir Mahjoub, ha affermato che dopo la visita medica la giovane era sotto forte stress con forti disturbi mentali. Probabilmente sulla linea di una operazione di plagio diretta alla società iraniana, dal sito di informazione dell’Università è stato messo in rete un video dove viene identificato il marito della studentessa, ma il volto è molto sfocato, dove l’uomo chiede che il filmato della moglie non venga più condiviso e venga tolto dalla rete; affermando che è madre di due figli e che non possono vivere senza di lei; ma molti dubbi si nutrono sulla veridicità di questo video.

La legge islamica degli Ayatollah impone alle donne un codice di abbigliamento molto rigido: indossare l’hijab e abiti ampi che celino le forme, più altre restrizioni che riguardano un articolato universo di divieti. Ma la realtà è che soprattutto nelle grandi città, come Teheran, molte donne non indossano il velo islamico, sono accuratamente truccate e pettinate e agiscono con modalità libere contrarie alle norme oscurantiste del regime.

Il gesto della studentessa non è solo un atto politico nazionale, ma ha superato i confini dell’Iran diventando un’azione di politica internazionale, mostrando quanto basta poco per mandare in fibrillazione uno stato ossessionato dalla forza delle donne. Oggi se si dovesse dare un nome al coraggio, non alla disperazione, si chiamerebbe Ahou Daryaei.


di Fabio Marco Fabbri