lunedì 28 ottobre 2024
Le migrazioni incontrollate di massa rappresentano o no una forma di “Guerra ibrida”? Il Governo polacco di Donald Tusk non ha dubbi in merito, e accusa esplicitamente la Russia e il suo alleato bielorusso di voler strumentalmente creare una crisi migratoria ai suoi confini, per minare dall’interno la sicurezza del proprio Paese, alleato di ferro dell’Ucraina. Pertanto, la Polonia ha di recente deciso di adottare una nuova strategia migratoria, sospendendo temporaneamente il diritto d’asilo per coloro che entrano nel suo territorio dalla frontiera bielorussa. Resta, ovviamente, da convincere della fondatezza dell’iniziativa l’Ue ipergarantista, che solo per un puro miracolo ha evitato nelle ultime elezioni parlamentari europee di trovarsi di fronte una maggioranza di ultradestra anti-immigrazione. Oggi, e per la prima volta, un capo di governo “democratico” (gli autocrati di tutto il mondo, infatti, non si sognano nemmeno lontanamente di aprire le proprie frontiere agli asilanti!) trova il coraggio di dire che, in materia di migrazioni, il Sovrano europeo è nudo, dato che “Il diritto all’asilo è utilizzato esattamente contro l’essenza stessa del suo significato”. Statisticamente, infatti, decine di migliaia di migranti irregolari, provenienti dal Medio Oriente e dall’Africa, hanno tentato negli ultimi anni di attraversare i confini tra Bielorussia e Polonia, di cui 26mila nel solo 2024 e ben 2500 nel mese scorso.
E tutto ciò è stato reso possibile grazie a una politica generosa dei visti da parte di Minsk, condizionati all’impegno dei migranti beneficiari di non permanere nel suo territorio, presentando domanda d’asilo esclusivamente nella Ue. Il meccanismo di invasione è molto semplice: le autorità bielorusse, avvalendosi di agenzie turistiche mediorientali, promuovono i viaggi della speranza in Bielorussia, con l’appoggio esplicito dei trafficanti che illudono i migranti sull’ingresso facile nella Ue, e soprattutto in Germania, la meta più ambita, una volta arrivati a Minsk. E anziché adempiere ai loro doveri di sorveglianza, le guardie di frontiera bielorusse aiutano in tutti i modi i gruppi di migranti a passare il confine, profilando così l’ipotesi di una guerra ibrida, la cui arma privilegiata è, per l’appunto, l’immigrazione irregolare di massa. Ovviamente, la Polonia, sentendosi assediata, ha reagito sia con la creazione di barriere e sbarramenti ai suoi confini, per ostacolare in ogni modo il flusso di passaggio degli stranieri, sia con l’individuazione di zone speciali, dando alle autorità locali alla frontiera maggiori poteri per la difesa del territorio dagli ingressi illegali.
Ovviamente, il Commissario europeo per i diritti umani, Michael O’Flaherty, ha immediatamente preso una posizione garantista, avvertendo il Paese membro del divieto di procedere ai respingimenti dei migranti alla frontiera, senza prima un’adeguata istruttoria sul loro status di profughi, dato che in caso contrario gli interessati verrebbero esposti a serie violazioni dei loro diritti, tutelati dalla Convenzione Europea sui Diritti Umani. Da parte sua, Amnesty International ha denunciato i maltrattamenti subiti dai migranti e dalle loro famiglie che li accompagnavano, percossi con manganelli e con il calcio dei fucili dai gendarmi bielorussi, che hanno aizzato contro di loro i cani da guardia. In effetti, la Convenzione di Ginevra sui Rifugiati, datata 1951, è lo strumento in assoluto più abusato dai profughi economici che arrivano a milioni in territorio Ue e Usa, attraverso il traffico di esseri umani per mare, terra e aria. Tutti costoro, preventivamente istruiti dai trafficanti, una volta approdati all’interno dei confini (comuni per l’Europa, e federali per gli Stati Uniti) chiedono di presentare domanda d’asilo, creando un enorme problema sociale ed economico per la gestione burocratica delle loro istanze e per l’accoglienza, soprattutto in Paesi frontalieri come l’Italia e la Grecia, con migliaia di chilometri di coste che sono parte integrante dei confini comuni della Ue.
Sul piano generale, le organizzazioni criminali che sovrintendono al traffico di esseri umani operano all’interno di Stati falliti del Nord-Africa e mediorientali e non si fanno scrupoli di sottoporre a ogni genere di abusi i migranti e le loro famiglie, prima e durante le traversate. Il marketing criminale e il grado di appeal della loro offerta sui social si fonda sulla perfetta conoscenza dei punti deboli della legislazione internazionale, come la Convenzione di Ginevra e, soprattutto, il Diritto del mare. Per azionarli entrambi, i trafficanti sovraffollano di passeggeri paganti barconi fatiscenti, destinati a perdere i motori, o a bloccarsi in acque internazionali per irreparabili avarie, o ad affondare. In tal modo, i migranti, per effetto della situazione di emergenza e del rischio di vita al quale sono esposti, debbono essere trattati come veri e propri naufraghi, che qualunque nave o Paese limitrofo è obbligato a salvare, dopo che i profughi hanno pagato migliaia di euro pro-capite per il relativo, pericoloso passaggio.
La soluzione più ovvia, se davvero non vogliano convertirci in autocrazie fondate sulle pratiche di respingimento e di chiusura sistematica delle frontiere agli stranieri, sta in una sola mossa: azionare collettivamente, da parte delle Nazioni occidentali firmatarie, gli articoli 44 e 45 della Convenzione di Ginevra sui rifugiati, che prevedono, rispettivamente, la denuncia della Convenzione stessa e la richiesta di revisione delle sue norme, ormai del tutto obsolete. Del resto, tutto ciò è inevitabile, considerato che né la Ue né gli Usa potrebbero mai accogliere centinaia di milioni di migranti, disposti a partire a ogni costo, pur di entrare in Occidente. Basta porsi la domanda: se la superficie dell’Europa Occidentale è molto più piccola di quella dell’Africa, come possiamo dare ospitalità e rifugio a un esercito di migranti pari al doppio degli attuali residenti europei? Potremmo, però, pensare utopisticamente a un gigantesco “contromano” delle migrazioni (vedi il film omonimo di Antonio Albanese): noi europei migriamo in massa in Africa e gli africani vengono qui da noi a titolo compensativo. Quanto tempo ci metteremmo a rendere il Continente Nero un paradiso terrestre, viste le nostre conoscenze tecnologiche e green?
di Maurizio Guaitoli