Trump pro-Maga: demolire il Woke

venerdì 1 novembre 2024


Ma sarà proprio vero, come sostengono i suoi detrattori, che Donald Trump è un tiranno in pectore, con il suo programma eversivo di “Maga” (“Make America great again”)? Lasciamo che sia il lettore (elettore) a farsi un’idea, esaminando i punti fondamentali del suo programma elettorale.

Punto uno. Aborto. Avvalendosi della sentenza della Corte Suprema a maggioranza conservatrice che ha abolito la legge “Roe v. Wade” sulla libertà di aborto, Trump è contrario all’adozione di una legge federale per la sua messa al bando, ma è favorevole a riconoscere il diritto dei singoli Stati a regolarne la procedura restrittiva. Incluso il monitoraggio delle maternità relative e le eventuali misure penali per chi abortisce, al di fuori dei casi di legge. È favorevole in ogni caso alla fecondazione in vitro, per assecondare il diritto genitoriale ad avere figli e a vincolare con legge federale le assicurazioni per la copertura dei relativi costi. È favorevole alla vendita della pillola abortiva (Mifepristone), rendendo però più complessa la procedura per la sua prescrizione. In generale, è contrario a riconoscere sussidi alle associazioni pro-aborto.

Punto due. Clima. Trump dissente dalle posizioni scientifiche sul cambiamento climatico. Inoltre, è scettico sulle energie rinnovabili e non intende porre vincoli sull’utilizzo industriale del carbon fossile, rimuovendo le norme che prevedono un “costo sociale” per il suo utilizzo. Intende abolire l’Inflation Reduction Act, che sancisce la riduzione della Co2 e il conseguente ricorso alle energie rinnovabili, assicurando incentivi per l’acquisto di auto elettriche. Trump, al contrario, intende favorire la produzione dei motori endotermici ed è deciso a riallocare i fondi federali ancora non spesi per la conversione green, in modo da favorire progetti infrastrutturali, come la costruzione di strade, porti e dighe. Intende inoltre far ricorso agli ordini esecutivi per porre fine ai progetti per lo sfruttamento offshore dell’energia eolica, favorendo al massimo la produzione di energia nucleare.

Punto tre. Democrazia. Trump non si è impegnato solennemente a riconoscere il risultato elettorale del prossimo novembre 2024, perché, a suo giudizio, dipende tutto da come si svolgeranno le elezioni (frodi). Insiste a considerare come “patrioti” i responsabili dell’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021. Sull’esercizio del diritto di voto, Trump è molto critico sia sul voto elettronico che su quello postale, preferendo un unico “Election day”. In merito, ritiene indispensabile stabilire rigorose procedure per l’identificazione dell’elettore avente diritto. Intende rafforzare i poteri dell’Esecutivo, rimuovendo gli ostacoli frapposti dal Deep State, attraverso il ricorso a uno Spoils system generalizzato. Punta a una maggiore discrezionalità presidenziale sul licenziamento dei pm che non intendono aprire procedimenti su persone sgradite al Governo.

Punto quattro. Economia e Commercio. È chiaro fin d’ora che Trump intende proseguire nella sua politica di taglio delle tasse e di protezionismo nei confronti della Cina, attraverso un significativo rialzo dei dazi doganali. Pur volendo mantenere la protezione sanitaria della Social Security e di Medicare per i cittadini, Trump non ha chiarito come intenda provvedere alla copertura dei costi relativi. Né si è pronunciato sulle eventuali misure di contenimento, in caso di ulteriore crescita dell’inflazione. In merito alla politica fiscale, intende chiedere al Congresso di rendere permanente il taglio delle tasse ai contribuenti, in scadenza nel 2025. Parallelamente, laddove sostenibile, ha in programma di ridurre al 15 per cento la Corporate rate tax, o quantomeno contenerla entro il 20 per cento. Non si è invece pronunciato sulla riduzione/abolizione della corporate minimum tax, distinta dalla precedente, così come istituita quest’ultima dall’Inflation Reduction Act.

Ha intenzione, invece, di eliminare le tasse sulle mance e sui benefici della Social Security ed, eventualmente, ampliare gli sgravi fiscali a sostegno dell’infanzia sulla base del Child tax credit. Sull’interscambio con la Cina, Trump ha ribadito di voler ulteriormente inasprire al 60 per cento la tassazione sull’import di prodotti cinesi, andando oltre la soglia del 100 per cento per le auto “gialle” prodotte in Messico. Quest’ultimo ha tra l’altro tratto beneficio dalle delocalizzazioni dell’industria americana, a seguito dell’accordo del North American Free Trade Agreement che Trump intende rinegoziare. Con ogni probabilità, l’ex presidente vorrà, come ha fatto nella gestione precedente, attenuare le restrizioni previste dalla Volker Rule per quanto riguarda gli investimenti a rischio delle banche Usa.

Punto cinque. Immigrazione. L’impegno di Trump in campagna elettorale è stato chiaro: espellere (deportation), soprattutto verso il Messico, i migranti irregolari, in base a procedure accelerate che escludano ricorsi e contenziosi da parte degli interessati, lasciando che siano polizia locale e Guardia nazionale a limitare gli ingressi illegali. Trump ha intenzione di impiegare anche l’esercito per arginare l’immigrazione illegale, dato che, a suo avviso, i migranti non autorizzati a rimanere in territorio americano sono stranieri (invasori) a tutti gli effetti. Ulteriore misura, in base al suo programma, è di revocare lo Ius soli per chi nasce sul suolo americano da genitori stranieri sprovvisti di documenti di soggiorno. Stesso discorso per i richiedenti asilo, che dovranno sottoporre le loro domande all’interno di campi di accoglienza sistemati in territorio messicano, a ridosso del confine con gli Usa. È sua intenzione, tra l’altro, ripristinare per generici motivi sanitari l’articolo 42 anti-Covid, che impediva l’ingresso negli Usa agli asilanti nel timore di contagio. Se eletto, Trump intende revocare i permessi umanitari e il visto a quegli stranieri che abbiano manifestato atteggiamenti di odio nei confronti dell’America e degli ebrei. Tutti gli altri stranieri in attesa di visto si dovranno sottoporre a un severo screening ideologico, onde evitare il rischio di infiltrazioni da parte di terroristi islamici e di estremisti di ogni risma e colore politico.

Punto sei. Gaza. Trump intende dimostrare di essere il più fedele e affidabile alleato di Israele, anche se ritiene dannosa per l’immagine del Governo Netanyahu la grave situazione umanitaria creata dai bombardamenti su Gaza. Ma, allo stesso tempo, condivide la necessità di andare fino in fondo per eliminare la minaccia esistenziale dei fondamentalisti di Hamas e Hezbollah. Non crede alla soluzione dei due Stati, ritenendola del tutto anacronistica in questo momento storico. Nella sua precedente Amministrazione, Trump non ha assunto iniziative per ostacolare nuovi insediamenti di coloni ebrei in Cisgiordania e, con ogni probabilità, se eletto, continuerà a mantenere in merito un basso profilo.

Punto sette. Ai & Technology. In materia, sebbene il programma di Trump sia avaro di dettagli, nel caso di una sua vittoria è intenzionato a revocare il recente ordine esecutivo di Joe Biden, considerato dai democratici una pietra miliare per la regolazione futura dell’Ai e dei rischi connessi. Certamente il ticket Trump-Vance darà maggiori margini di manovra ai giganti della Silicon Valley, invitandoli a una Self-regulation. Si ritiene, infatti, che l’attenuazione di vincoli sullo sviluppo dell’Ai sia destinato a favorire (in vista della competizione vitale con la Cina) maggiori investimenti nelle startup.

Punto otto. Cina. Qui la posizione del tycoon è chiarissima: intensificare per il futuro la guerra commerciale con Pechino, revocandone lo status di “Nazione più favorita” e vietando ai cittadini cinesi l’acquisto di terreni e impianti industriali in America. Con la sua presidenza, si rafforzerà l’embargo alla Cina della vendita di semiconduttori avanzati. Sulla questione di Taiwan, Trump ha finora evitato di prendere una posizione chiara in senso interventista, in caso di invasione dell’isola da parte della Cina, facendo affidamento alle sue doti di mediatore.

Punto nove. Difesa e Nato. In merito, fin dal momento del suo insediamento nel gennaio 2025, Trump ha ribadito (senza tuttavia fare chiarezza sulle modalità relative) di voler porre termine al conflitto in Ucraina, al fine di reindirizzare le risorse americane finora messe a disposizione di Kiev per la competizione con la Cina. Ritiene inevitabile che, in cambio della pace, l’Ucraina debba cedere parte del suo territorio. In merito alla Nato, conferma la sua politica isolazionista di sempre, riducendo l’impegno Usa all’interno dell’Alleanza, al fine di un rafforzamento dello schieramento americano nell’Indo-Pacifico. Anche se, in proposito, Trump ha denunciato la scarsa affidabilità degli alleati asiatici, che giocano su due tavoli, facendo accordi con la Cina. Se vincerà il 5 novembre, per l’Europa sarà assai più complicato provvedere autonomamente alla propria difesa.


di Maurizio Guaitoli